Friedrich Merz è stato eletto cancelliere tedesco al secondo scrutinio. Una figura divisiva, ma capace di coagulare attorno a sé il fronte della destra moderata e una parte consistente dell’elettorato deluso dal centro. La sua elezione arriva in un momento cruciale, non solo per la Germania, ma per l’intera Unione Europea, che da mesi si muove tra dossier incandescenti: guerra in Ucraina, sfida industriale con la Cina, rapporti sempre più tesi con gli Stati Uniti.
Merz vince e avverte: “Sì all’Europa, no agli Usa nella nostra politica interna”
Nel suo primo discorso da cancelliere, Merz ha scelto parole nette: “Sarò un cancelliere europeista”, ha detto. Ma subito dopo ha aggiunto il contrappeso: “Gli Stati Uniti devono restare fuori dalla nostra politica interna”. È una linea chiara, che cerca di ridisegnare i rapporti transatlantici su un piano meno subalterno, in sintonia con quel malessere che si respira da tempo a Berlino e Bruxelles, dove cresce la convinzione che Washington detti troppo spesso l’agenda economica e militare del continente.
La sfida dell’estrema destra
Non è un caso che Merz abbia dedicato una parte del suo intervento alla questione AfD, il partito dell’estrema destra in crescita costante nei sondaggi. “Mettere al bando AfD non risolverebbe il problema – ha detto – dobbiamo lavorare per conquistare i loro elettori, capire le paure e rispondere con la forza della democrazia”. Un messaggio a doppio taglio, che rassicura l’establishment ma apre anche a una linea più realista e meno moralista nei confronti della deriva populista. La strategia è chiara: sottrarre terreno all’estrema destra senza alimentarne la retorica vittimista.
Le reazioni europee e l’asse con l’Italia
Le prime telefonate di congratulazioni sono arrivate da Roma e Bruxelles. Giorgia Meloni ha parlato di “collaborazione fondamentale”, un segnale che il filo diretto tra Berlino e Palazzo Chigi potrebbe rafforzarsi sotto la nuova guida tedesca. Da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, parole ancora più esplicite: “Lavoreremo insieme per costruire un’Europa più forte”. Un endorsement che pesa, non solo per i contenuti, ma per la posta in gioco: la riforma del Patto di stabilità, i fondi della transizione verde, la difesa comune.
Un governo che parte in salita
Nonostante la vittoria, il cammino di Merz sarà tutt’altro che semplice. La coalizione che lo sostiene è fragile, il Bundestag è spaccato e le piazze tedesche continuano a manifestare per il carovita, il clima e le diseguaglianze sociali. In più, c’è l’incognita esterna: i venti di guerra ai confini orientali dell’Europa e la competizione tra grandi potenze rischiano di mettere sotto pressione ogni passo del nuovo esecutivo.
Una Germania che cambia pelle
Con Merz, la Germania volta pagina. Si allontana dal modello merkeliano, fatto di prudenza e compromesso, e sceglie un profilo più netto, identitario, quasi antagonista rispetto ai poli internazionali. È il segnale di una trasformazione in atto, in cui il paese più potente d’Europa vuole smettere di subire le crisi e iniziare a guidarle. Se ci riuscirà, dipenderà anche da quanto saprà tenere insieme rigore e solidarietà, visione e realtà. Per ora, ha acceso il motore. La strada è tutta in salita.