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Il Natale del Papa: dignità, pace e libertà contro il dominio

- di: Bruno Legni
 
Il Natale del Papa: dignità, pace e libertà contro il dominio
Il Natale del Papa: dignità, pace e libertà contro il dominio
Da San Pietro un messaggio che rovescia la logica del potere.

Un Natale che non consola soltanto, ma scuote. Dalla Basilica di San Pietro, nella notte più simbolica dell’anno, il Papa ha pronunciato un’omelia intensa e radicale, capace di intrecciare spiritualità, attualità e responsabilità storica. Al centro, una contrapposizione netta: da una parte l’uomo che vuole dominare, dall’altra un Dio che sceglie di farsi piccolo per liberare.

Celebrando la messa della Notte di Natale, il Pontefice ha richiamato con forza il senso profondo dell’Incarnazione: mentre sistemi economici e sociali deformati riducono le persone a strumenti o merci, Dio percorre la strada opposta, assumendo la nostra fragilità per restituire dignità infinita a ogni essere umano.

La sapienza del Natale contro violenza e sopraffazione

Nel silenzio carico di attesa della basilica vaticana, il Papa ha invitato ad “ammirare la sapienza del Natale”. Non una favola rassicurante, ma una scelta dirompente: Dio risponde alla violenza non con la forza, ma con una vita donata. Il Bambino di Betlemme diventa così il segno di una novità che attraversa la storia e ne cambia la direzione.

Il riferimento è esplicito alle dinamiche del nostro tempo. Guerre, sopraffazioni, diseguaglianze economiche e sociali trovano nel Natale non una fuga, ma una provocazione: la vera potenza è quella che libera, non quella che schiaccia.

Non temere la notte: il Natale accende la speranza

Un altro passaggio chiave dell’omelia riguarda il tema della notte. Il Papa ha ricordato che il Natale è festa della speranza, capace di illuminare anche i momenti più bui della storia personale e collettiva. Il Bambino Gesù, ha spiegato, accende una luce che rende ciascuno messaggero di pace.

“Senza temere la notte” è l’invito rivolto ai fedeli: un’espressione che richiama le paure contemporanee, dall’instabilità globale alle inquietudini individuali. La prospettiva, però, non è ingenua: la speranza cristiana non nega il buio, ma lo attraversa, orientandosi verso “l’alba di un giorno nuovo”.

I pastori, il cielo stellato e la pace disarmata

Rievocando la scena evangelica di Betlemme, il Pontefice ha posto l’accento sui pastori, testimoni di una rivelazione che nasce ai margini. Dal cielo, sopra la stalla, non scendono eserciti armati, ma una moltitudine che canta la gloria di Dio.

È una pace disarmata e disarmante, ha sottolineato, che nasce dal cuore di Cristo e tiene insieme cielo e terra, Creatore e creature. Un’immagine potente, che contrasta con l’ossessione contemporanea per la sicurezza armata e la logica dei blocchi contrapposti.

Dal Giubileo alla missione: un Natale che chiede impegno

Nel suo intervento, il Papa ha anche richiamato le parole pronunciate un anno fa all’apertura dell’Anno Santo, quando il Natale era stato indicato come sorgente di speranza per chi l’aveva perduta. Ora che il Giubileo si avvicina alla conclusione, il messaggio si fa ancora più concreto.

Gratitudine e missione: sono queste le due coordinate indicate. Gratitudine per un dono che non nasce dal merito, missione per testimoniarlo nel mondo. Non un sentimento privato, ma una responsabilità pubblica, che interpella credenti e istituzioni.

Un messaggio che parla al mondo di oggi

L’omelia natalizia del Papa si inserisce in un contesto globale segnato da conflitti aperti, crisi economiche e crescenti diseguaglianze. Il richiamo a un’economia che non trasformi l’uomo in merce dialoga apertamente con i grandi temi del dibattito internazionale, dalla giustizia sociale ai diritti fondamentali.

Fonti vaticane e agenzie internazionali hanno riportato il discorso il 24 dicembre 2025, sottolineando la continuità con il magistero sociale della Chiesa e, al tempo stesso, l’urgenza di una conversione concreta degli stili di vita e delle scelte politiche.

Il Natale, nelle parole del Papa, non è una parentesi emotiva. È una lente attraverso cui leggere il presente e un criterio per costruire il futuro. Senza dominio, senza paura, con la forza mite della speranza. 

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