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Manovra, 6mila emendamenti e il ritorno del condono

- di: Bruno Legni
 
Manovra, 6mila emendamenti e il ritorno del condono
Manovra, 6mila emendamenti e il ritorno del condono
La legge di bilancio 2026 viene investita da una pioggia di quasi seimila emendamenti: la maggioranza prova a riscrivere la manovra, spunta la riapertura della sanatoria edilizia del 2003 pensata soprattutto per la Campania e si accende lo scontro politico con accuse di voto di scambio, mentre Lega e Forza Italia spingono su tasse a banche, affitti e dividendi e le opposizioni rispondono con salario minimo, no tax area allargata e patrimoniale sui grandi patrimoni.

Ogni autunno la legge di bilancio viene assediata dagli emendamenti, ma stavolta il numero fotografa una tensione politica fuori dall’ordinario: quasi 6mila proposte di modifica depositate al Senato, di cui circa 1.600 firmate dai partiti di governo. Al centro della contesa un provvedimento che ha un peso simbolico e materiale enorme: la riapertura dei termini della sanatoria edilizia del 2003, con effetti potenzialmente decisivi in Campania, proprio mentre la regione si prepara al voto.

Una manovra assediata da quasi 6mila emendamenti

Secondo i dati ufficiali della Commissione Bilancio, gli emendamenti complessivi alla legge di bilancio 2026 superano quota 5.700. Le proposte della maggioranza sfiorano le 1.600 unità, con centinaia di interventi firmati rispettivamente da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati, a cui si aggiunge una valanga di modifiche arrivate dalle opposizioni, che si attestano intorno ai 4mila testi.

In questo mare di carte, un passaggio chiave sarà la selezione dei cosiddetti “segnalati”, cioè gli emendamenti che ogni gruppo indica come prioritari: il loro numero complessivo non arriva a 450 e una parte consistente (più della metà) sarà in mano alla maggioranza. Solo chi entrerà in questa lista avrà una reale chance di arrivare al voto e di essere trasformato in norma.

Il ministro dell’Economia prova a smorzare i toni, parlando di fisiologica dialettica parlamentare e ricordando che ogni modifica dovrà comunque mantenere “saldi invariati”, ossia non aumentare la spesa complessiva. Ma il segnale politico è chiaro: i partiti di governo stanno riscrivendo in profondità la loro stessa manovra mentre l’opposizione tenta di ribaltarne l’impianto.

Che cosa prevede la sanatoria targata Fratelli d’Italia

Il dossier più esplosivo è l’emendamento promosso da Fratelli d’Italia che punta a riaprire i termini del condono edilizio del 2003. Nel mirino c’è una platea specifica di proprietari: chi, all’epoca, aveva presentato domanda e versato quanto richiesto per la sanatoria, ma è rimasto escluso per errori amministrativi o scelte delle Regioni, in particolare in Campania.

L’idea, spiegano i promotori, è quella di consentire a chi si è trovato in una sorta di limbo giuridico di regolarizzare definitivamente la propria abitazione, evitando l’abbattimento degli immobili per cui erano già stati corrisposti oneri e contributi. Resterebbero esclusi, nelle intenzioni di FdI, gli edifici costruiti in zone a rischio idrogeologico o vulcanico, dove i vincoli restano insuperabili.

Dal partito della premier viene respinta con forza l’idea di un nuovo maxi-condono: “Non stiamo varando un nuovo condono, ma riaprendo una vecchia sanatoria per chi è rimasto ingiustamente fuori”, è la linea ribadita dagli ambienti parlamentari di Fratelli d’Italia, che insistono sul carattere circoscritto e riparatorio dell’intervento.

Un altro punto cruciale del meccanismo riguarda il ruolo delle amministrazioni territoriali. Anche qualora l’emendamento venisse approvato, resterebbe alle Regioni il compito di recepire la norma e definire nel dettaglio i criteri di applicazione. In altre parole, non ci sarebbe un obbligo automatico: ogni Regione dovrebbe scegliere se riaprire o meno il capitolo sanatoria e in che termini.

