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Bce accende il faro sulle stablecoin: rischio Usa e Europa in bilico

- di: Matteo Borrelli
 
Bce accende il faro sulle stablecoin: rischio Usa e Europa in bilico
Bce accende il faro sulle stablecoin: rischio Usa e Europa in bilico
La nuova ondata di monete digitali ancorate al dollaro si è trasformata in un gigante che compra titoli di Stato americani e mette in discussione la stabilità finanziaria, mentre l’Europa corre ai ripari fra regole, banche ed euro digitale.

Per anni sono rimaste ai margini, considerate un accessorio del mondo crypto. Oggi le stablecoin sono finite direttamente sul tavolo della Banca centrale europea. Francoforte non vuole frenare l’innovazione, ma avverte che il mix fra crescita esplosiva, forte esposizione in Treasury Usa e legami sempre più stretti con la finanza tradizionale può trasformarsi in un problema di stabilità, ben oltre il recinto degli appassionati di blockchain.

Il messaggio è semplice e brutale: se le stablecoin continuano a espandersi, non saranno più soltanto un ponte per entrare e uscire dalle criptovalute, ma un attore che può influenzare i mercati obbligazionari, i depositi bancari e la trasmissione della politica monetaria. Per un’area valutaria come l’eurozona, abituata a difendere con cura la propria autonomia, è un campanello d’allarme impossibile da ignorare.

Cosa sono davvero le stablecoin

Dietro l’etichetta rassicurante, le stablecoin sono token digitali emessi da soggetti privati che promettono di mantenere un valore stabile, di solito ancorato al dollaro. A differenza delle crypto più note, non nascono per oscillare, ma per restare fisse: un dollaro digitale, almeno nelle intenzioni. Per farlo, gli emittenti dichiarano di detenere riserve in attività tradizionali, come conti di deposito o titoli di Stato a breve termine.

In realtà, la stabilità è tutto fuorché garantita: si regge sulla fiducia che quelle riserve esistano davvero, siano liquide e vengano gestite in modo prudente. Se la fiducia si incrina, la corsa ai riscatti può essere rapidissima. È questo il cuore del ragionamento delle banche centrali: strumenti che sembrano innocui come “gettoni digitali” possono comportarsi, nei momenti di stress, come un piccolo fondi monetario ombra pronto a vendere in massa i propri asset.

Una montagna da oltre 280 miliardi

La massa delle stablecoin ha ormai smesso di essere un fenomeno di nicchia. Il loro valore complessivo ha superato i 280 miliardi, una cifra che da sola vale circa un dodicesimo di tutto il mercato delle criptovalute. La struttura del settore è però fortemente concentrata: due soli nomi, le principali stablecoin denominate in dollari, controllano la larga maggioranza della capitalizzazione.

Questa concentrazione sarebbe già di per sé un rischio, ma c’è un altro elemento che inquieta Francoforte: il 99% delle stablecoin è legato al dollaro. Le emissioni denominate in euro restano marginali, appena una frazione dell’intero comparto. In pratica, una parte crescente dell’infrastruttura finanziaria digitale globale si sta costruendo intorno alla valuta americana, mentre l’euro resta spettatore.

Il nodo Treasury: cosa succede se tutti vendono

Per sostenere la parità con il dollaro, i grandi emittenti di stablecoin hanno riempito i propri portafogli di titoli di Stato Usa a breve termine. Negli ultimi trimestri gli acquisti netti si sono misurati in decine di miliardi: un ruolo che avvicina queste società, per dimensione, ai grandi investitori istituzionali globali.

Lo scenario che preoccupa la Bce è quello in cui, per un qualche shock – una crisi di fiducia, un problema normativo, un incidente di mercato – gli investitori decidano in massa di convertire le loro stablecoin in dollari “veri”. Gli emittenti, per restituire la liquidità, sarebbero costretti a liquidare rapidamente le riserve, scaricando sul mercato pacchetti consistenti di Treasury. Una “pioggia di vendite” che potrebbe alimentare tensioni sui tassi e sulla liquidità proprio nel cuore del sistema finanziario mondiale.

La conseguenza non resterebbe confinata oltre Atlantico: tassi americani più instabili, movimenti violenti sui rendimenti e sui flussi di capitale si tradurrebbero in turbolenze sul mercato globale, con effetti indiretti anche su banche e investitori europei. È questo il potenziale “effetto contagio” che Francoforte vuole prevenire.

