Arte, cessi e vergogna

- di: Barbara Leone
 
Orinatoi a forma di bocca di donna collocati ad uso e consumo dei clienti nei bagni di alcune palestre della nota catena McFit, a Torino. Ad alzare il polverone Greta Squillace, vocal coach e vincitrice di The Voice of Italy, che ha pubblicato la foto dell’oggetto incriminato sulle sue pagine social. Apriti cielo, in un battibaleno s’è scatenato il putiferio al grido di “vergogna vergogna, mettiamoli alla gogna, sta palestra è una fogna”. O giù di lì. L’accusa è assai scontata: promuovere l'oggettificazione del corpo femminile riflettendo atteggiamenti patriarcali. Al punto che l’azienda ha provato a metterci una pezza precisando che trattasi di un oggetto di design creato anni orsono da un’artista olandese per giunta donna. La quale a sua volta ha dichiarato che è la nostra immaginazione il problema, e non l’orinatoio. Mentre sui social c’è chi ricorda la linguaccia degli Stones, cui probabilmente ella s’è vagamente (ma proprio vagamente) ispirata. Tralasciando la prima domanda che può sovvenire alla mente, ovverosia che diamine ci faceva la Squillace nei bagni dei maschi, resta un dato di fatto incontrovertibile: l’arte è provocazione. Non da oggi, ma dalla notte dei tempi. L’arte, appunto. Che si distingue in arte bella e arte brutta. Questa, ammesso che sia arte, e non lo è, è brutta. Esattamente come era brutto l’orinatoio denominato “Fontana” realizzato addirittura nel 1917 da Marcel Duchamp, opera mai esposta al pubblico (chissà perché) ma considerata da alcuni storici dell'arte e teorici specializzati una delle maggiori opere d'arte del ventesimo secolo. Storia vecchia, insomma.

Così come è storia vecchia, ed anche abbastanza noiosa, la granitica presa di posizione dei bacchettoni, uomini e donne in perfetta parità di genere, su quella che è molto semplicemente una furbissima operazione di marketing, che poco o nulla ha a che fare col sessismo né tanto meno con l’arte. Potevano evitare di piazzare quei ridicoli obbrobri nei gabinetti di una palestra? Ovvio che sì, con un minimo sindacale di buon gusto. Ma col buon gusto, si sa, oggi come oggi non ci si magna. Non si fa cassa e nemmeno incetta di like. Messaggio subliminale maschilista? Si, no, forse. Ma ci si dovrebbe scandalizzare e indignare per cose ben più gravi. Fatti, non stupide provocazioni miste a becere elucubrazioni di menti evidentemente disturbate. Da donna mi indigna molto di più la chiesa vuota di Caivano, dove i clan tengono sotto scacco intere famiglie costringendole a non parlare di stupri. Mi indigna molto di più il permesso premio di Parolisi e i 75 femminicidi da gennaio ad oggi. Da donna mi indigna e mi fa rivoltare lo stomaco leggere le chat del branco di Palermo, percepire che c’è ancora chi pensa “se l’è andata a cercare” solo perché portava la minigonna, chi per offendere una donna la chiama “troia”, chi pensa che se una donna tradisce è una poco di buono mentre se lo fa un uomo è un latin lover. E sono in tanti a pensarlo, donne comprese, basti pensare ai tanti difensori di quel Segre lì che ha ben pensato di sputtanare la sua futura moglie in pubblico. Ogni santissimo giorno noi donne viviamo sulla nostra pelle il nostro essere donne. E nel quotidiano ne avremmo di motivi validi e gravi per indignarci e gridare “vergogna”. Forse è tempo di alzare la voce per le cose davvero importanti, vitali. Non per un cesso la cui sorte è segnata. Perché il tempo farà il destino di questo brutto, bruttissimo oggetto di design (vi prego non chiamatela arte!) che è e resterà quello che è: un pisciatoio. Che farà la fine che merita, imbrattato dal lerciume dei residui dell'uso per cui stoltamente è stato creato.
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