Campania, il nodo del 2003 e il peso del voto regionale

Per capire perché la Campania sia diventata il fulcro dello scontro, bisogna tornare proprio al 2003. Allora, mentre il governo nazionale varava la sanatoria edilizia, la Regione decise di non aderire pienamente al meccanismo, lasciando aperta una ferita fatta di migliaia di pratiche sospese, ricorsi e contenziosi. Migliaia di famiglie si sono ritrovate per anni con case formalmente abusive, nonostante versamenti già effettuati.

Oggi, con le elezioni regionali alle porte, la riapertura di quel dossier viene letta dall’opposizione come un messaggio politico mirato. I partiti di minoranza parlano apertamente di “voto di scambio” e accusano il partito della premier di voler usare la sanatoria come leva elettorale in un territorio decisivo.

Il capogruppo di un importante partito di centrosinistra a Palazzo Madama ha chiesto alla presidente del Consiglio di prendere posizione in prima persona: “La premier deve dire chiaramente se condivide un emendamento che promette di salvare dalle ruspe migliaia di immobili proprio mentre si vota in Campania”, ha attaccato, invocando un chiarimento pubblico sul punto.

Da altre forze di opposizione arrivano giudizi ancora più duri: c’è chi parla di “scelta empia” verso i territori fragili e chi denuncia il rischio che una nuova ondata di sanatorie – per quanto presentata come ritocco tecnico – mandi un segnale devastante sul fronte della legalità urbanistica e della lotta all’abusivismo.

Le mosse degli altri partiti di maggioranza

La sanatoria edilizia non è l’unica bandiera sventolata dalla maggioranza nella riscrittura della manovra. Ogni partito di governo ha portato al tavolo le proprie priorità, spesso in forte competizione fra loro.

La Lega punta a trasformare in una vera e propria “miniera fiscale” il prelievo su banche e assicurazioni. La manovra già prevede un aumento dell’Irap per gli istituti di credito e per le compagnie assicurative nei prossimi anni; con gli emendamenti del Carroccio si chiede di spingere ulteriormente in alto l’aliquota, in alcuni casi fino a due punti in più rispetto al testo originario, destinando le maggiori entrate a forze dell’ordine e sanità.

Forza Italia, invece, concentra il fuoco su affitti e dividendi. Gli azzurri contestano l’inasprimento fiscale sugli affitti brevi e sulla cedolare secca, chiedendo di cancellare gli aumenti o di ridurre l’aliquota per i contratti più lunghi, così da premiare i proprietari che scelgono locazioni stabili. Nel mirino finisce anche la stretta sui dividendi distribuiti dalle società, che il partito considera una zavorra per gli investimenti.

Tra le coperture proposte, nel cantiere della maggioranza restano misure come la tassa sull’oro, la revisione dell’imposta di soggiorno – che Fratelli d’Italia vorrebbe bloccare o ridurre – e una nuova tassa sui pacchi provenienti da fuori dell’Unione europea, pensata per intercettare il boom degli acquisti online da piattaforme extra-Ue.

Un altro tassello politico di FdI è l’istituzione di un fondo di previdenza per i nuovi nati a partire dal 2026: una sorta di “zainetto previdenziale” che accompagnerebbe i bambini fin dalla nascita, alimentato nel tempo con contributi pubblici e privati, e che si affianca alle misure di sanatoria edilizia nella strategia identitaria del partito.

Noi Moderati, infine, spinge su interventi più mirati: bonus libri per sostenere le spese scolastiche delle famiglie e incentivi per i contratti di affitto di lunga durata, nel tentativo di scoraggiare la giungla dei canoni brevi e delle locazioni turistiche che espellono i residenti dai centri storici.

L’offensiva delle opposizioni: salario minimo, no tax area e patrimoniale

Se la maggioranza prova a ritoccare in profondità la propria manovra, le opposizioni rispondono con una vera e propria contromanovra. I gruppi di centrosinistra e delle forze alternative hanno presentato complessivamente migliaia di emendamenti, con una sedicina di proposte comuni che fanno da ossatura a un progetto alternativo.

