POS, istruzioni per l'uso: guida pratica ai pagamenti digitali

- di: Barbara Bizzarri
 
L’acronimo deriva dall’inglese “Point of sale”, ovvero “punto di vendita”: è il Pos, il cui utilizzo più o meno diffuso nell’ambito delle operazioni commerciali, ha animato il dibattito pubblico e anche politico degli ultimi anni. E allora, per entrare meglio nel mondo del "mobile payment" è fondamentale rispondere ad alcune domande: come posso installare un Pos nel mio negozio? Quale tipologia mi conviene scegliere per la mia attività? In che sanzioni incorro se non accetto i pagamenti digitali? Ecco quindi una guida pratica rivolta a imprenditori e professionisti iniziando dal principio, dunque su cosa sia un mobile Pos e su come fare per installarne uno per la propria attività. Si tratta di un dispositivo collegato al registratore di cassa che permette di pagare elettronicamente per mezzo di carte di credito, di debito o prepagate.

POS, istruzioni per l'uso: guida pratica ai pagamenti digitali

Per acquistare o noleggiare un terminale ci si può rivolgere a un istituto bancario; una società di servizi di pagamento; società indipendenti.

In circolazione, poi, sono presenti vari modelli con tecnologie diverse: Pos fisso: è il modello tradizionale, connesso tramite linea telefonica o con cavo di rete LAN, che si collega ai database delle banche e delle carte di credito per autorizzare le transazioni. Adatto per i negozi che hanno ad esempio una cassa fissa e non hanno particolari esigenze di mobilità; Pos wireless: connesso via cavo, può essere utilizzato entro una decina di metri mediante connessione Bluetooth; Pos GSM/GPRS: funzionano come quelli fissi, perché accettano le carte tramite contactless o inserimento. È però dotato di una scheda Sim e di una copertura GPRS-General packet radio service (nei modelli più recenti anche UMTS-Universal mobile telecommunications system). Si collega automaticamente alla rete dell’operatore proprio come un telefono cellulare. Di solito la scheda è fornita in dotazione dall'Istituto bancario, già abilitata alla trasmissione e ricezione di dati. Questa tipologia è indicata per quei negozi che non possiedono un vero e proprio punto vendita e per le attività che si trovano spesso con problemi di connessione; Pos mobile: prevede la connessione Bluetooth allo smartphone o al tablet sul quale è installata l’app del terminale, sfruttando la loro connessione wi-fi senza bisogno di sim come per il Pos GSM/GPRS. È il più economico e può essere utilizzato semplicemente installando l’app dedicata sul proprio smartphone. Questo modello è particolarmente apprezzato dalle piccole e medie imprese e infine il Pos virtuale: in realtà con questo termine si intende la piattaforma che gestisce i pagamenti per i siti di e-commerce. È fondamentale per chi vuole vendere online attraverso il proprio sito web.

L’Italia è il primo paese europeo quanto a numero di terminali Pos. Secondo l’ultima rilevazione della Bce, del 31 dicembre 2021, sarebbero pari a 4,149 milioni: più della somma di quelli presenti in Francia (2,237 milioni) e in Germania (1,532 milioni). 

Questo fenomeno ha una spiegazione ben precisa: nel 2012, l’Italia si è autoimposta, dopo alcuni assestamenti, la regola secondo la quale tutti "i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di pagamento, relativamente ad almeno una carta di debito e di credito e alle carte prepagate".

Dal 30 giugno 2022 si è poi aggiunto l’obbligo di accettare pagamenti elettronici per i negozianti, gli artigiani e gli studi professionali. Per chi si rifiuta sono previste sanzioni amministrative di 30 euro a cui va aggiunto il 4% del valore della transazione rifiutata. La misura fa parte del “pacchetto” di norme fiscali inserite in un decreto di attuazione con alcuni obiettivi del Pnrr e poi approvato dal Consiglio dei Ministri. La misura all’inizio aveva esentato dall’obbligo i tabaccai per la vendita di generi di monopolio, valori postali e bollati. Il 26 giugno scorso la direttiva è stata revocata.

L’obbligo ha dato il via alla moltiplicazione a macchia d’olio dei Pos, un numero destinato ancora a crescere. Non vi è alcun dubbio che la diffusione dei pagamenti elettronici rappresenti un fattore di modernizzazione del Paese perché, tra l’altro, giova alla riduzione dei costi connessi al denaro contante; delle minacce alla sicurezza personale a cui sono sottoposti gli esercenti di alcune categorie; del fenomeno dell’evasione fiscale. 

