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Cina, la crescita in affanno: quando l’economia frena la potenza

- di: Redazione
 
Cina, la crescita in affanno: quando l’economia frena la potenza

La Cina registra segnali di rallentamento: produzione industriale e vendite al dettaglio arretrano oltre le attese. L’obiettivo ufficiale di crescita intorno al 5% rischia di trasformarsi in un miraggio. La fiducia dei consumatori è bassa, la spesa interna stagnante. Il modello di sviluppo cinese, basato su investimenti e capacità manifatturiera, fatica a reggere di fronte al combinato di crisi immobiliare, invecchiamento della popolazione e tensioni internazionali.

Cina, la crescita in affanno: quando l’economia frena la potenza

Per decenni, Pechino ha promosso la domanda esterna come motore di espansione. Oggi cerca di convertire l’economia verso il consumo interno, ma il passaggio non decolla. Le famiglie, colpite dalla precarietà del lavoro e dall’incertezza del futuro, risparmiano più di quanto spendano. Il calo delle vendite al dettaglio riflette non solo difficoltà momentanee, ma un problema strutturale: la società cinese non si percepisce come sicura, e quindi non consuma.

La logica del potere centrale
Il Partito comunista interpreta i dati non come un campanello d’allarme economico, ma come un rischio politico. La stabilità interna è la condizione primaria della proiezione esterna. Se la crescita rallenta, la legittimità del potere viene intaccata. Xi Jinping insiste sulla necessità di “resilienza” e “autonomia tecnologica”, traduzione economica di una strategia di sicurezza nazionale. L’obiettivo è trasformare la debolezza congiunturale in occasione per accelerare il controllo politico e industriale.

Le implicazioni geopolitiche

Il rallentamento cinese non è un fatto isolato. Per l’Occidente, significa margini di manovra maggiori nella competizione globale. Una Cina in difficoltà potrebbe cercare compromessi, ma più probabilmente raddoppierà gli sforzi per rafforzare legami alternativi: Russia, Asia centrale, Africa. Gli Stati Uniti leggono i dati come segnale che la strategia di contenimento tecnologico e commerciale sta producendo effetti. Ma sottovalutare la capacità di adattamento cinese sarebbe un errore già compiuto in passato.

Il nodo immobiliare e la fragilità finanziaria
La crisi del settore immobiliare resta la ferita più profonda. Colossi indebitati, progetti incompiuti, cittadini che vedono evaporare i propri risparmi. Il comparto edilizio non è solo economia, ma anche collante sociale: per milioni di famiglie, la casa rappresenta sicurezza e status. La sua fragilità mina la fiducia generale, alimentando la prudenza dei consumatori e la sfiducia degli investitori.

Un equilibrio instabile
La Cina punta ufficialmente al 5% di crescita, ma dietro le statistiche ufficiali si intravede un equilibrio instabile. La macchina produttiva continua a generare surplus, ma senza domanda interna sufficiente e con mercati esterni più chiusi, la potenza esportatrice rischia di incepparsi. Questo rallentamento non annuncia un declino immediato, bensì una transizione difficile: dalla crescita illimitata al consolidamento politico ed economico.

Potenza frenata ma non ridimensionata

Il rallentamento economico riduce la capacità cinese di apparire modello alternativo al capitalismo occidentale. Tuttavia, non ridimensiona automaticamente la sua potenza. Una Cina che cresce meno può essere più aggressiva sul piano strategico, compensando con geopolitica ciò che perde in economia. È questa la lezione che il mondo deve tenere presente: la frenata non segna la fine dell’ascesa, ma una sua mutazione.

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