Nella notte tra lunedì e martedì, Kiev è stata colpita da una delle offensive più devastanti dall’inizio dell’invasione russa. Secondo fonti ufficiali ucraine, l’esercito di Mosca ha lanciato 440 droni e 32 missili contro la capitale, provocando distruzione e terrore tra la popolazione. Il bilancio ufficiale parla di 13 morti, tra cui una bambina di sei anni e sua madre, ma il numero delle vittime potrebbe aumentare.
Offensiva su Kiev, 440 droni e 32 missili: il G7 tenta il pressing su Mosca
Le sirene antiaeree sono risuonate senza sosta per ore, mentre le difese ucraine cercavano di contenere l’impatto dell’attacco. Numerosi edifici residenziali, scuole e strutture sanitarie sono stati danneggiati. Kiev si ritrova ancora una volta al centro di un attacco mirato a piegare la resistenza del popolo ucraino.
Il fronte diplomatico si muove: G7 a confronto
Mentre l’Ucraina conta i danni e piange le sue vittime, i leader del G7 si sono riuniti per valutare nuove misure contro la Russia. Il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Friedrich Merz hanno preso posizione in favore di “una pressione rinnovata e rafforzata” su Mosca, proponendo nuove sanzioni che colpiscano in particolare il settore energetico e finanziario. La proposta mira anche a includere aziende cinesi ritenute coinvolte nel rifornimento dell’apparato militare russo. Tuttavia, gli sforzi europei si sono scontrati con la linea prudente della presidenza americana. Donald Trump ha infatti bloccato l’approvazione di una dichiarazione congiunta forte, ritenendola “controproducente” in questa fase.
Trump frena: no a toni forti, ma resta il sostegno a Kiev
La posizione del presidente statunitense riflette un cambio di passo nell’approccio americano alla crisi. Pur ribadendo il sostegno all’Ucraina e garantendo la continuazione degli aiuti militari, Trump ha precisato che ogni ulteriore passo sanzionatorio “deve essere calibrato e non affrettato”. La sua linea mira a evitare un’escalation diretta con la Russia, mantenendo allo stesso tempo un presidio militare e diplomatico saldo sul fronte est europeo. Tuttavia, le sue parole hanno sollevato preoccupazioni tra gli alleati europei, che temono una perdita di coesione nell’azione internazionale contro il Cremlino. Macron ha risposto indirettamente sottolineando che “la fermezza non è mai un errore”, mentre Merz ha ribadito che “la nostra credibilità si misura nella capacità di tenere fede agli impegni presi”.
Kiev pronta al cessate il fuoco: ma chiede garanzie
Nel frattempo, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha confermato la disponibilità dell’Ucraina ad accettare un cessate il fuoco “immediato e incondizionato”, a patto che la Russia dimostri concrete intenzioni di porre fine all’aggressione. L’iniziativa di Kiev, sostenuta esplicitamente da Macron e Merz, punta a rilanciare la via diplomatica, dopo mesi di stallo e controffensive nel Donbass. “Siamo pronti a fermare le armi se anche Mosca lo farà”, ha dichiarato Zelensky. La richiesta include il rispetto della sovranità territoriale ucraina e l’immediato ritiro delle truppe russe dalle aree occupate. Una proposta difficile da accettare per Vladimir Putin, che non ha mostrato segnali di apertura e ha anzi rilanciato sull’intensificazione delle operazioni nell’est del Paese.
Meloni incontra Guterres: focus sulla riforma dell’Onu
Nel contesto del vertice del G7, anche l’Italia ha fatto sentire la propria voce. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha incontrato il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres. Al centro del colloquio, oltre alla crisi in Ucraina, il tema della riforma del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che l’Italia auspica da tempo. Meloni ha sottolineato l’urgenza di una riforma che renda le istituzioni internazionali “più efficaci e rappresentative del mondo attuale”, in grado di affrontare crisi globali senza paralisi dettate dai veti incrociati. Il colloquio, definito “positivo e franco”, si è chiuso con un appello congiunto a favore del multilateralismo e del rispetto del diritto internazionale.
Una guerra senza fine e un’Europa a due velocità
L’offensiva su Kiev e le difficoltà diplomatiche nel definire una linea unitaria mostrano con chiarezza il punto critico raggiunto dal conflitto. Se da un lato cresce la solidarietà formale verso l’Ucraina, dall’altro emergono crepe nelle strategie dei grandi alleati occidentali. L’Europa, ancora una volta, appare divisa tra chi spinge per un interventismo più deciso e chi teme le ripercussioni di una crisi prolungata. Gli Stati Uniti, con Trump alla guida, sembrano puntare a un equilibrio instabile tra sostegno e disimpegno. In questo scenario, l’Ucraina resta sola nel fronteggiare un’aggressione che non accenna a fermarsi.