Banche sotto pressione e fuga dai depositi

Un altro fronte sensibile è quello delle banche. Se le stablecoin diventano abbastanza grandi e percepite come sicure, possono attirare liquidità oggi ferma sui conti correnti. Per i risparmiatori può sembrare un dettaglio: spostare fondi dall’app bancaria a un’app crypto. Per gli istituti di credito, però, è una questione di finanziamento.

La Bce avverte che una crescita significativa delle stablecoin potrebbe alimentare deflussi strutturali dai depositi, riducendo una delle principali fonti di raccolta per il sistema bancario europeo. Meno depositi significa più dipendenza dai mercati all’ingrosso, maggiore volatilità e, nei casi estremi, difficoltà nella concessione del credito. In un contesto di tassi già in movimento, non è un rischio da sottovalutare.

Non a caso il mondo bancario continua a tenere le distanze. Il presidente di una grande associazione di categoria ha sintetizzato la linea prudente con una frase destinata a restare: “Le stablecoin non sono moneta, sono scommesse: e le banche serie dal tavolo del gioco d’azzardo restano lontane”, ha osservato, sottolineando come il confine fra innovazione e azzardo vada tracciato con estrema chiarezza.

Europa fra MiCAR, arbitraggio e rischio fuga

L’Unione europea ha iniziato a giocare d’anticipo con il regolamento MiCAR, che introduce un quadro organico per cripto-asset e stablecoin. Ma la stessa Bce riconosce che il puzzle normativo globale è ancora lontano dal chiudersi: le differenze con le regole di altre giurisdizioni, ad esempio quelle statunitensi, creano spazio per arbitraggio regolamentare.

Se l’accesso al mercato europeo fosse percepito come più severo, gli emittenti potrebbero tendere a strutturarsi attraverso veicoli esteri meno vigilati, continuando però a offrire i loro token ai cittadini dell’Ue. Il rischio, in questo scenario, è di ritrovarsi con riserve insufficienti a coprire i riscatti e di dover fronteggiare, in caso di crisi, una fuga di massa dagli strumenti denominati in euro senza poter intervenire con la stessa efficacia.

L’euro digitale come risposta strategica

Per Francoforte, la risposta non può essere soltanto difensiva. Accanto alle regole, la Bce sta lavorando al progetto di euro digitale, una forma di moneta di banca centrale accessibile al pubblico in formato elettronico. L’idea è offrire un’alternativa sicura e pienamente garantita all’uso di monete private, senza rinunciare alle potenzialità della tecnologia.

Nel mirino ci sono anche la tokenizzazione degli asset finanziari e l’uso delle tecnologie di registro distribuito per modernizzare il mercato dei capitali europeo. Se una quota crescente dei risparmi si muoverà su piattaforme digitali, l’Europa vuole evitare che l’infrastruttura sia controllata solo da operatori extra-Ue e ancorata quasi esclusivamente al dollaro.

Innovazione sì, ma con cintura di sicurezza

Il quadro che emerge è tutt’altro che di rifiuto ideologico. La Bce non nega che le stablecoin possano avere una funzione tecnica: sono un ponte semplice per spostare fondi dentro e fuori dall’ecosistema crypto senza convertire continuamente in valuta tradizionale, e possono ridurre attriti e costi in alcuni segmenti di mercato.

Ma l’istituzione monetaria è altrettanto chiara nel definire le condizioni: solidità delle riserve, supervisione reale, regole antiriciclaggio applicate e un perimetro di utilizzo che non mini la sovranità monetaria. La linea di fondo è che la stabilità finanziaria è un bene pubblico e non può essere delegata a pochi operatori privati che gestiscono centinaia di miliardi in titoli di Stato.

Chi detta il tempo della finanza digitale

La domanda finale, in filigrana, è politica ed economica insieme: chi governerà l’infrastruttura della finanza digitale globale? Se le stablecoin continueranno a crescere negli attuali equilibri, con un dominio quasi assoluto del dollaro e una concentrazione estrema degli emittenti, sarà questo piccolo gruppo di soggetti a dettare, nei momenti di crisi, il ritmo delle vendite sui mercati e dei flussi di capitale.

L’Europa ha cominciato a muoversi, ma il tempo non è infinito. Servono regole effettive, un disegno chiaro per l’euro digitale, un ruolo attivo delle banche e un’educazione finanziaria che aiuti cittadini e imprese a capire che dietro la parola “stabile” può nascondersi un rischio sistemico. Perché, come ha sintetizzato un funzionario di vigilanza, “se lasciamo che siano le stablecoin a scegliere il momento di tirare il freno, il sistema arriverà già in curva troppo veloce”.

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