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Mostre d'autunno: cinque appuntamenti con la bellezza

- di: Samantha De Martin
 
Mostre d'autunno: cinque appuntamenti con la bellezza

FOTO: GIUSEPPE DE NITTIS - NEI CAMPI INTORNO A LONDRA - COLLEZIONE PRIVATA, COURTESY FONDAZIONE ENRICO PICENI, MILANO

Beato Angelico torna a Firenze dopo 70 anni

Il principe dell’autunno sarà lui, Fra’ Giovanni da Fiesole, passato alla storia dell’arte come Beato Angelico.

Nonostante sia stato papa Giovanni Paolo II a proclamarlo beato il 3 ottobre 1982, il maestro del Rinascimento fiorentino già dopo la sua morte veniva chiamato “Beato” dai contemporanei, oltre che per l’emozionante religiosità che pervade tutte le sue opere, anche per le personali doti di umanità e umiltà che lo contraddistinguevano.

L’aggettivo “Angelico” spetta invece a Giorgio Vasari.

A Firenze, tra Palazzo Strozzi e il Museo di San Marco, fino al 25 gennaio si potrà visitare

l’irripetibile mostra dedicata all’artista simbolo dell’arte del Quattrocento e uno dei principali maestri dell’arte italiana di tutti i tempi.

Realizzata in collaborazione tra Fondazione Palazzo Strozzi, Ministero della Cultura -Direzione regionale Musei nazionali Toscana e Museo di San Marco, l’esposizione affronta la produzione, lo sviluppo e l’influenza dell’arte di Beato Angelico e i suoi rapporti con pittori come Lorenzo Monaco, Masaccio, Filippo Lippi, oltre che con la scultura di Lorenzo Ghiberti, Luca della Robbia. Carl Brandon Strehlke, Stefano Casciu e Angelo Tartuferi curano la prima grande mostra a Firenze dedicata all’artista esattamente dopo settant’anni dalla monografica del 1955.

Visitando le due sedi espositive è possibile vedere sfilare oltre 140 opere, tra dipinti, disegni, miniature e sculture arrivati a Firenze da prestigiose istituzioni, dal Louvre di Parigi alla Gemäldegalerie di Berlino, dal Metropolitan Museum of Art di New York alla National Gallery di Washington, e ancora dai Musei Vaticani, dalla Alte Pinakothek di Monaco, dal Rijksmuseum di Amsterdam.

La mostra non trascura le grandi committenze, e poi il soggiorno romano e quello fiorentino, tra i più fruttuosi per il maestro, oltre a soffermarsi sul legame con i Medici.

Roma accoglie i tesori dei faraoni

Il fil rouge tra gli eventi di punta dell’agenda dell’arte autunnale corre verso Roma. Dal 24 ottobre al 3 maggio la capitale ospita la mostra Tesori dei Faraoni, un viaggio nel cuore dell’antica civiltà egizia. Per il pubblico sarà l’occasione giusta per vedere sfilare 130 capolavori provenienti dai più importanti musei dell’Egitto, oltre che per scoprire una storia intrigante, dalle origini della civiltà faraonica allo splendore dei grandi sovrani del Nuovo Regno e del Terzo Periodo Intermedio, fino alle scoperte archeologiche più significative degli ultimi anni.

Spetta a sei sezioni tematiche esplorare la complessità della società egizia, presentare al pubblico l’autorità divina dei faraoni, entrare nella vita quotidiana, tra le credenze religiose, le pratiche funerarie e le più recenti scoperte archeologiche relative a questo affascinante popolo.

Le spettacolari statue di Sennefer, Ramses VI e Thutmose III sorvegliano sui raffinati gioielli reali, sugli oggetti di uso quotidiano finemente lavorati e sui sarcofagi decorati con simboli sacri, testimonianze dell’eccezionale sofisticazione artistica e della spiritualità profonda che hanno reso l’antico Egitto una delle civiltà più affascinanti della storia.

La mostra è il frutto di un’iniziativa di diplomazia culturale tra Italia ed Egitto, una collaborazione che ha reso possibile il prestito di capolavori provenienti dal Museo Egizio del Cairo e da quello di Luxor.

La novità è che molte di queste opere sono esposte in Italia per la prima volta. La prestigiosa collaborazione del Museo Egizio di Torino firma invece importanti contributi e un prestito eccezionale.

