Volodymyr Zelensky ha scelto parole dure e dirette per descrivere l’attuale fase della guerra: "Chi dà alla guerra più tempo è complice di Putin". Una frase che risuona come un grido d’allarme, all’indomani dell’ennesima notte di bombardamenti russi sull’Ucraina.
Zelensky accusa l’Occidente: "Chi ritarda è complice di Putin"
Secondo quanto riferito da Kiev, Mosca avrebbe lanciato ben 407 droni e 44 missili in un attacco su larga scala che ha colpito nuovamente le città, le infrastrutture e la vita quotidiana. Tra le vittime, tre soccorritori, morti mentre tentavano di portare aiuto alla popolazione civile. Una dinamica ormai ricorrente, che Zelensky denuncia come parte integrante della strategia russa: colpire chi salva, colpire chi cura.
L’appello agli Stati Uniti, all’Unione Europea e al mondo intero
Il messaggio del presidente ucraino è indirizzato agli alleati occidentali, ma va ben oltre i confini dell’Europa. È un richiamo globale alla responsabilità. “È il momento in cui gli Usa, l’Ue e tutti nel mondo insieme possono fermare questa guerra”, ha dichiarato. La richiesta è quella di un intervento più deciso, in termini di sostegno militare, sanzioni e pressione diplomatica sulla Russia. Zelensky accusa apertamente chi temporeggia, chi frena, chi tergiversa, perché ogni esitazione – dice – si traduce in altre vittime innocenti. Il tempo non è neutrale, ma diventa un alleato implicito dell’aggressione russa, secondo la logica esposta dal leader di Kiev.
Mosca continua con il suo schema: droni, missili, terrore
L’attacco della notte appena trascorsa rappresenta una delle offensive più intense delle ultime settimane. I droni e i missili hanno colpito zone strategiche ma anche aree residenziali, lasciando dietro di sé morte e distruzione. Due aeroporti militari russi nella regione di Engels sono stati a loro volta colpiti in quella che sembra essere una contro-offensiva ucraina. Ma la sproporzione delle forze resta evidente: la Russia continua a disporre di un arsenale imponente, e le difese ucraine, pur efficienti, non riescono a contenere ogni attacco. La narrativa russa, come sempre, parla di operazioni contro obiettivi militari, ma le immagini che arrivano dalle città smentiscono quella versione.
Un conflitto che logora, ma che non si ferma
A più di due anni dall’inizio dell’invasione russa su larga scala, l’Ucraina resiste ma è stremata. Le forze armate hanno bisogno di nuove forniture, i rifugiati sono centinaia di migliaia, le infrastrutture sono danneggiate in molte aree del Paese. In questo scenario, il sostegno occidentale è vitale. Zelensky lo sa e lo ripete, anche a costo di alzare i toni. Le sue parole non sono semplicemente un atto d’accusa, ma una strategia di mobilitazione. Il rischio, secondo Kiev, è che la stanchezza dell’opinione pubblica occidentale e le divisioni politiche in alcuni Paesi possano allentare l’attenzione e la solidarietà. La memoria corta, nel mezzo di un conflitto, può essere fatale.
Il peso della guerra sulla società ucraina e il ruolo dei soccorritori
Tra le vittime dei raid russi della notte, colpisce in modo particolare la morte dei tre soccorritori. Persone che non impugnano armi, ma che cercano di salvare vite, di curare i feriti, di offrire un riparo. La loro uccisione è un simbolo drammatico di ciò che sta accadendo: anche la solidarietà diventa bersaglio. Zelensky ha voluto ricordarli come “eroi quotidiani”, sottolineando come il loro sacrificio dimostri ancora una volta la crudeltà della guerra e la necessità di porvi fine. Non con parole, ma con azioni concrete. Con una coalizione internazionale che torni a essere compatta e determinata.
La posta in gioco: sicurezza europea e ordine globale
Zelensky ha sempre collegato la sorte dell’Ucraina al destino dell’Europa. Non si tratta solo di confini nazionali, ma di valori comuni, di sicurezza collettiva, di un ordine internazionale basato sul diritto e non sulla forza. Il suo appello di oggi si inserisce in questa visione più ampia: la guerra in Ucraina non è una questione locale, ma un test globale per la tenuta del sistema internazionale. Ogni ritardo, ogni incertezza, ogni passo indietro diventa, nella lettura del presidente ucraino, una forma di complicità. La comunità internazionale è dunque chiamata a scegliere – non tra la guerra e la pace, ma tra l’inerzia e la responsabilità.