Ucraina, accordo strategico con gli Stati Uniti sulle terre rare. Zelensky: “È equo, è l’inizio della ricostruzione”
- di: Cristina Volpe Rinonapoli

Il nuovo fronte della ricostruzione passa dal sottosuolo. L’Ucraina e gli Stati Uniti hanno firmato un accordo bilaterale senza precedenti per l’estrazione e la valorizzazione delle terre rare e dei minerali strategici presenti nel territorio ucraino. Una firma che va oltre la cooperazione economica: si tratta, nei fatti, di un patto industriale e geopolitico, che fissa le basi della futura autonomia tecnologica dell’Ucraina e rafforza il legame con Washington. L’intesa prevede la creazione di un fondo di investimento comune per sostenere la filiera mineraria nazionale, con un orizzonte decennale e l’impegno a reinvestire in loco tutti i proventi generati nel primo ciclo operativo.
Ucraina, accordo strategico con gli Stati Uniti sulle terre rare
A firmare l’accordo sono stati la vicepremier ucraina Yulia Svyrydenko e il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent. I numeri sono ambiziosi: 57 minerali inclusi nell’elenco strategico, tra cui litio, titanio, grafite e le famose “terre rare”, indispensabili per produzioni ad alta tecnologia, dalla transizione energetica alla difesa. L’Ucraina manterrà formalmente la proprietà delle risorse, ma il fondo sarà gestito congiuntamente e metà dei ricavi verrà reinvestita sotto la regia USA. Non sono previsti nuovi debiti né obblighi di rimborso legati agli aiuti militari ricevuti. Una clausola che Zelensky ha voluto sottolineare pubblicamente, per ribadire che non si tratta di una restituzione camuffata, ma di un accordo paritario.
Una risposta al bisogno di sicurezza economica
Il presidente ucraino ha descritto l’intesa come “davvero equa”, ribadendo che rappresenta il primo risultato concreto derivato dal colloquio avvenuto in Vaticano con la delegazione statunitense. Per Kyiv, la firma arriva in un momento cruciale: da un lato la guerra con la Russia prosegue senza una soluzione imminente, dall’altro cresce l’urgenza di pensare alla ricostruzione con strumenti sostenibili. Il fondo sarà il primo pilastro di un disegno più ampio: rafforzare l’indipendenza economica e ridurre la vulnerabilità strategica dell’Ucraina, sia nei confronti dei suoi alleati sia dei suoi nemici. A questo si aggiunge la volontà politica di agganciarsi definitivamente ai circuiti produttivi e commerciali dell’Occidente.
Il risentimento russo e il contesto regionale
Non sono mancate le reazioni. Mosca ha espresso “profonda preoccupazione” per quello che definisce un esproprio mascherato a vantaggio delle corporation americane. L’ex presidente Dmitry Medvedev ha parlato senza mezzi termini di “colonizzazione economica” e di “ripagamento degli aiuti militari con materie prime”. L’accordo è stato letto dal Cremlino come un rafforzamento della presenza occidentale ai confini russi, proprio in un’area in cui Mosca aveva storicamente esercitato un’influenza industriale diretta, specialmente nel settore minerario e metallurgico. Le parole di critica, più che fermare l’intesa, sembrano certificare il mutamento irreversibile degli equilibri nella regione.
Un nuovo equilibrio tra ricostruzione e controllo
Per l’amministrazione americana, il fondo è una risposta concreta alla domanda di trasparenza e investimento mirato che da mesi agita il Congresso. Il ritorno di Trump alla presidenza ha riacceso le tensioni interne sul sostegno all’Ucraina, ma la firma su questo accordo consente di presentare l’alleanza in chiave economica, industriale e produttiva, oltre che militare. Il pacchetto di aiuti firmato parallelamente da Trump – 50 milioni di dollari in forniture militari – viene così accompagnato da un progetto di lungo termine, pensato per garantire uno spazio privilegiato alle imprese americane in Ucraina ma anche una forma indiretta di supervisione sul processo di ricostruzione.
Le incognite politiche e il prossimo passaggio a Kyiv
L’intesa dovrà ora essere ratificata dal Parlamento ucraino. Nonostante il sostegno dichiarato della maggioranza, restano alcuni nodi politici, in particolare tra i gruppi più legati alla difesa della sovranità economica e a una visione più europeista dello sviluppo. Se da una parte c’è la consapevolezza che l’Ucraina ha bisogno urgente di capitali e infrastrutture, dall’altra cresce la sensibilità verso il rischio di delega eccessiva agli alleati. Il governo cercherà di mediare, evidenziando la clausola di reinvestimento totale e il controllo pubblico sulle concessioni. Il consenso popolare, secondo i sondaggi, pende al momento verso l’accordo, ma non mancano dubbi sul reale equilibrio tra autonomia e dipendenza strategica.
Un terreno simbolico per la nuova alleanza occidentale
L’accordo sulle terre rare rappresenta, nel quadro più ampio del conflitto ucraino e del ridisegno delle alleanze internazionali, un tassello simbolico. Dimostra che il sostegno all’Ucraina sta evolvendo da emergenza bellica a patto industriale e politico. Non si tratta solo di armi o aiuti, ma di quote di futuro. I minerali strategici, in un mondo sempre più affamato di tecnologie verdi e dispositivi avanzati, sono diventati il nuovo terreno di competizione globale. Kyiv, nel rilanciare la propria economia, sceglie di affidare parte di quel terreno a Washington. E Washington risponde con un progetto che vale molto più di un assegno: una presenza strutturale, un nuovo spazio d’influenza.