L’eleganza della voce, la forza del suono: l’Arena Santa Giuliana incanta con due leggende. Hancock fa volare Perugia e ricorda Shorter. Reeves commuove con Metheny.
Un doppio concerto che è già storia
Spettacolo da incorniciare quello vissuto all’Arena Santa Giuliana di Perugia, dove Umbria Jazz 2025 ha messo in scena due notti memorabili, culminate con le performance di Dianne Reeves e Herbie Hancock, autentiche icone della scena musicale mondiale. In un festival che non smette di sorprendere, la qualità è salita vertiginosamente, offrendo al pubblico un’esperienza estetica e musicale di rara profondità.
Reeves ha aperto la serata con la grazia di chi non ha bisogno di stupire per dominare il palco: voce limpida, misurata, intensa. Con lei il jazz diventa narrazione intima, respiro comune. Ha presentato alcuni brani tratti dal suo ultimo lavoro Everything Must Change, dove si conferma maestra di eleganza interpretativa. Tra i momenti più toccanti, una versione cesellata di Minuano di Pat Metheny: un’esecuzione misurata, controllata, quasi sospesa, che ha ammutolito le 3.500 persone in arena.
Il concerto è stato il secondo appuntamento serale all’Arena del festival, dopo l’ottima affluenza di sabato, quando sul palco erano saliti Stefano Bollani e, a seguire, i giovani Patagarri. Ma con Hancock si è toccata un’altra dimensione.
Hancock, icona del tempo e maestro del presente
Alle 22:30 in punto, il momento più atteso. Herbie Hancock, 84 anni e l’energia di un debuttante, è salito sul palco accolto da un’ovazione. Ma prima ancora di toccare il suo amato sintetizzatore, ha parlato al pubblico: con un tono caloroso e ironico, ha ricordato i suoi legami con Perugia, “una città che mi ha sempre fatto sentire a casa”, e ha scherzato sul trionfo di Jannik Sinner a Wimbledon, “Anche la musica, come il tennis, è tutta questione di ritmo e intuizione”.
Il suo 2025 non è stato un anno qualsiasi: lo scorso maggio, il pianista ha ricevuto il Polar Music Prize, uno dei più prestigiosi riconoscimenti musicali al mondo, assegnato a Stoccolma dal re di Svezia. Hancock parla con dolcezza della musica come “pratica collettiva, linguaggio d’amore e strumento per superare le barriere”.
E sul palco di Umbria Jazz questa idea prende corpo: con una band di giovanissimi musicisti, “potrebbero essere miei nipoti” ha scherzato, il maestro ha costruito un viaggio tra passato e futuro. C’è stato spazio per classici come Actual Proof, per improvvisazioni dense, ma anche per momenti di profondo raccoglimento. Come l’omaggio senza parole – solo suoni – a Wayne Shorter, “una presenza che porto nel cuore ogni volta che suono”.
Non solo maestri: sabato la lezione di Bollani e il talento dei Patagarri
La sera precedente, sabato 13 luglio, aveva già scaldato l’atmosfera. Stefano Bollani, con la sua superband formata da Jeff Ballard (batteria), Larry Grenadier (contrabbasso), Vincent Peirani (fisarmonica) e Mauro Refosco (percussioni), ha dato vita a un progetto senza precedenti. Un incontro musicale concepito per Umbria Jazz, con brani inediti dedicati a ogni componente della formazione, “Umbria Jeff” ha strappato più di un sorriso al pubblico.
Nel finale, il medley ha acceso l’arena: canzoni italiane, francesi, brasiliane e americane riunite in un unico flusso sonoro, “per tenere insieme il gruppo”, ha detto Bollani. Un modo brillante per mostrare che la musica è, prima di tutto, connessione emotiva.
A seguire, i Patagarri, giovani e sorprendenti, hanno trasformato l’atmosfera: emozionati all’inizio, ma già a metà set padroni della scena. Una band da tenere d’occhio, capace di far ballare tutta l’arena con un sound travolgente che mescola jazz, funk e elettronica.
L’arena, cuore pulsante del festival
La Santa Giuliana si conferma ancora una volta il centro vitale di Umbria Jazz. Malgrado l’umidità estiva, l’arena è apparsa gremita e partecipe. Il pubblico, variegato per età e provenienza, si è lasciato trasportare dal flusso musicale con rispetto e attenzione: un ascolto attivo che è parte essenziale dell’esperienza festivaliera.
Umbria Jazz – giunto al suo terzo giorno, ma con ancora una settimana di eventi in programma – continua a offrire un equilibrio perfetto tra memoria e innovazione, tra artisti affermati e nuove proposte, tra grandi nomi e giovani promesse.
Oltre il concerto: cultura, città, identità
Quello che accade sul palco è solo una parte dello spettacolo. Intorno al festival, Perugia si trasforma: le piazze vibrano di jam session improvvisate, le vie del centro diventano gallerie sonore, e nei bar si discute di armonie, groove e assoli con la naturalezza di chi parla di calcio o politica.
La presenza di artisti come Hancock e Reeves non è solo un fatto musicale, ma culturale. Entrambi “portano una visione del jazz che include, abbraccia e ispira, facendo da ponte tra generazioni, tradizioni e stili”.
Un festival che non smette di crescere
Con oltre 2.600 presenze sabato e quasi 3.500 domenica, il bilancio parziale di Umbria Jazz 2025 è già positivo. Ma più dei numeri, colpisce l’energia che attraversa il festival: ogni concerto, ogni incontro, ogni applauso sembra costruire una comunità temporanea e appassionata, capace di rinnovarsi ogni anno.
La lezione è chiara: la musica dal vivo resta un’esperienza insostituibile. E a Perugia, come in poche altre città al mondo, questa verità si rinnova ogni sera.