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Tajani alla Camera su Gaza: appello al cessate il fuoco e al rispetto del diritto internazionale

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Tajani alla Camera su Gaza: appello al cessate il fuoco e al rispetto del diritto internazionale
Nel cuore dell’Aula di Montecitorio, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha tracciato una linea netta di condanna verso l’escalation in corso nella Striscia di Gaza, ponendosi in una posizione di equilibrio difficile tra il riconoscimento del diritto di Israele a difendersi e la necessità impellente di fermare l’emorragia di vite civili. Il suo intervento si colloca in un momento di particolare gravità: secondo l’Unicef, oltre 50.000 bambini sono stati uccisi o feriti dal riaccendersi del conflitto nell’ottobre 2023, con 1.309 morti e 3.738 feriti solo dall’interruzione dell’ultimo cessate il fuoco, il 18 marzo. Numeri che non si spiegano più come mere conseguenze collaterali, ma che assumono la forma di un crimine diffuso contro la popolazione più vulnerabile.

Tajani alla Camera su Gaza: appello al cessate il fuoco e al rispetto del diritto internazionale

“Basta morti a Gaza, Israele si fermi”, ha affermato Tajani con fermezza, sottolineando come la reazione israeliana, sebbene legittimata dal diritto alla difesa dopo gli attacchi terroristici di Hamas, abbia assunto ormai “forme drammatiche e inaccettabili”. Non è una dichiarazione neutra: nella sua funzione di ministro degli Esteri, Tajani assume su di sé la responsabilità di esprimere la posizione dell’Italia in una crisi che spacca l’opinione pubblica e divide gli equilibri internazionali. Sottolinea che a pagare il prezzo più alto sono sempre gli inermi: i bambini, gli anziani, le persone malate. Così facendo, sposta il piano della discussione dalla legittimità geopolitica al livello etico e umanitario. È una presa di posizione che chiede l’immediata cessazione dei bombardamenti, il ripristino degli aiuti umanitari e il rispetto pieno del diritto internazionale.

La torsione del diritto tra autodifesa e crimine umanitario

Il confine tra autodifesa e aggressione sproporzionata è diventato, nel caso di Gaza, sempre più sottile e opaco. Tajani, richiamando le parole di Papa Leone XIV, ha voluto rafforzare l’impatto morale del proprio intervento, indicando che la comunità internazionale non può più rimanere spettatrice. Le immagini che arrivano quotidianamente dalla Striscia descrivono un territorio devastato, una popolazione allo stremo, una crisi sanitaria e umanitaria fuori controllo. In questo scenario, l’appello dell’Italia al rispetto del diritto internazionale umanitario suona come un invito alla de-escalation, ma anche come un monito implicito verso Israele affinché non tradisca i propri valori fondanti e il proprio patto con l’Occidente. Il punto sollevato da Tajani riguarda non solo la quantità delle vittime, ma la qualità dell’offensiva: quando la risposta bellica si traduce in sistematica distruzione della vita civile, si apre una frattura giuridica e morale difficile da ricomporre.

La diplomazia italiana tra alleanze e autonomia

L’intervento del ministro si inscrive anche nel più ampio tentativo dell’Italia di ritagliarsi un ruolo diplomatico autonomo in un’area dove le grandi potenze faticano a stabilire una mediazione efficace. L’Italia è storicamente legata ad Israele, ma mantiene anche relazioni profonde con il mondo arabo. Questo equilibrio consente a Roma di parlare con entrambe le parti, seppure con margini sempre più ristretti. Le parole di Tajani sono calibrate su questa complessità: non negano il trauma dell’attacco subito da Israele, ma evidenziano la necessità di tornare a una logica multilaterale, dove l’uso della forza non cancelli il dialogo. Il richiamo all’assistenza umanitaria non è solo un’esigenza operativa, ma un elemento chiave per ricostruire la fiducia tra le parti.

Una questione etica che interroga l’Europa

L’informativa del ministro arriva anche in un momento in cui l’Europa è accusata di ambiguità e silenzi, incapace di agire come soggetto politico unitario sullo scenario mediorientale. Tajani sembra voler colmare questo vuoto, portando in Parlamento un discorso che non si limita alla realpolitik, ma che cerca di fondare un orientamento morale condiviso. Il dolore dei bambini uccisi, come ha ricordato, “ferisce i nostri valori e indignano le coscienze”. In questo senso, la posizione italiana non è solo una denuncia, ma una proposta: riportare al centro la difesa del diritto umanitario come bussola per ogni azione internazionale. In un mondo dove le guerre rischiano di diventare la norma, ribadire l’inviolabilità dei civili è oggi un atto politico, prima ancora che diplomatico.
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