Sfida dei dazi, la Svizzera ribalta il tavolo e batte i rivali.
(Foto: A destra Guy Parmelin, dal prossimo 1 gennaio presidente della Confederazione elvetica).
Da Paese penalizzato a migliore della classe: secondo HSBC, Berna oggi assomiglia a un vero paradiso doganale nei rapporti con Washington.
Quella che sembrava una lunga e faticosa battaglia difensiva sui dazi statunitensi rischia di trasformarsi in un successo strategico.
La Svizzera, spesso indicata come uno degli Stati più esposti alle misure protezionistiche americane, emerge ora come la più avvantaggiata tra le economie avanzate.
A indicarlo è un’analisi della banca britannica HSBC, ripresa dalla SonntagsBlick, che ha misurato i dazi effettivi medi pagati sulle importazioni negli Stati Uniti.
Il verdetto è chiaro: Berna guida la classifica.
Il dato chiave: solo il 4% di dazi reali
Secondo le stime, basate sulle statistiche dell’U.S. Census Bureau, la Svizzera avrebbe pagato nel 2024 un dazio medio effettivo pari a circa il 4% sulle merci importate dagli Stati Uniti.
È un indicatore molto più concreto del dazio nominale annunciato in sede politica, perché incorpora
esenzioni, riduzioni, accordi e trattamenti preferenziali.
Ed è proprio qui che la Svizzera avrebbe costruito il suo vantaggio.
Nel confronto con i concorrenti, il distacco è evidente:
Australia, Hong Kong e Singapore si muoverebbero tra il 5% e il 7%, mentre i grandi rivali geopolitici pagherebbero molto di più:
India intorno al 30%, Brasile al 36% e Cina al 39%.
La svolta politica e il ruolo del “Team Switzerland”
Il risultato rafforza la linea del cosiddetto Team Switzerland, la cabina di regia che unisce rappresentanti del mondo economico e delle istituzioni federali.
In autunno, il gruppo era riuscito a ottenere una riduzione significativa dei dazi: dal 39% al 15%.
Il passaggio decisivo era arrivato dopo interlocuzioni con Washington, che aveva formalizzato nuove tariffe il 1° agosto.
In seguito, gli Stati Uniti hanno deciso di applicare retroattivamente l’aliquota del 15% a partire dal 14 novembre.
Accordo ancora incompleto, ma la pressione sale
Al momento, l’intesa resta una dichiarazione di intenti.
Il Parlamento discute il mandato negoziale del Consiglio federale e le eventuali concessioni necessarie per trasformare l’impianto politico in un accordo operativo.
Intanto da Washington arriva un segnale di accelerazione: fine marzo viene indicata come data-chiave per Berna.
In ambienti diplomatici, la comunicazione viene letta come un ultimatum “morbido”: entro quella scadenza occorrerà stringere sui termini o prepararsi a nuove frizioni commerciali.
Il banco di prova politico per Parmelin
La partita sui dazi diventa così uno dei primi grandi test per il futuro presidente della Confederazione, Guy Parmelin.
In gioco non c’è solo l’aliquota, ma la capacità della Svizzera di proteggere un modello di economia aperta e orientata all’export in un mondo sempre più frammentato.
Per ora, i numeri raccontano una trasformazione: da Stato penalizzato, Berna si è ritagliata l’etichetta di migliore della classe.
Resta da capire se questo vantaggio reggerà anche alla prossima prova negoziale con gli Stati Uniti.