Caso Roccella: non è solo contestazione, è in gioco la democrazia

- di: Redazione
 
Senza fare ricorso alle solite frasi (tipo: posso non condividere quello che dici, ma ...bla bla bla), gli episodi di intolleranza politica che si stanno registrando in Italia (ma anche altrove, a conferma che il fenomeno è molto più ampio) confermano come sia urgente una riconsiderazione delle regole del vivere civile, posto che quelle attuali sembrano essere inadeguate a fronteggiare un'ondata di avversione che talvolta tracima nell'odio. Il caso della contestazione di cui è stata fatta oggetto, a Torino, in occasione del Salone del Libro, Eugenia Roccella, che era lì per presentare un suo volume e non nella veste di membro del Governo, la dice lunga sul fatto che ormai il dissentire da una tesi o il non ''apprezzare'' qualcuno induce a ritenere che anche la peggiore deriva del dissenso deve essere accettata. Non è così per il solo motivo che non lo può essere.

Caso Roccella: non è solo contestazione, è in gioco la democrazia

Soprattutto, verrebbe da chiosare, in una occasione come il Salone del Libro, che luogo di cultura è anche quello deputato al confronto delle idee, sempre che esse vengano ''autorizzate'' ad essere espresse.
La contestazione a Roccella è stata anticipata rispetto al momento in cui la ministra avrebbe dovuto spiegare il perché ha scritto certe cose e magari, se le si fosse data l'opportunità di parlare, anche di replicare a delle tesi contrarie. Ma questo non le è stato concesso perché di fatto le è stato impedito anche solo di cominciare a parlare.

Un episodio che, già grave di per sé, lo è diventato ancora di più per quel che è accaduto dopo e intorno, con una pioggia di dichiarazioni e prese di posizione che sono sembrate essere stata fatte per ossequio alla parte politica di riferimento e non invece considerando che la dura contestazione a Roccella è stata la negazione del diritto di parola, che non può essere un mero principio, ma deve trovare quotidiana applicazione.
Si possono anche non condividere le posizioni della ministra della Famiglia in tema di accesso alla maternità (naturale e no), ma impedirle di parlare è uno sfregio al concetto stesso di libertà. La contestazioni a Roccella hanno una provenienza politica ed ideologica specifica, come peraltro confermato dalla valanga di commenti che le sono caduti addosso da sinistra. Ma qui non c'entra la parte politica, perché le stesse cose le diremmo a parti invertite. Qui il punto non è nemmeno, come sostenuto dal segretario del Pd, Elly Schlein, che il governo non accetta il dissenso.
Il nodo vero è che, negando a chicchessia il diritto di esprimere le proprie idee, si giustifica tutto, ma veramente tutto. Anche, un domani che speriamo non arrivi (o non ritorni), di soffocare tale diritto con il ricorso alla forza, e non parliamo di quella delle parole.

Eugenia Roccella aveva il diritto di parlare non come ministro, ma come persona senziente, capace di elaborare concetti e teorie che da qualcuno possono non essere condivisi, ma che almeno devono essere potere espressi. Poi su di essi si può aprire un confronto anche aspro, ma che ci deve essere, perché è intollerabile la censura preventiva, affidata ad una occupazione finisca dell'agorà.
In questo scenario si sono palesati strani personaggi, sui quali non è nemmeno il caso di perdere tempo, visto l' ''alto profilo'' delle loro dichiarazioni, che sono apparse starnazzi e niente di più. Ma il caso resta ed è grave. Perché le tesi di ciascuno, anche se è un ministro di un Governo che si avversa, meritano rispetto, almeno sino a quando non si facciano portatrici di tesi eversive o peggio. Però a nessuno deve essere negata la possibilità di dire e rispondere. Non ne va del buonsenso, ma della democrazia.
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