Il primo ministro britannico, Sir Keir Starmer, si trova ad affrontare una delle più gravi crisi politiche del suo mandato a causa della decisione del governo di ridurre la spesa per i sussidi sociali, destinando i fondi risparmiati all’aumento del budget per la difesa.
Regno Unito: Starmer affronta ribellione interna sui tagli al welfare per finanziare la difesa
La misura, che prevede tagli per un totale di 6 miliardi di sterline (circa 7,1 miliardi di euro), ha suscitato una forte opposizione all'interno del Partito Laburista, con circa 80 deputati che hanno espresso il loro dissenso, compresi molti tradizionalmente leali a Starmer. Secondo il quotidiano britannico The Telegraph, alcuni parlamentari avrebbero minacciato di "dare uno schiaffo al governo" in segno di protesta.
Le ragioni del dissenso interno
L'indignazione tra i parlamentari laburisti nasce dalla percezione che la riforma possa colpire i cittadini più vulnerabili, penalizzando coloro che dipendono dai sussidi per il loro sostentamento. Molti ritengono che la decisione di tagliare il welfare per finanziare la difesa sia in contrasto con i valori tradizionali del partito, che da sempre ha posto l’accento sulla protezione sociale e sulla ridistribuzione delle risorse.
Starmer, dal canto suo, ha difeso la scelta come un passo necessario per garantire la sicurezza nazionale, in linea con gli impegni presi dal Regno Unito nei confronti della NATO. Il primo ministro ha sottolineato che l'aumento del budget per la difesa mira a rafforzare le capacità militari britanniche in un contesto geopolitico sempre più instabile, con la crescente minaccia rappresentata dalla Russia e dalla Cina. Tuttavia, questa giustificazione non è bastata a placare il malcontento interno.
Le dichiarazioni del governo
La cancelliera dello Scacchiere, Rachel Reeves, ha difeso la misura, affermando che i tagli sono necessari per "garantire un uso efficiente delle risorse pubbliche" e per incentivare il ritorno al lavoro di coloro che sono "intrappolati" nel sistema dei sussidi. Reeves ha ribadito che l’obiettivo della riforma non è privare i cittadini dell’assistenza di cui hanno bisogno, ma piuttosto rivedere un sistema che, a detta del governo, rischia di favorire la dipendenza dal welfare invece di promuovere l’occupazione.
La ministra del Lavoro e delle Pensioni, Liz Kendall, ha aggiunto che il governo è determinato a "creare opportunità per tutti", assicurando che i fondi verranno reinvestiti in programmi di formazione professionale e supporto all’occupazione. Tuttavia, queste rassicurazioni non hanno convinto i parlamentari dissidenti, i quali temono che la riforma possa tradursi in un aumento della povertà e dell'insicurezza economica per migliaia di famiglie britanniche.
Le possibili conseguenze politiche
La ribellione interna rappresenta una sfida significativa per Starmer, il quale ha finora cercato di presentarsi come un leader capace di unire il partito e di guidarlo verso una nuova fase di stabilità dopo le turbolenze dell'era post-Brexit. Se la protesta dovesse intensificarsi, il primo ministro potrebbe trovarsi costretto a rivedere la sua strategia o a offrire concessioni per evitare un deterioramento del consenso interno.
Va detto che, dal punto di vista procedurale, la situazione appare complessa. La riforma non richiede una nuova legislazione e, pertanto, non è previsto un voto in Parlamento che permetta ai deputati di esprimere ufficialmente la loro opposizione. Questo scenario complica la possibilità di una mobilitazione concreta contro la misura, lasciando ai parlamentari ribelli solo la strada della pressione politica e mediatica.
Il contesto internazionale e le pressioni esterne
La decisione del governo britannico di aumentare la spesa per la difesa si inserisce in un contesto globale segnato da crescenti tensioni geopolitiche. Il Regno Unito, come altri membri della NATO, è stato sollecitato dagli alleati, in particolare dagli Stati Uniti, a destinare una quota maggiore del PIL alla sicurezza nazionale. In risposta a queste pressioni, Starmer ha confermato l’impegno a portare la spesa per la difesa al 2,5% del PIL entro il 2030, come riportato da Reuters.
Questa scelta è stata accolta positivamente dagli ambienti militari e dalla destra politica, che da tempo chiedevano un incremento del budget della difesa per far fronte alle sfide emergenti, tra cui la guerra in Ucraina e le tensioni nel Mar Cinese Meridionale. Tuttavia, il prezzo politico interno di questa decisione potrebbe essere alto, se dovesse alienare il sostegno di una parte significativa dell'elettorato laburista.
La ribellione interna contro i tagli al welfare rappresenta un banco di prova cruciale per il governo di Keir Starmer. Da un lato, la necessità di rafforzare la difesa nazionale è riconosciuta da molti, specialmente in un’epoca di crescenti minacce globali. Dall’altro, l’idea di finanziare tale aumento riducendo il supporto ai cittadini più vulnerabili pone il governo in una posizione delicata, rischiando di erodere il consenso all’interno del partito e tra l’elettorato.
La sfida per Starmer sarà quella di bilanciare queste esigenze contrastanti, trovando un compromesso che eviti spaccature irreparabili all’interno del Partito Laburista e che allo stesso tempo risponda alle richieste degli alleati internazionali. Resta da vedere se il primo ministro sarà in grado di navigare questa tempesta politica senza compromettere la stabilità del suo governo.