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Trump bluffa, Pechino resiste e fa frenare il tycoon: la guerra dei dazi scuote l’Europa

- di: Jole Rosati
 
Trump bluffa, Pechino resiste e fa frenare il tycoon: la guerra dei dazi scuote l’Europa
Mentre Trump alza la posta con tariffe record, la Cina non cede e l’Ue si compatta. L’Italia ondeggia tra ambiguità e sudditanza. Berlino e Parigi pronte a blindare il mercato unico.
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Il grande bluff di Trump
Donald Trump ha rispolverato il suo copione preferito: chiedere diecimila per portare a casa cento. E questa volta lo fa sullo scacchiere globale. Il 2 aprile, con una dichiarazione trionfale da Palm Beach, ha annunciato un pacchetto tariffario da guerra totale: 145% sui prodotti cinesi, 20% su quelli europei, più un dazio base del 10% su tutte le importazioni. Una mossa che ha fatto tremare Wall Street e infiammato i mercati asiatici.
Il nome dato all’iniziativa — “Liberation Day Tariffs” — è una provocazione retorica, un marchio di fabbrica che trasforma un’operazione protezionista in una crociata ideologica. Secondo Trump, è il momento di “liberare l’economia americana dalle catene della globalizzazione”. Ma dietro la retorica si nasconde un gioco pericoloso, che rischia di isolare gli Stati Uniti e incendiare i rapporti con gli alleati.

La Cina non cede
Pechino non è rimasta a guardare. A distanza di poche ore, il Ministero del Commercio cinese ha risposto con un contro-pacchetto da 125% su semiconduttori, aerospazio, automobili e intrattenimento. Inoltre, sono stati imposti nuovi vincoli alla presenza di aziende statunitensi sul territorio cinese, in particolare nei settori dell’educazione, dei servizi cloud e della sicurezza alimentare.
Xi Jinping, parlando davanti al Comitato centrale del Partito Comunista il 3 aprile, ha dichiarato:Non possiamo accettare un ordine mondiale dove un solo Paese detta le regole. La Cina è pronta a difendere la propria sovranità economica con tutti i mezzi”. Nessun cenno a concessioni. Anzi, un invito a rafforzare l’indipendenza strategica.

Segnali dal Tesoro Usa
Ma mentre Trump spinge sull’acceleratore, da Washington arrivano voci più caute. Scott Bessent, nominato da Trump Segretario al Tesoro, ha dichiarato in un evento a porte chiuse di JPMorgan Chase a New York il 22 aprile che “lo stallo commerciale con la Cina non è sostenibile”. Ha auspicato “una de-escalation ordinata”, riconoscendo tuttavia che “Pechino deve riequilibrare la propria economia”. Un segnale ambiguo, ma che mostra come nel deep state americano ci sia consapevolezza del rischio.

L’Italia tra ambiguità e sudditanza
In questo quadro, l’Italia si distingue per ambiguità. Il 17 aprile Giorgia Meloni ha incontrato Trump a Mar-a-Lago, esprimendo “piena fiducia” nella possibilità di “rafforzare i legami economici transatlantici”. Una posizione che ha irritato non poco Berlino e Parigi, dove si teme che Roma si presti al gioco americano come cavallo di Troia dentro l’Ue.
Le parole di Meloni — secondo quanto riportato da Brussels Signal — sono state interpretate come un’apertura unilaterale, proprio mentre la Commissione europea sta cercando di costruire un fronte comune per rispondere ai dazi. “Chi pensa di trattare bilateralmente con Trump, bypassando Bruxelles, finirà fuori dal tavolo che conta”, è stato il commento, non ufficiale ma eloquente, di un diplomatico francese a margine del vertice Ecofin.

L’Unione europea serra i ranghi
La reazione di Bruxelles è arrivata puntuale. Il 21 aprile la Commissione ha approvato un piano di ritorsione da 18 miliardi di euro, colpendo simboli dell’export Usa: whisky del Kentucky, auto elettriche della Tesla, software californiani. Non è una guerra totale, ma un segnale forte.
“La nostra economia non si disaccoppierà dalla Cina, ma non possiamo nemmeno essere ostaggio degli umori della Casa Bianca”, ha affermato Josep Borrell, Alto rappresentante per la politica estera, da Strasburgo il 22 aprile. Anche Ursula von der Leyen ha parlato di “riduzione dei rischi” e non di rottura: una strategia che punta a mantenere l’equilibrio in un mondo instabile.

Parigi e Berlino blindano il mercato unico
Dietro le quinte, Francia e Germania si stanno muovendo per blindare il mercato unico. Scholz ha annunciato incentivi per proteggere le PMI tedesche dai contraccolpi delle tariffe, mentre Macron lavora a un piano per rafforzare l’autonomia industriale europea. “L’Europa non sarà la vittima collaterale del nuovo isolazionismo americano”, ha dichiarato da Lione il 20 aprile. In Spagna, Pedro Sánchez ha parlato dicooperazione strategica con Pechino, nel rispetto delle regole multilaterali”.

Il bivio italiano
Mentre la nuova guerra commerciale si allarga, l’Italia è a un bivio. Continuare a inseguire l’America trumpiana rischia di alienare i partner europei e ridurre Roma a una pedina marginale. Al contrario, un impegno deciso nella difesa del mercato unico europeo — con una strategia autonoma ma coerente con l’Ue — potrebbe restituire al nostro Paese un ruolo. Ma servono visione e coraggio. Non le solite giravolte da “Italietta”.

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