Sul tema dei pagamenti elettronici Confcommercio ha una posizione molto netta: per incentivare il settore è necessaria "una decisa riduzione delle commissioni e dei costi a carico di consumatori ed imprese, anche potenziando lo strumento del credito d’imposta sulle commissioni pagate dall’esercente, e introdurre la gratuità per i cosiddetti micropagamenti". Ad oggi, in Italia, il numero di transazioni con carte di debito, di credito e prepagate è molto alto. "È quindi evidente - ha proseguito Confcommercio - che il nostro sistema dei pagamenti è già in pieno sviluppo, ora va fatto di più per modernizzare ulteriormente questo processo rendendolo più efficiente e meno oneroso".

Ma quali sono i costi di gestione legati ai pagamenti elettronici e soprattutto come faccio a capire quale proposta fa al caso della mia azienda? 

Ad oggi non è possibile stilare una classifica attendibile dei prezzi praticati dalle banche e dalle società che erogano servizi di pagamento. Questo perché esistono diverse tipologie di carte e modelli di business, che coinvolgono più parti, oltre ai soggetti a cui sono legati i conti di pagamento, dall’emittente della carta a chi stipula il contratto di "acquiring" con l’esercente. Sul mercato, quindi, si possono trovare diversi modelli di "pricing", ad esempio vi sono contratti che prevedono tipologie di costi in parte fissi (come quelli del noleggio del Pos) e in parte proporzionati al transato; ci sono poi quelli esclusivamente proporzionati al transato; altri stabiliti “a forfait” attraverso pacchetti di operazioni “prepagate”.

Uno scenario un po’ complicato da decifrare. Per rendere i costi degli strumenti di pagamento più equi e trasparenti (obiettivo indicato dalla legge di bilancio per il 2023, n.197/2022) bisognerebbe arrivare alla loro piena comparabilità. È proprio questa la difficoltà: la normativa vigente non consente un vero e proprio confronto tra le varie proposte commerciali sottoposte al pubblico, dal momento che sono articolate senza una tassonomia che permetta una comparazione immediata.

Tutto questo avviene in modo conforme alla normativa vigente, che richiede solo che i fogli informativi riportino "un elenco completo di tutte le spese, oneri e commissioni a carico del cliente" e precisa che "in caso di pluralità di voci di costo" occorra procedere a "la chiara distinzione delle singole voci". Ciascun operatore è libero di articolare e modulare le voci di costo a piacere e quindi è possibile imbattersi in fogli informativi che prevedono centinaia di voci di costo, diverse a seconda degli intermediari.

Ma quali sono le soluzioni e le proposte per ovviare a questo problema e consentire una maggiore trasparenza sul mercato dei pagamenti elettronici? Risponde il Responsabile del Settore Credito di Confcommercio, Salvatore Vescina.

Quali sono le proposte di Confcommercio?

"Insieme alle altre parti economiche, ad Abi e alla A.P.S.P. (Associazione Italiana Prestatori Servizi di Pagamento) sociali, Confcommercio si è seduta al tavolo coordinato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze per dare attuazione alla legge di bilancio 2023 che persegue l’obiettivo di rendere i pagamenti più equi e trasparenti. A livello tecnico è stata raggiunta un’intesa, sulla quale sono in corso verifiche da parte delle istituzioni competenti. Fino a quando l’iter non sarà concluso occorrerà rispettare un impegno alla riservatezza, ma posso senza dubbio rimarcare che Confcommercio ha espresso con forza la necessità di una regolamentazione che venga adeguata alla realtà. Nello specifico l’obiettivo sarebbe quello di approdare all’agevole comparabilità dei costi, come già avviene per i mutui casa (si pensi al TAEG) o per i conti correnti (tramite gli I.C.C., Indicatore del Costi Complessivi)".

Nel resto d'Europa come viene regolato il mercato dei Mobile Payment?

"La normativa europea, con la direttiva PSD2 che è oggetto di una proposta di revisione, ha dato un grande contributo allo sviluppo del mercato, grazie a standard tecnici e di sicurezza, a norme di protezione dei consumatori e all’open banking, che consente a soggetti diversi dalle banche, presso le quali sono accesi i conti correnti, di accedere in tempo reale alle informazioni per erogare servizi di informazione di pagamento. Non è tutto, la Commissione il 28 giugno 2023 ha anche formalizzato una proposta per l’Euro digitale, che avrà corso legale e dovrà quindi essere accettata dagli operatori economici. Per quanto riguarda, invece, il tema di comparabilità dei costi per i servizi di pagamento, l’Europa non ha dettato alcuno standard comune. Come già detto, è necessario che se ne occupino a stretto giro le autorità nazionali competenti, perché in questa materia alcuni processi tecnologici ed economici subiscono delle accelerazioni ed è quindi fisiologico che talvolta il diritto sia “all’inseguimento”. Il tema è particolarmente sensibile in Italia dal momento che è uno dei pochi Paesi al mondo nei quali vige l’obbligo di accettare pagamenti elettronici e per qualsiasi importo".

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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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