A Milano lo sguardo sognante di Leonora Carrington

Creature fantastiche, figure mitologiche, simboli alchemici, strumenti per indagare la condizione umana, aprendo nuove possibilità di lettura del presente, percorrono le sale di Palazzo Reale a Milano, sede fino all’11 gennaio della mostra Leonora Carrington, a cura di Tere Arcq e Carlos Martín.

Oltre 60 opere di questa grande artista che, partendo dalla natia Lancashire, con le sue radici celtiche, visse a Firenze, Parigi, nel sud della Francia, in Spagna e a New York, infine in Messico, dove si stabilì definitivamente, testimoniano la sua straordinaria vita professionale, riunendo in un’unica sede prestiti dal Dallas Museum of Art e dall’Art Institute of Chicago, dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma e dalla Peggy Guggenheim Collection di Venezia, solo per citare alcuni prestatori.

André Breton, poeta e teorico del Surrealismo, aveva descritto Leonora Carrington come “un’incantatrice dallo sguardo limpido e beffardo”, proprio in riferimento alla sua fascinazione per l’occulto, la magia, i tarocchi, l’alchimia, riscoperte dai surrealisti come fonti di conoscenza alternativa e trasformativa.

Tematiche di forte attualità come l’ecologia, il femminismo, i miti dimenticati trascinano il visitatore nelle tante vite dell’artista, a partire dalla serie Sisters of the Moon (1932-1933), realizzata tra i 15 e i 16 anni.

La fotografia di Jeff Wall in mostra a Torino

Dalla tela allo scatto. Ci spostiamo a Torino dove, fino al 1° febbraio, le Gallerie d’Italia Intesa Sanpaolo svelano una grande mostra dedicata a Jeff Wall, dalla fine degli anni Settanta fino ai quadri più recenti.

Il fotografo canadese, tra i più significativi e influenti del momento, che da oltre 40 anni si muove tra la staged photography e l’osservazione documentaria, realizzando immagini che esplorano ogni aspetto della società contemporanea, è al centro del percorso Jeff Wall. Photographs, a cura di David Campany.

La mostra è un itinerario visivo tra i lavori più importanti dell’artista, dalla fine degli anni Settanta fino a quelle più recenti, raccontandone la realizzazione a più livelli.

Nell’impegno del fotografo di Vancouver si legge la passione per un’arte della vita quotidiana, tra questioni sociali e politiche, ma si esplorano anche tematiche legate alla natura, alla guerra, al genere, alla razza e alla classe. A conquistare i visitatori sono i suoi quadri enigmatici, esattamente come le questioni che li ispirano. All’interno della sua arte si apprezza il lavoro di molti grandi fotografi e pittori, ma anche l’influsso della letteratura e del cinema, in particolare dal neorealismo italiano con il suo alternarsi di vita mondana e dramma.

Pisa riscopre la Belle Époque

Dal 15 ottobre al 7 aprile Palazzo Blu di Pisa presenta “Belle Époque. Pittori italiani a Parigi nell’età dell’Impressionismo”, un viaggio tra i capolavori di Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis e Federico Zandomeneghi, protagonisti assoluti della scena parigina a cavallo tra Otto e Novecento.

Promossa dalla Fondazione Palazzo Blu, organizzata da MondoMostre, con il contributo di Fondazione Pisa, e curata da Francesca Dini, tra i più autorevoli studiosi ed esperti del secondo Ottocento italiano, la mostra presenta un centinaio di opere provenienti da musei internazionali e italiani, tra i quali il Musée d’Orsay, il Louvre, il Philadelphia Museum of Art, il Meadows Museum of Art di Dallas, il Museo Giovanni Boldini di Ferrara, e da collezioni private francesi e italiane.

Il percorso mette in luce, valorizzandolo, il contributo degli artisti italiani attivi a Parigi negli anni della Belle Époque, raccontando una Ville Lumière crocevia d’Europa e il percorso cosmopolita degli artisti italiani che a Parigi scelsero di vivere e lavorare. Tra il 1867 e il 1874, attratti dal dinamismo culturale e dalle opportunità offerte da una metropoli in pieno fermento, sospesa tra la fine del Secondo Impero e l’alba della Terza Repubblica, Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis e Federico Zandomeneghi raggiunsero la capitale francese dove trovarono un terreno fertile per sviluppare la propria ricerca pittorica dialogando con maestri come Degas, Manet, Renoir.

Il percorso si articola in nove sezioni tematiche che restituiscono l’atmosfera di un periodo denso di contraddizioni, tra progresso tecnico e disuguaglianze sociali, tra euforia borghese e ferite storiche irrisolte.

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