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In Italia Giustizia è (s)fatta

- di: Redazione
 
In Italia Giustizia è (s)fatta
In Italia esiste un problema giustizia e non parliamo di quello che, in queste settimane, sta creando baratri tra maggioranza e opposizione, tra governo e associazioni e sindacati di magistrati.
Un problema serio, quello della annunciata (paventata, minacciata, sollecitata) riforma della Giustizia, che però sembra un confronto tra iniziati, quasi che l'ampiezza e il peso dell'argomento porti ad escludere, dalla sua comprensione, la maggioranza dei cittadini. Che invece si adombrano per poi arrivare ad indignarsi per come lo Stato si rapporta con eventi gravi, perché in materia di amministrazione della Giustizia non ci facciamo mancare nulla. L'elenco è lunghissimo e ci limitiamo a citare i casi più recenti di decisioni dei magistrati (sia come sentenza, sia come motivazioni) che lasciano molto più che semplici perplessità nella gente, Che, oggi, si chiede ad esempio come sia stato possibile che i due fratelli Bianchi, Marco e Gabriele, abbiano ottenuto, in appello, la riduzione della pena dall'originario ergastolo a 24 anni, per l'uccisione a calci e pugni di Willy Monteiro, che ha pagato con la vita il tentativo di difendere un amico da una brutale aggressione.

In Italia Giustizia è (s)fatta

Il perché di questa decisione sta nella concessione delle attenuanti generiche che, equivalenti alle aggravanti, hanno determinato la nuova pena. Che paradossalmente è quasi eguale a quella dei due complici dei fratelli Bianchi, quasi che l'azione materiale dell'omicidio sia stata ritenuta di poco più grave rispetto a quella dei coimputati, che picchiarono, ma non uccisero Willy.
E' giustizia questa?
I genitori di Willy hanno accettato la sentenza, dicendo che il perdono è un'altra cosa.

Che, dire, poi della sentenza che, a conclusione di un rito abbreviato, ha condannato a cinque anni di reclusione Chiara Silvestri, la ventitreenne che, nell'ottobre dello scorso anno, uccise con la sua auto un ragazzo, Francesco Valdiserri, che, a Roma, stava camminando tranquillamente su un marciapiede con un amico, scampato per puro caso alla stessa sorte?
Cinque anni possono sembrare tanti, se non si pensasse che l'investitrice era ubriaca e ''non negativa'' alla cannabis. Un vizio, mettersi alla guida in stato di ebbrezza, che già era costata a Chiara Silvestri la sospensione per due anni della patente. Chi si chiede quanto effettivamente sconterà l'investitrice deve restare nel dubbio perché in Italia le pene sottostanno a tante variabili. Ma già il fatto che il pm aveva chiesto meno della successiva condanna (cioè quattro anni e mezzo) apre a considerazioni diverse. Perché, se è vero che non possono farsi condizionare dall'ondata emotiva di un fatto di cronaca che ha attirato l'attenzione della gente, i magistrati devono pure tenere conto dell'impatto emozionale che le loro decisioni avranno. Pensare che la vita di un ragazzo di diciassette anni, stroncata da una sua quasi coetanea, venga punita con una condanna a cinque anni, sembra uno schiaffo al pensare comune. Ben sapendo che la giovane difficilmente sconterà la condanna in carcere , se non per un periodo poco più che simbolico.

E' giustizia questa?
E, ci chiediamo ancora, è giustizia condannare a 30 anni (contro la richiesta del pm e delle parti civili dell'ergastolo) Davide Fontana, solo per il fatto che, secondo i giudici, era innamorato della ragazza, Carol Maltesi, che uccise a martellate, facendone a pezzi il cadavere (smembrato in 18 pezzi)?
Trent'anni sono quasi una vita, ma fa restare basiti il ragionamento della corte d'assise che in qualche modo trova una giustificazione, a quella che è stata una vera e propria esecuzione, nel fatto che l'assassino si sentiva frustrato dalla decisione della vittima di trasferirsi in un'altra città per stare vicino al figlio, che viveva con il padre. Né, evidentemente, nelle decisioni dei giudici hanno pesato i comportamenti successivi all'assassinio, con l'omicida che sui social si spacciò per mesi per la sua vittima, per celarne la scomparsa.
Se, per i giudici, la spinta emozionale di sentirsi abbandonato giustifica la mancata condanna all'ergastolo c'è da chiedersi quale altro assassinio mai meriti una reclusione con ''fine pena: mai''.
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