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Commissioni parlamentari, tutto cambia per restare com'è: i presidenti restano al loro posto, la politica evita lo scontro

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Commissioni parlamentari, tutto cambia per restare com'è: i presidenti restano al loro posto, la politica evita lo scontro

Il rinnovo delle commissioni parlamentari, avvenuto il 10 giugno, ha prodotto un risultato già scritto: tutti i presidenti uscenti sono stati confermati. Nessun cambio al vertice, nessuna sorpresa nei meccanismi interni. In una fase in cui il dibattito pubblico sembra dominato da richieste di rinnovamento, la politica parlamentare ha scelto la via della stabilità.

Commissioni parlamentari: i presidenti restano al loro posto, la politica evita lo scontro

Le ragioni sono molteplici, e intrecciano logiche di potere, esigenze di equilibrio tra correnti interne ai partiti e, non ultimo, la gestione di indennità e risorse economiche aggiuntive. La conferma dei presidenti diventa così il simbolo di un sistema che preferisce la continuità all'incertezza, l'accordo silenzioso al confronto aperto.

Chi resta e perché: dietro le scelte

La riconferma di figure come Giuseppe Mangialavori, alla guida della commissione Bilancio del Senato, e di Federico Mollicone, presidente della Cultura alla Camera, dimostra quanto il sistema delle commissioni risponda a logiche di solidità più che di specializzazione tecnica. Le critiche rivolte al primo per la sua formazione non economica e le tensioni interne al partito del secondo non sono bastate a produrre un cambio. Il messaggio che arriva è chiaro: i ruoli ottenuti vanno difesi, e le alleanze costruite intorno a quei ruoli valgono più di ogni rimpasto auspicato. Il centrodestra ha gestito la partita con rigore, evitando scivoloni. La distribuzione delle presidenze – otto a Fratelli d’Italia, tre a Forza Italia e due alla Lega alla Camera, e proporzioni simili al Senato – riflette la forza numerica della coalizione, ma anche la volontà di non aprire fronti interni.

Movimenti minori nei ruoli interni

Se le presidenze restano invariate, qualche rotazione si è registrata tra vicepresidenti e segretari. Alla Camera, nove deputati hanno assunto nuovi incarichi all’interno delle commissioni, tra cui Enrico Costa (Forza Italia) e Vinicio Peluffo (Partito Democratico), mentre al Senato le modifiche sono state sei. Si tratta di movimenti tattici, pensati più per mantenere bilanciamenti interni che per incidere sull’indirizzo politico dei lavori. Anche queste scelte, come quelle sui vertici, si spiegano con la volontà di evitare fratture in una fase in cui la tenuta del governo e la compattezza dei partiti al potere sono elementi centrali nella costruzione della narrazione politica.

Le commissioni come luoghi di potere sommerso

Al di là delle apparenze, le commissioni parlamentari restano centri nevralgici nella costruzione del potere. È lì che si discutono e si rielaborano i testi legislativi, che si fissano le priorità, che si esercita concretamente l’influenza su tempi e contenuti delle leggi. Per questo le presidenze sono oggetto di contesa silenziosa e trattative complesse. Non solo danno accesso a benefit economici – circa 1.500 euro netti in più al mese – ma consentono di gestire risorse e personale. Un sistema nel sistema, con regole informali che pesano quanto quelle formali. Nessuna delle forze politiche in campo ha avuto interesse, stavolta, a metterle in discussione.

Una fotografia del Parlamento e delle sue inerzie

Il rinnovo delle commissioni avrebbe potuto essere occasione per ridisegnare spazi, aprire a nuove competenze, dare un segnale di discontinuità. Si è trasformato, invece, in una riconferma collettiva, utile a cristallizzare le posizioni esistenti. In un Parlamento che già fatica a imporsi nel dibattito pubblico, anche i segnali di vita istituzionale tendono a spegnersi sotto il peso delle abitudini. Il potere, quando è in equilibrio, raramente si muove da solo. E mentre l’Italia affronta sfide che richiederebbero slancio e visione, il palcoscenico delle commissioni continua a recitare un copione consolidato, dove il rinnovamento è solo nella forma.

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