Trump gioca al ribasso con Bruxelles: accordo a una tariffa base del 10%, ma senza sconti su auto, farmaci e acciaio. Francia e Italia tentano il compromesso su vini e aeronautica.
Un’offerta che sa di ricatto
Dietro la proposta americana di un accordo commerciale con l’Unione Europea che preveda una tariffa base del 10% su tutti i prodotti, si nasconde molto più di una questione doganale. Washington avrebbe messo sul tavolo un’intesa “standardizzata” per regolare i rapporti commerciali transatlantici. Ma l’apparente uniformità delle condizioni è solo una facciata: settori chiave per l’economia europea restano esclusi dalle esenzioni. Auto, farmaci, acciaio e alluminio – colonne portanti del manifatturiero Ue – verrebbero colpiti in pieno.
Una linea dura dettata da Trump
Dietro la proposta si staglia la regia di Donald Trump. Come ha chiarito un diplomatico europeo, “qualsiasi concessione americana sarà subordinata all’approvazione diretta del presidente”. Una forma di controllo politico centralizzato che trasforma ogni trattativa in una trattativa personale. “Non c'è alcuna garanzia di negoziazione tecnica autonoma, tutto dipende dalla volontà di Trump”, ha aggiunto un funzionario dell’UE. L’impostazione riflette perfettamente la dottrina trumpiana: bilaterale, punitiva, senza mediazioni multilaterali.
Il nodo delle eccezioni e il gioco delle lobby
Le uniche concessioni riguarderebbero “settori sensibili” per alcuni Stati membri: in particolare l’aeronautica – importante per la Francia – e gli alcolici, tra cui il vino italiano, il whiskey irlandese e i liquori francesi. Francia, Italia e Irlanda avrebbero accolto con cautela queste esenzioni, pur mantenendo una posizione prudente. “Accettare un accordo con un 10% fisso ma senza tutela per farmaci e automobili sarebbe un suicidio industriale”, ha commentato un alto funzionario del ministero dell’Economia tedesco.
Il pericolo per l’industria europea
Il 10% “piatto” che dovrebbe garantire equità tra le parti, in realtà penalizza soprattutto l’Europa. L’industria farmaceutica – con forti poli in Germania, Belgio e Svizzera – rischia di perdere competitività in uno dei suoi mercati chiave. Il settore automotive, già sotto pressione da anni, potrebbe vedere impennare i costi di accesso al mercato americano proprio mentre la Cina diventa più aggressiva nelle esportazioni di veicoli elettrici. “È una tagliola perfetta: i settori ad alta innovazione vengono colpiti, quelli a vocazione tradizionale blanditi”, osserva un'analisi francese.
Chi guadagna davvero da questo accordo?
La risposta è semplice: Trump. In vista delle elezioni di midterm e con i democratici in crisi di consensi, la Casa Bianca punta a consolidare il consenso tra le lobby industriali e agricole americane. Il messaggio è chiaro: “America First” resta il principio guida, anche a costo di compromettere decenni di alleanza economica con l’Europa. Ma dietro la retorica protezionista si cela una strategia più raffinata: disarticolare l’unità commerciale europea, offrendo eccezioni mirate per dividere gli Stati membri. Un classico divide et impera che “trasforma il tavolo dei negoziati in un’arena di interessi divergenti”.
Bruxelles prende tempo, ma il tempo stringe
La Commissione Europea, per ora, non ha formalmente risposto. Ma i tecnici dell’esecutivo Ue starebbero lavorando a una controproposta, in cui si chiede l’esenzione totale per almeno cinque settori strategici: automobilistico, farmaceutico, acciaio, prodotti medicali e energie rinnovabili. “Non possiamo accettare una tariffa fissa che ignora completamente la nostra struttura produttiva”, ha dichiarato Valdis Dombrovskis, Commissario europeo al Commercio. “Serve un approccio più differenziato e cooperativo”.
Il rischio di una nuova guerra commerciale
Se l’accordo non dovesse decollare, lo spettro di una nuova escalation tariffaria è concreto. Dopo l’innalzamento dei dazi Usa sulle auto elettriche cinesi, l’Europa si trova stretta tra due fuochi. Washington potrebbe decidere unilateralmente di applicare le tariffe del 10%, mettendo Bruxelles spalle al muro. “L’Ue ha già attivato meccanismi interni di salvaguardia, ma serve una risposta politica forte”, ha spiegato un portavoce del Consiglio Europeo. Alcuni governi, come quello tedesco, hanno chiesto un vertice straordinario entro la fine di luglio.
L’Europa a un bivio
Di fronte all’offensiva americana, l’Unione si trova a dover scegliere tra resistenza e compromesso. Ma la posta in gioco è alta: cedere oggi potrebbe significare smantellare il principio di reciprocità che ha sempre regolato le relazioni transatlantiche. “Accettare condizioni imposte unilateralmente dagli Stati Uniti sarebbe l’anticamera della subalternità geopolitica”. E in un contesto in cui la Cina si propone come partner alternativo – con meno vincoli e più apertura ai prodotti europei – l’Europa non può più permettersi passi falsi.