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Blair escluso dal board per Gaza: il veto del mondo arabo pesa sul piano di pace di Trump

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Blair escluso dal board per Gaza: il veto del mondo arabo pesa sul piano di pace di Trump

Tony Blair non entrerà nel nuovo “consiglio di pace” immaginato da Donald Trump per la gestione del dossier Gaza. L’ex premier britannico era stato l’unico nome indicato pubblicamente dall’inquilino della Casa Bianca quando, a settembre, aveva presentato il suo piano in 20 punti per spegnere il conflitto tra Israele e Hamas. Ma quella candidatura, mai formalizzata, si è dissolta nelle ultime ore sotto il peso del no compatto dei Paesi arabi e musulmani.

Blair escluso dal board per Gaza: il veto del mondo arabo pesa sul piano di pace di Trump

Secondo il Financial Times, il veto non è negoziabile: le cancellerie della regione rifiutano qualsiasi ruolo di Blair nel processo di pacificazione. La ragione è profondamente politica e anche storica. Blair resta, agli occhi di molti governi arabi, uno dei principali responsabili della devastante invasione dell’Iraq del 2003 accanto a George W. Bush. Una guerra presentata come intervento “liberatorio”, ma presto percepita come un terremoto geopolitico che ha destabilizzato l’intero Medio Oriente. Il suo nome, per la regione, non evoca fiducia: evoca ferite ancora aperte.

La diplomazia americana costretta a ripensare il progetto
Il risultato è un fallimento anticipato per la Casa Bianca, che puntava su una figura di esperienza, conosciuta nelle capitali occidentali e negli organismi multilaterali. Ma quell’esperienza, nell’arena mediorientale, si è trasformata in un marchio problematico. Washington dovrà ora trovare un profilo in grado di essere accettato tanto da Israele quanto dai Paesi arabi; un compito già difficilissimo prima ancora di cominciare.

Un segnale politico che pesa anche sul piano di pace
Il veto su Blair è più di un incidente procedurale. Indica la fragilità di un progetto che vorrebbe riportare gli Stati Uniti al centro della mediazione mediorientale, ma che sconta diffidenze radicate. La scelta dei garanti del processo non è un dettaglio: è il fondamento della legittimità del piano stesso. Se il mondo arabo respinge uno dei nomi più vicini a Washington e Londra, significa che la partita diplomatica sarà molto più tortuosa del previsto.

Il Medio Oriente non dimentica e non assolve
L’ombra dell’Iraq del 2003 continua a proiettarsi sul presente. Blair, che in Occidente è spesso percepito come un negoziatore esperto, nel mondo arabo è ancora sinonimo di interventismo e destabilizzazione. E nel momento in cui si tenta di costruire una road map per Gaza, il passato torna a pesare come un macigno.

Per Trump, la mancata nomina è un ostacolo simbolico ma significativo. Per il Medio Oriente, è un messaggio politico netto: il processo di pace dovrà passare attraverso figure che non incarnino antichi errori. Per Blair, la conferma che la sua eredità in Iraq continua a essere il limite più grande della sua diplomazia.

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