Al primo posto c’è il salario minimo legale, da introdurre come argine ai lavori sottopagati. Accanto a questa misura, un pacchetto fiscale che punta a rafforzare la no tax area: una delle proposte condivise dai gruppi di opposizione prevede l’esenzione totale dall’Irpef per chi guadagna fino a 15mila euro annui, con l’obiettivo dichiarato di dare ossigeno a lavoratori poveri e pensionati a basso reddito.

Nel mirino finisce anche l’intesa tra Italia e Albania sui centri per migranti. Le opposizioni chiedono di tagliare i fondi destinati ai Cpr in territorio albanese e di dirottare quelle risorse su sanità, sicurezza interna e servizi sociali, rovesciando l’impianto di una delle misure più discusse del governo.

Un altro capitolo riguarda i diritti e il lavoro femminile. Alcuni emendamenti chiedono il ripristino di Opzione donna con criteri meno restrittivi rispetto alle ultime versioni e l’introduzione di congedi parentali paritari, che distribuiscano in modo più equilibrato tra madri e padri il tempo dedicato alla cura dei figli.

Nel pacchetto spicca poi la proposta di una patrimoniale sui grandi patrimoni. Un emendamento presentato da una forza della sinistra ecologista prevede un’imposta ordinaria sulla ricchezza netta superiore ai 2 milioni di euro, con un’aliquota che si aggira attorno all’1,3%. La base imponibile comprenderebbe immobili, partecipazioni e strumenti finanziari, al netto delle passività, con l’obiettivo di reperire risorse per sanità, scuola, politiche sociali e transizione ecologica.

Condono o sanatoria? Il nodo politico e culturale

Al di là dei tecnicismi, la riapertura della sanatoria edilizia riporta in primo piano un dilemma antico: lo Stato deve premiare chi ha rispettato le regole o cercare di chiudere vecchie pendenze anche a costo di apparire indulgente con l’abusivismo?

Per i critici, ogni sanatoria – anche se presentata come intervento mirato – manda il messaggio che prima o poi una via d’uscita per gli abusi si trova sempre, indebolendo la forza dissuasiva delle norme urbanistiche e ambientali. In territori fragili come la Campania, la memoria di tragedie legate al dissesto idrogeologico rende il tema ancora più sensibile.

Dall’altra parte, i sostenitori dell’emendamento insistono sulla dimensione di giustizia amministrativa: per loro si tratta di correggere un’ingiustizia subita da chi ha pagato e si è fidato dello Stato, ma si è trovato schiacciato tra cavilli normativi e scelte politiche territoriali. In questa lettura, la sanatoria diventa un intervento di chiusura di un contenzioso ventennale più che un via libera a nuovi abusi.

Cosa può davvero cambiare nella legge di bilancio

Il destino della sanatoria edilizia e delle altre misure bandiera si deciderà nelle prossime settimane, in un calendario stretto che deve portare all’approvazione definitiva della manovra 2026 entro fine anno. Molto dipenderà dalla selezione degli emendamenti “segnalati”, dal via libera del governo sulle misure più controverse e dalla capacità dei partiti di trovare un equilibrio tra identità politica e sostenibilità dei conti.

Se la sanatoria per la Campania dovesse arrivare fino in fondo, l’impatto sarebbe concreto su migliaia di proprietari di immobili e, più in generale, sul rapporto tra cittadini e regole urbanistiche. Se invece venisse accantonata o drasticamente ridimensionata, resterebbe comunque il segno di una battaglia politica che ha riportato il tema dei condoni al centro del dibattito nazionale, proprio mentre il Paese è chiamato a investire miliardi per sicurezza del territorio, transizione ecologica e rigenerazione urbana.

In ogni caso, il messaggio che esce da questa ondata di quasi 6mila emendamenti è chiaro: la manovra, così com’era stata scritta, non piaceva quasi a nessuno. Ora il compito del Parlamento sarà dimostrare se questa pressione riuscirà a produrre una legge di bilancio più equa e coerente, o se resterà l’ennesima prova di forza muscolare a beneficio della campagna elettorale permanente.

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