Nel retroscena che si sta consumando in queste settimane a Cologno Monzese c’è molto più di una semplice trattativa televisiva. La proposta avanzata da Mediaset ad Andrea Scanzi – giornalista, scrittore e volto divisivo ma ormai trasversale del panorama mediatico – di condurre un nuovo talk show rappresenta un tentativo audace di rinnovamento per l’azienda fondata da Silvio Berlusconi.
Il nodo Scanzi-Toffanin. Trattative, veti e trasformazioni dietro le quinte di Mediaset
Scanzi, tuttavia, ha declinato l’offerta tradizionale, rilanciando con un’idea di format alternativo: non il solito talk da ring, ma una trasmissione centrata su interviste intime e non gridate. In apparenza una proposta semplice, nella realtà un gesto che smuove equilibri interni molto più delicati.
Il peso di Silvia Toffanin e la linea editoriale
La principale resistenza a questo progetto porta il nome di Silvia Toffanin. Storico volto di “Verissimo”, Toffanin non è soltanto una conduttrice di successo ma anche una figura chiave all’interno degli assetti editoriali di Mediaset, in virtù del suo legame personale con l’amministratore delegato Pier Silvio Berlusconi. Il format che Scanzi propone rischierebbe di affiancarsi troppo per tono e struttura a quello che ha fatto di “Verissimo” una roccaforte della programmazione del weekend, basata su interviste intime, atmosfere empatiche e una narrazione rassicurante delle celebrità. Per la rete, sarebbe come avere due programmi dallo stesso impianto, ma con spirito opposto: quello rassicurante e quello più critico, riflessivo, inquieto.
La nuova Mediaset post-Silvio: tra apertura e cautela
In questa vicenda si riflettono le dinamiche profonde del nuovo corso Mediaset. La scomparsa di Silvio Berlusconi ha aperto uno spazio di ripensamento interno. Pier Silvio, pur cresciuto dentro l’azienda di famiglia, ha avviato una progressiva operazione di svecchiamento. L’addio a personaggi come Barbara D’Urso e la ridefinizione dei contenuti del daytime hanno segnato una svolta più sobria, meno sensazionalistica. L’obiettivo? Allinearsi a un pubblico più giovane e colto, più attento alla qualità dell’informazione, senza però rompere con l’eredità commerciale dell’azienda.
È in questo contesto che il corteggiamento a Scanzi va letto non come un'anomalia, ma come un tassello di un progetto più ambizioso. L'idea è quella di attrarre figure culturalmente riconosciute, anche provenienti da ambienti non allineati con l’ideologia storica di Mediaset, pur senza mettere in discussione le rendite dei format consolidati. Il problema, però, è proprio questo: aprirsi senza scontentare nessuno. E le resistenze – come nel caso Toffanin – mostrano che l'equilibrio resta fragile.
La tv generalista e la crisi dei format tradizionali
Al fondo, c’è un altro dato che rende questo episodio emblematico. La televisione generalista, Mediaset in primis, fatica a trovare una formula che le permetta di parlare ai nuovi pubblici. I talk politici tradizionali – specie quelli costruiti sullo scontro frontale – perdono ascolti. I programmi che funzionano sono quelli ibridi: che mescolano racconto, confessione, empatia, informazione ed estetica. Scanzi, forte della sua esperienza teatrale e narrativa, può rappresentare un ponte verso questa nuova forma di racconto. Ma proprio per questo, il suo ingresso rischia di rompere equilibri interni, scoprendo la difficoltà di rinnovare senza conflitto.
Il bivio Mediaset: osare o conservare
La vera posta in gioco, dunque, non è la presenza di Scanzi o meno in palinsesto. È la scelta tra osare davvero o restare vincolati a un’idea di televisione che, per quanto rassicurante, non risponde più alle sfide di un’epoca post-televisiva, dove le piattaforme, le webserie, i podcast e i social dettano ritmi e linguaggi. Mediaset, in questi mesi, si è mostrata più flessibile rispetto al passato, ma la trattativa su Scanzi dimostra quanto sia ancora difficile scardinare le logiche affettive, simboliche e politiche che abitano l’azienda.
Per ora, la sensazione è che il progetto possa arenarsi. Ma non è detto che resti così. L’interesse per figure nuove c’è, così come la consapevolezza che i volti storici non possono più bastare. La domanda, semmai, è un’altra: Mediaset è pronta a ospitare davvero un racconto diverso, o preferirà conservarne il controllo attraverso modelli già collaudati?