Inflazione domata e deficit azzerato, ma la “motosierra” accende le piazze.
A due anni dall’arrivo di Javier Milei (foto) alla Casa Rosada (10 dicembre 2023), l’Argentina non è più il Paese sull’orlo del collasso permanente. I numeri macroeconomici raccontano una stabilizzazione che fino a poco tempo fa sembrava impossibile. Ma il prezzo pagato sul piano sociale resta altissimo, e ora presenta il conto.
Fin dall’insediamento, Milei aveva scelto la franchezza brutale come cifra politica. “Non c’è alternativa a un aggiustamento doloroso”, ripeté più volte nei primi giorni di governo. Non uno slogan, ma una dichiarazione di metodo: prima la credibilità dei conti, poi — eventualmente — il resto.
La terapia d’urto: stabilizzare subito, spiegare dopo
La “motosierra”, da simbolo elettorale, si è trasformata in una strategia di governo fatta di tagli trasversali, deregolazione e ridimensionamento radicale del ruolo dello Stato. Analisi della stampa economica internazionale (2024–2025) descrivono una linea più vicina all’ortodossia macroeconomica che al libertarismo radicale promesso in campagna elettorale.
Obiettivo dichiarato: spezzare il circolo vizioso deficit–emissione–inflazione. Il governo ha azzerato il finanziamento monetario, ridotto i sussidi e compresso la spesa pubblica.
Inflazione in caduta, avanzo fiscale storico
I risultati, almeno sul piano contabile, sono arrivati. Dopo aver superato il 280% annuo nel 2024, l’inflazione è scesa progressivamente nel corso del 2025. A fine anno si aggira intorno al 30%: ancora elevata, ma un punto di svolta dopo anni di instabilità estrema.
Buenos Aires ha inoltre registrato un avanzo fiscale per la prima volta in oltre dieci anni, secondo ricostruzioni basate su dati ufficiali e rilanci di agenzie internazionali (2025). Un risultato ottenuto però attraverso una riduzione drastica della spesa, non grazie a una crescita robusta.
Prima il crollo, poi il rimbalzo
Il 2024 è stato l’anno più duro: recessione profonda, consumi in caduta, investimenti congelati. Solo nel 2025 sono emersi segnali di ripresa. Le previsioni disponibili indicano una crescita sostenuta, ma in gran parte legata a un recupero tecnico dopo una contrazione violenta.
Per molti argentini, la crescita resta una nozione astratta: i benefici della stabilizzazione non si traducono ancora in un miglioramento tangibile della vita quotidiana, soprattutto fuori dai settori più protetti.
Povertà: un argentino su tre resta indietro
Secondo i dati ufficiali dell’istituto statistico nazionale, la povertà aveva superato il 50% nella prima metà del 2024. Nel 2025 è scesa al 31,6%, livello indicato come il più basso dal 2018.
Un miglioramento importante, ma considerato fragile: la disinflazione ha fermato l’emorragia, senza però ricostruire completamente il potere d’acquisto perso, soprattutto tra lavoratori informali e pensionati.
La vita quotidiana dopo i tagli
Nei quartieri popolari e nella classe media urbana, l’effetto della “motosierra” è palpabile: bollette più care, trasporti in aumento e servizi pubblici ridimensionati. Anche con l’inflazione in calo, il costo della vita resta percepito come più alto e più incerto.
Riforma del lavoro e ritorno della piazza
La tensione sociale è esplosa apertamente nell’autunno 2025, con la presentazione della riforma del lavoro. Il disegno di legge — che interviene su contratti, tutele e sul diritto di sciopero — ha trasformato la stabilizzazione tecnica in uno scontro politico.
Scioperi generali, manifestazioni di massa e Buenos Aires paralizzata per giorni. Le principali confederazioni sindacali hanno guidato la protesta, saldando rivendicazioni contrattuali e malessere sociale. “Con i prezzi sotto controllo, ora il problema è chi paga l’aggiustamento”, è stato il messaggio ricorrente nelle piazze tra fine novembre e inizio dicembre 2025.
Privatizzazioni e identità in discussione
In parallelo, il governo ha accelerato sulle privatizzazioni, includendo asset simbolici dello Stato e aziende legate alla storia del peronismo. Scelte che possono rafforzare la fiducia dei mercati, ma che approfondiscono la frattura politica e culturale nel Paese.
Il vero banco di prova del secondo biennio
Gli ultimi mesi segnano l’ingresso di Milei in una fase più rischiosa. La stabilizzazione d’emergenza ha funzionato, ma ora mostra un limite politico evidente: senza un miglioramento visibile delle condizioni di vita, il consenso si erode e il conflitto si radicalizza.
Il secondo biennio non si giocherà sui decimali dell’inflazione, ma sulla capacità di trasformare la disciplina macroeconomica in un progetto socialmente sostenibile. In caso contrario, il rischio non è il ritorno immediato del caos, ma una normalità fragile: conti in ordine, società divisa, tensione permanente.