Ci sono 1.500 miliardi di scambi commerciali all’anno tra Europa e Stati Uniti sul piatto delle trattative
- di: Cristina Volpe Rinonapoli

Ci sono 1.500 miliardi di scambi commerciali all’anno tra Europa e Stati Uniti sul piatto delle trattative. E per l’Italia, il rischio è di perdere tra i 4 e i 7 miliardi. A Roma, tra i marmi di Palazzo Chigi, il vertice tra Giorgia Meloni, Ursula von der Leyen e il vicepresidente Usa JD Vance ha cercato di evitare lo scenario peggiore: l’entrata in vigore dei dazi del 20% congelati da Donald Trump. La data cerchiata in rosso è l’8 luglio. Mancano meno di 50 giorni.
Italia media tra Ue e Usa nel braccio di ferro sui dazi
Con un interscambio da 92 miliardi di euro e un surplus da 34 miliardi, Roma è tra le capitali più interessate a un accordo commerciale che eviti una guerra a colpi di tariffe. Solo la Germania è più esposta, con 161 miliardi di scambi annui e un impatto stimato sul Pil pari al 2,1% (contro il 2% italiano). Ma a differenza di Berlino, che media dietro le quinte, l’Italia ha scelto una via più visibile: porsi come “ponte” istituzionale tra Bruxelles e Washington. Lo ha detto chiaramente la premier Meloni, lo ha riconosciuto lo stesso Vance. E lo ha ribadito ieri la presidente di Unimpresa Giovanna Ferrara: "È un'opportunità".
Dazi e controdazi: il rischio escalation resta concreto
Il percorso resta accidentato. La tregua imposta da Trump il 9 aprile sui dazi reciproci ha congelato 20 punti percentuali sulle tariffe europee. Ma già venerdì il presidente americano ha annunciato che invierà lettere a 150 Paesi per trasformare i negoziati multilaterali in bilaterali. In parallelo, Bruxelles ha accantonato — ma non cancellato — ritorsioni per 21 miliardi di euro, che potrebbero salire a 95 in caso di rottura. Uno scenario da "somma negativa", ha sintetizzato Von der Leyen, ricordando che il surplus europeo sui beni è sì di 157 miliardi, ma quello americano sui servizi supera i 100.
Lagarde: “Serve una risposta forte se il negoziato fallisce”
Christine Lagarde, presidente della Bce, rompe il tono conciliante. In un’intervista a La Tribune Dimanche, lancia un avvertimento diretto: "L’Europa deve essere pronta a rispondere in modo deciso". E chiede una strategia strutturata: “Individuare settori, importi, percentuali e misure di ritorsione pronte all’uso”. Il tutto, senza nascondere la necessità di emanciparsi da alcune dipendenze — energetiche, militari, finanziarie — coltivate con ingenuità. "È un brusco risveglio", dice, "ma possiamo trasformarlo in forza".
La forza dell’export italiano come scudo e leva negoziale
Intanto, dal lato italiano, il commercio con gli Usa si conferma in crescita: +12% nel solo comparto manifatturiero avanzato (macchinari, elettronica, chimica). E non è solo un dato economico, ma anche politico. L’Italia può difendersi grazie alla bassa elasticità al prezzo di molti dei suoi prodotti, vero argine naturale contro le distorsioni tariffarie. In più, il suo ruolo diplomatico può diventare un asset. Come spiega il Centro studi di Unimpresa, un accordo potrebbe aprire nuove strade su digitalizzazione, green deal e sicurezza energetica.
Il tempo delle cifre, il tempo delle scelte
Restano 40 giorni alla fine della tregua. Il dialogo è aperto, ma il rischio che si trasformi in un duello cresce. Gli interessi divergono, ma l’interdipendenza economica resta il vero vincolo. L’Italia lo sa, e prova a giocare la carta della mediazione: numeri alla mano, è quella che può perdere di più. Ma anche quella che ha più da guadagnare, se l’asse euroamericano ritroverà un equilibrio.