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Inapp: smartworking promosso da aziende e lavoratori, favorisce la produttività

- di: Barbara Bizzarri
 
Inapp: smartworking promosso da aziende e lavoratori, favorisce la produttività
Mette tutti d’accordo, imprese e lavoratori: lo smartworking sostiene la produttività e fa risparmiare. Per il 66% dei datori di lavoro, incrementa la produttività e consente il risparmio dei costi di gestione degli spazi fisici, in particolare per le piccole imprese. Non solo, per il 72% dei datori di lavoro lo smart working aumenta il benessere organizzativo e migliora l’equilibrio vita-lavoro dei dipendenti. Sul versante dei lavoratori, invece, è il miglioramento della qualità della vita lavorativa a fare la differenza: l’80% ritiene che lavorare da casa migliori l’organizzazione e la gestione degli impegni privati-familiari e per il 72% favorisce una maggiore autonomia rispetto a metodi, orari, ritmi, luoghi di lavoro e soprattutto, il risparmio di tempo negli spostamenti (90%). I dati sono stati desunti dall’Inapp in seguito alla Giornata di Studi sullo Smart working organizzata a Benevento, durante la quale l’Istituto di ricerca ha presentato due report che analizzano oltre quindicimila interviste ad occupati dai 18 anni e a cinquemila unità locali/imprese del settore privato extra agricolo.  Alla riflessione su questi temi hanno contribuito i partecipanti alla tavola rotonda: Luisa Corazza, Direttrice del Centro Aria e docente ordinario di Diritto del lavoro presso l’Università del Molise, Roberta Roberto, ricercatrice Enea, Alessandro Ramazza, consigliere di amministrazione di Randstad Italia e presidente Assolavoro, Mario Mirabile, fondatore e vicepresidente esecutivo South Working, Giovanni Scansani, docente dell’Università Cattolica Milano e Gaetano Natullo, professore ordinario di Diritto del Lavoro, Dipartimento DEMM, Università del Sannio.

Il professor Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp, ha sottolineato che “Bisogna evitare di riportare indietro le lancette dell’orologio. Se con la pandemia il lavoro agile ha permesso la salvaguardia di molti posti di lavoro, adesso bisogna puntare a migliorarne i processi produttivi continuando a favorire la digitalizzazione e ad investire sulla organizzazione smart del lavoro, modalità che avvantaggia sia le imprese che i lavoratori, come emerge dalle due ricerche. D’altra parte, lo smartworking può rappresentare una soluzione anche per i problemi connessi all’elevato costo dell’energia e in prospettiva è destinato a riscrivere la geografia urbana dei nostri territori. La sfida oggi è la messa a regime ottimale, valorizzandone le opportunità e superando i nodi critici. In questo senso il lavoro ibrido, con l’alternanza della prestazione in ufficio e da remoto durante la settimana, può rappresentare una soluzione efficiente per soddisfare sia le esigenze dei lavoratori che quelle delle aziende”.

La nuova modalità lavorativa raccoglie ampi consensi al Nord, dove è utilizzata dal 70% delle aziende mentre il Mezzogiorno raggiunge una quota del 30%. Medie (63%) e grandi imprese (78%) registrano i valori più alti, ma anche la metà delle micro imprese lo ha utilizzato e guarda avanti: il 31% di quelle con fino a 5 addetti ha investito in tecnologie e software a supporto delle attività smart e il 28% di quelle con 6-9 addetti, ha modificato a degli spazi di lavoro tradizionali. Le potenziali criticità si registrano tuttavia sul fronte dei rapporti umani: lo smartworking non facilita i rapporti fra i colleghi e con i responsabili per il 62% degli smartworkers e per il 43% delle imprese smart, e aumenta l’isolamento secondo il 65% degli smartworkers e per il 49% delle imprese smart. “Questo bilancio sul biennio trascorso – ha concluso Sebastiano Fadda – ci induce a tenere conto anche delle polarizzazioni emerse tra pubblico e privato, delle tipologie di imprese, ma anche dei marcati squilibri territoriali con, ad esempio, una quasi totale carenza nel sud e nelle isole dello smartworking quale indicatore di performance nella contrattazione aziendale relativa al premio di risultato delle imprese, che interessa solo il 3% delle imprese del Mezzogiorno rispetto a quasi il 50% delle imprese del nord-ovest e il 29% del nord-est. Eppure, il Mezzogiorno potrebbe beneficiare notevolmente della diffusione dello smartworking, sia in termini di prestazioni lavorative svolte al sud per imprese del Nord, il cosiddetto southworking, sia in termini di ripopolazione delle aree interne.”
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