La produzione intensiva di abiti a basso costo, promossa dai colossi del fast fashion, ha generato negli ultimi anni una crescita esponenziale dei rifiuti tessili e una pressione insostenibile sulle risorse naturali. Il recente report di Mani Tese ha riportato l’attenzione sul lato oscuro di questa industria, rivelando come il modello economico del “usa e getta” nel settore dell’abbigliamento si stia traducendo in una catastrofe ambientale e sociale.
Moda usa e getta: il prezzo nascosto del fast fashion
La logica del rinnovo continuo delle collezioni, a prezzi stracciati, alimenta consumi compulsivi e un tasso di smaltimento mai registrato prima. I capi vengono indossati in media sette volte prima di essere scartati, finendo spesso in discarica o esportati nei Paesi in via di sviluppo, dove si trasformano in rifiuti ingestibili.
I danni ambientali si vedono dallo spazio
Uno degli aspetti più drammatici riguarda l’impatto ambientale globale del fast fashion. Il report sottolinea come ogni settimana il porto di Accra, in Ghana, riceva 15 milioni di capi usati provenienti dall’Europa e dal Nord del mondo. Una quantità abnorme, che supera la capacità di assorbimento del mercato locale. Gran parte di questi indumenti viene abbandonata nelle discariche, bruciata o finisce nelle reti fognarie, contribuendo all’inquinamento urbano e alla diffusione di microplastiche. In Cile, nel deserto di Atacama, è sorta la più grande discarica tessile del pianeta, visibile persino dallo spazio: un simbolo tangibile dell’eccesso di produzione e della mancanza di politiche di gestione del rifiuto. Gli effetti sono devastanti anche in termini di consumo d’acqua e di emissioni climalteranti, con l’industria della moda tra le più inquinanti al mondo.
L’unica soluzione: responsabilità estesa del produttore
Per affrontare l’emergenza, la proposta più concreta arriva dalla normativa sulla Responsabilità Estesa del Produttore (EPR), che prevede che chi immette un prodotto sul mercato sia responsabile anche del suo fine vita. In Italia, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha avviato un percorso normativo per introdurre questa misura anche nel settore tessile. Lo schema di decreto è stato messo in consultazione pubblica fino al 5 maggio, raccogliendo osservazioni da enti, imprese e cittadini. L’obiettivo è costruire un sistema in cui i produttori finanzino e gestiscano il recupero, il riciclo e lo smaltimento dei capi dismessi, in una logica di economia circolare che premi la sostenibilità. È un cambio di paradigma radicale, che punta a ridurre gli sprechi e responsabilizzare chi oggi, di fatto, è del tutto scollegato dalle conseguenze ambientali della propria produzione.
Tecnologie e design per la moda sostenibile
L’introduzione dell’EPR apre anche a un dibattito sulle difficoltà tecniche e sulle opportunità di trasformazione del settore. Uno degli ostacoli principali riguarda la composizione dei capi: spesso i materiali sono misti, unendo fibre naturali e sintetiche, con cuciture, cerniere e bottoni che rendono difficile il riciclo. Serviranno investimenti in nuove tecnologie, ma anche un ripensamento delle logiche progettuali, incentivando la produzione di indumenti più facili da separare e recuperare. La responsabilità estesa potrebbe diventare uno stimolo alla ricerca e allo sviluppo, favorendo un ritorno alla qualità, alla durabilità e alla riparabilità dei prodotti, valori ormai smarriti nella rincorsa al prezzo più basso.
Ripensare l’intero modello di consumo
Il fast fashion ha modificato non solo l’industria della moda, ma anche il nostro immaginario collettivo. L’abito è diventato un bene effimero, un oggetto di consumo immediato più che un prodotto da valorizzare nel tempo. Ma i costi reali di questa trasformazione stanno emergendo con chiarezza: territori invasi dai rifiuti, economie locali schiacciate, risorse esaurite. La responsabilità estesa del produttore rappresenta un primo passo per riportare equilibrio tra produzione e consumo, ma sarà necessario anche un cambiamento culturale profondo. Solo educando al valore dei beni, promuovendo la riparazione e il riuso, e restituendo dignità alla filiera produttiva sarà possibile invertire la rotta. La moda può continuare a innovare, ma non a ogni costo.