Andrea Orcel, amministratore delegato di Unicredit, ha lanciato un messaggio diretto e inequivocabile al governo italiano durante la Goldman Sachs European Financial Conference 2025 a Berlino. Al centro del suo intervento, le incertezze che ancora circondano il meccanismo del golden power applicato all’operazione che vede Unicredit interessata a un’offerta pubblica di scambio su Banco Bpm.
Orcel avverte il governo sul golden power: “Senza chiarezza ci tiriamo indietro”
“Se non ci sarà chiarezza, ci tireremo indietro,” ha dichiarato Orcel, mettendo in evidenza come l’attuale quadro normativo e politico rappresenti un ostacolo alla piena esecuzione del piano industriale della banca. La questione riguarda le prerogative dello Stato nell’autorizzare o limitare acquisizioni e partecipazioni considerate strategiche per l’interesse nazionale, in particolare nel settore bancario, sempre più al centro di movimenti di concentrazione e consolidamento.
Le ambizioni di crescita e il caso Commerzbank
Parallelamente, Orcel ha confermato l’intenzione di Unicredit di salire fino al 30% del capitale della tedesca Commerzbank entro la fine di giugno, una mossa destinata a rafforzare ulteriormente la presenza del gruppo italiano nel sistema bancario europeo. Il via libera delle autorità tedesche, che appare ormai vicino, segnerebbe un passaggio rilevante nella strategia continentale di Unicredit, orientata a costruire un’alleanza tra le principali realtà bancarie del blocco. Il messaggio, però, è chiaro: senza garanzie da parte del governo italiano sul rispetto delle regole e sulla trasparenza dell’iter autorizzativo, ogni operazione sul mercato interno sarà considerata a rischio. Il nodo del golden power, strumento introdotto per proteggere gli asset nazionali da interferenze esterne, si trasforma così in un terreno di scontro tra poteri economici e istituzionali.
L’equilibrio difficile tra controllo statale e iniziativa privata
Il confronto tra Unicredit e Palazzo Chigi non è nuovo, ma assume oggi una rilevanza inedita alla luce del contesto internazionale. In un’Europa che spinge verso la creazione di “campioni continentali” per affrontare la concorrenza globale, le banche italiane cercano di acquisire massa critica e alleanze strategiche. Tuttavia, il golden power rischia di frenare questo processo se non viene esercitato con criteri certi e trasparenti. Orcel non mette in discussione la legittimità dell’intervento pubblico, ma chiede regole del gioco chiare: “Mi devono spiegare esattamente cosa vogliono sulla Russia,” ha detto, riferendosi anche alla questione delle operazioni in corso nel paese sotto sanzioni. Sebbene Unicredit abbia già interrotto la concessione di nuovi prestiti dal 2022, resta il tema dei mutui e degli impegni pregressi, che non possono essere semplicemente cancellati. Secondo Orcel, è necessario un confronto pragmatico: “Non possiamo interrompere i pagamenti perché ci sono imprese in Germania, Italia e Francia che stanno ancora operando là.”
Le implicazioni geopolitiche e l’attenzione dei mercati
Le parole dell’amministratore delegato non si limitano al terreno tecnico-finanziario, ma toccano la sfera geopolitica. Il riferimento alla Russia e alle pressioni per disimpegnarsi dalle attività nel Paese apre una riflessione più ampia sui limiti e le responsabilità delle grandi banche europee in scenari di crisi internazionale. Unicredit, pur avendo ridotto fortemente la propria esposizione, mantiene una presenza minima in territori che restano commercialmente rilevanti per molte aziende occidentali. La scelta tra etica, interesse nazionale e competitività globale si fa ogni giorno più complessa. In questo scenario, anche le reazioni dei mercati saranno fondamentali: le parole di Orcel potrebbero incidere sulle aspettative degli investitori e sulla fiducia nel sistema bancario italiano, chiamato a bilanciare esigenze di trasparenza, stabilità e crescita.
Un fronte aperto tra istituzioni e grandi gruppi
Il nodo sollevato da Unicredit non è isolato. Altre grandi aziende, in settori come energia, infrastrutture e telecomunicazioni, hanno espresso preoccupazioni simili. Il golden power, pensato come scudo per difendere gli interessi strategici, rischia in alcuni casi di trasformarsi in una leva politica, rallentando decisioni già ponderate dai consigli d’amministrazione e dai regolatori. Il governo è ora chiamato a un chiarimento che metta al centro la certezza del diritto e la fiducia degli operatori. Orcel ha posto una condizione esplicita: serve una posizione chiara, oppure l’intero progetto sarà rimesso in discussione. In ballo c’è la credibilità di un sistema, la capacità di attrarre investimenti e il ruolo dell’Italia nei grandi equilibri economici europei.