La Striscia di Gaza ha vissuto una delle giornate più sanguinose dall’inizio del conflitto in corso. In sole 24 ore, oltre 100 persone hanno perso la vita sotto i bombardamenti dell’esercito israeliano, che ha intensificato le operazioni militari contro obiettivi considerati legati ad Hamas. I raid aerei hanno colpito abitazioni, edifici pubblici e presunti centri di comando sotterranei. Il governo israeliano ha giustificato l’offensiva come una risposta agli attacchi missilistici e all’uso sistematico della popolazione civile come scudo umano da parte del movimento islamista. La portata dei bombardamenti, però, ha sollevato una valanga di critiche a livello internazionale.
Striscia di Gaza sotto assedio: oltre 100 morti in 24 ore, la guerra diventa totale
Da Gaza, Hamas ha reagito con fermezza, lanciando un messaggio chiaro a Israele e ai leader mondiali: “La Striscia non è in vendita”. Parole che suonano come una replica diretta alle ipotesi circolate nelle ultime ore su eventuali progetti internazionali per una “normalizzazione forzata” dell’enclave palestinese, con la mediazione di paesi arabi e occidentali. La posizione di Hamas rimane intransigente: nessuna trattativa senza riconoscimento dello Stato di Palestina, nessuna tregua senza ritiro israeliano. Intanto le sirene continuano a suonare anche nel sud di Israele, dove i razzi lanciati da Gaza hanno causato nuovi danni e feriti.
Rubio parla con Netanyahu, Washington preoccupata
Il senatore americano Marco Rubio ha avuto un colloquio diretto con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Al termine dell’incontro, ha dichiarato alla BBC che “gli Stati Uniti sono profondamente preoccupati per l’evolversi della situazione umanitaria nella Striscia”. Sebbene Washington continui a ribadire il diritto di Israele a difendersi, cresce la pressione sull’amministrazione Trump per favorire una de-escalation, soprattutto alla luce dell’aggravarsi delle condizioni dei civili palestinesi. Fonti diplomatiche americane parlano di contatti continui con Qatar, Egitto e Turchia per la creazione di un corridoio umanitario, ma per ora ogni tentativo è stato bloccato dalle ostilità.
Delegazione italiana nella Striscia
Oggi una delegazione composta da parlamentari del Partito Democratico, del Movimento 5 Stelle e di Alleanza Verdi-Sinistra si è recata nella Striscia di Gaza. I rappresentanti dell’intergruppo per la pace tra Israele e Palestina hanno voluto testimoniare direttamente la gravità della crisi e rilanciare l’appello al riconoscimento dello Stato palestinese. “Non possiamo restare indifferenti di fronte a questa tragedia – ha dichiarato il deputato M5s in missione – la comunità internazionale deve assumersi la responsabilità politica e morale di fermare il massacro”. Le immagini diffuse dai parlamentari italiani mostrano quartieri devastati, ospedali al collasso e una popolazione stremata.
Il blocco degli aiuti sotto accusa
A far salire ulteriormente la tensione è la denuncia di Human Rights Watch, che ha definito il blocco totale degli aiuti umanitari imposto da Israele come “uno strumento di sterminio”. Da settimane, nella Striscia scarseggiano medicinali, generi alimentari e carburante. I valichi restano chiusi, impedendo l’ingresso di aiuti essenziali. L’organizzazione internazionale ha chiesto l’immediata apertura di canali umanitari sicuri e ha avviato una raccolta dati per un eventuale dossier da presentare alla Corte Penale Internazionale.
Macron e il Vaticano: appello congiunto per la pace
Anche la diplomazia europea si muove. Il presidente francese Emmanuel Macron ha avuto il suo primo colloquio telefonico con Papa Leone XIV. Al centro della conversazione, l’emergenza umanitaria a Gaza e la necessità di una risposta coordinata che coinvolga anche la Santa Sede. “Sosteniamo pienamente gli sforzi vaticani per la pace”, ha dichiarato Macron, aggiungendo che l’Europa deve tornare a svolgere un ruolo guida nel processo di pace mediorientale. Giorgia Meloni, da Tirana, ha rilanciato lo stesso messaggio di collaborazione con la Santa Sede per “la cessazione dei conflitti in corso”.
Un equilibrio sempre più fragile
L’offensiva su Gaza, l’impasse diplomatica e la crescente polarizzazione delle posizioni in campo rischiano di trascinare la regione in un conflitto totale. La popolazione civile continua a pagare il prezzo più alto, mentre la comunità internazionale resta divisa tra il diritto alla difesa di Israele e la necessità di garantire protezione ai palestinesi. Ogni ora che passa senza una tregua rafforza il rischio di una spirale incontrollabile, in cui anche le mediazioni più autorevoli potrebbero rivelarsi inutili.