Dnipro si è svegliata tra le sirene e le macerie. Nella notte, un’ondata di droni russi ha colpito la città industriale nel cuore dell’Ucraina orientale, provocando la morte di almeno due civili e il ferimento di ventotto persone, alcune delle quali in gravi condizioni. Secondo le autorità locali, l’attacco ha interessato un’area residenziale e un impianto logistico strategico, provocando incendi e distruzione su vasta scala. I soccorsi sono durati ore, e molte famiglie sono state evacuate. Il bilancio è ancora provvisorio, ma il governo di Kyiv parla di “ennesimo crimine di guerra deliberato contro la popolazione civile”.
Ucraina, droni russi su Dnipro: 2 morti e 28 feriti
L’offensiva russa nella regione del Dnipro si inserisce in una strategia sempre più chiara di logoramento a lungo termine. Dopo oltre due anni di guerra, Mosca continua a colpire le infrastrutture energetiche e i centri urbani più esposti, con attacchi aerei a cadenza quasi quotidiana. La città di Dnipro, nodo vitale per i collegamenti tra est e ovest del Paese, è diventata un bersaglio ricorrente. I droni kamikaze di fabbricazione iraniana Shahed-136, secondo l’intelligence ucraina, sarebbero stati lanciati dalla Crimea e diretti con precisione tramite tecnologia satellitare. Nonostante le difese antiaeree ucraine siano riuscite ad abbatterne alcuni, l’efficacia del sistema resta limitata di fronte a sciami multipli.
Missione diplomatica Usa in Europa: Macron vede gli inviati di Trump
Mentre l’Ucraina conta le vittime e chiede nuove armi, gli Stati Uniti rafforzano la pressione diplomatica sull’Europa. A Parigi è in corso una missione guidata dal senatore repubblicano Marco Rubio e dal consigliere per la sicurezza nazionale David Witkoff. Obiettivo dichiarato: coordinare con i partner europei una strategia unitaria per spingere la Russia verso il tavolo negoziale. Il presidente francese Emmanuel Macron ha ricevuto la delegazione in un colloquio riservato all’Eliseo, durante il quale è stato discusso l’eventuale coinvolgimento di Cina e India in un futuro processo di mediazione multilaterale. Il presidente Trump, che ha promesso agli elettori di “porre fine alla guerra entro il 2026”, intende accelerare su un piano che includa pressioni economiche e incentivi negoziali.
L’Estonia avverte: “Trump faccia pressione su Putin, non su Kyiv”
In parallelo, da Tallinn è giunta la presa di posizione della premier estone Kaja Kallas, una delle voci più ferme in Europa contro l’aggressione russa. “Se davvero Trump vuole la pace – ha detto – allora eserciti pressione su chi ha iniziato la guerra: Vladimir Putin”. Kallas ha ribadito la necessità di non cedere alle lusinghe di un compromesso che comporterebbe, di fatto, una legittimazione dell’occupazione dei territori ucraini. La linea baltica trova appoggio anche in Polonia e nei Paesi nordici, che temono un ridimensionamento dell’impegno occidentale in caso di un accordo troppo accomodante con il Cremlino.
Kyiv insiste: “La pace passa dalla giustizia”
Dal governo ucraino, la reazione è stata netta. Il consigliere presidenziale Podolyak ha dichiarato che “qualsiasi piano di pace che non preveda la completa liberazione dei territori occupati non sarà accettato”. La strategia di Zelensky rimane ancorata alla resistenza militare e alla ricerca di un appoggio solido dagli alleati occidentali. Tuttavia, le recenti difficoltà sul fronte del sostegno logistico e la lentezza nell’arrivo dei nuovi aiuti americani pongono interrogativi sulla sostenibilità a lungo termine del conflitto.
Un equilibrio instabile tra armi e diplomazia
Lo scenario che si profila nelle prossime settimane è quello di un difficile bilanciamento tra escalation militare e tentativi di mediazione. Mentre le bombe continuano a cadere su Dnipro, l’Occidente cerca un varco per evitare un conflitto congelato o, peggio, una destabilizzazione permanente della regione. Il rischio è che l’iniziativa diplomatica americana possa apparire agli occhi ucraini come una pressione verso la resa. Ma anche Trump sa che, per garantire una pace credibile, non basta il silenzio delle armi: serve un equilibrio nuovo, che ancora oggi sembra lontano.