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Reshoring all’italiana: tasse dimezzate per chi torna a produrre

- di: Bruno Legni
 
Reshoring all’italiana: tasse dimezzate per chi torna a produrre
Il vice ministro rilancia da Manduria: dieci anni di sconti fiscali per chi investe. Ma l’ombra dei dazi e l’attesa dell’ok Ue frenano la corsa.

Il ritorno del manifatturiero passa da Manduria

Dalla cornice barocca del Forum in Masseria a Manduria, in provincia di Taranto, arriva un messaggio chiaro: l’Italia vuole attrarre chi investe, riportare produzione nel Paese e rendersi finalmente “piattaforma industriale” d’Europa. Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, intervenuto oggi 5 luglio all’evento organizzato da Bruno Vespa, ha illustrato la strategia del governo per incentivare il reshoring, cioè il rientro delle imprese produttive dall’estero.

“Siamo in trattativa con la Commissione europea per introdurre un’agevolazione fiscale molto forte: un dimezzamento dell’imponibile per dieci anni per chi decide di trasferire impianti e attività in Italia”, ha spiegato Leo ai giornalisti, parlando di una “riduzione del reddito del 50% su cui applicare l’aliquota ordinaria”. L’obiettivo è trattenere chi c’è, riportare chi è partito e attrarre nuovi player industriali da fuori Ue.

Il numero di aziende con capitale estero è aumentato del 23% nell’ultimo biennio, con una netta prevalenza di investimenti produttivi nel Nord e nel Centro-Sud ad alto potenziale logistico.

Dieci anni di vantaggi fiscali e una promessa: meno burocrazia

Il viceministro ha sottolineato che l’incentivo non è solo fiscale. “Chi sceglie l’Italia troverà un contesto più semplice e snello: la riforma che stiamo portando avanti si basa sulla semplificazione e sulla riduzione della pressione fiscale”, ha detto Leo. Una promessa ripetuta spesso, ma che stavolta è accompagnata da un orizzonte concreto: entro fine anno dovrebbe essere varata la revisione organica dell’Irpef e dell’Ires.

Il piano sul reshoring è in linea con la Strategia nazionale per l’autonomia industriale, che prevede agevolazioni per le filiere ad alta tecnologia, la logistica green e la manifattura avanzata.

Ma i dazi frenano l’entusiasmo: lo spettro di Trump pesa sull’Ue

Se da un lato Leo mostra ottimismo sulle politiche interne, dall’altro le sue parole si fanno improvvisamente caute sullo scenario internazionale. Riguardo alla questione dei dazi, il viceministro si è limitato a dire: “Spero che si risolva nel modo che auspichiamo. Ma è una valutazione che spetta alle nostre strutture”.

Un linguaggio prudente, che riflette le tensioni tra Bruxelles e Washington. I colloqui tra rappresentanti della USTR e funzionari della Dg Trade europea sono ripresi, ma con risultati ancora interlocutori.

Tra i temi più spinosi: i dazi americani sui veicoli elettrici europei, i limiti alle forniture high-tech e le tensioni sulle regole d’origine negli appalti pubblici. L’Italia teme che una nuova ondata protezionista possa vanificare gli sforzi di rilancio produttivo.

Reshoring: perché l’Italia ora piace di più agli investitori

Nonostante l’incertezza geopolitica, il Paese sta attirando attenzione. Non solo da multinazionali americane ed europee, ma anche da imprenditori italiani rientrati dall’estero.

“I numeri dei residenti all’estero che investono in Italia sono molto importanti”, ha dichiarato Leo. Le regioni più attrattive? Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana, ma anche Puglia e Abruzzo fanno segnare numeri in crescita. Complice, oltre agli incentivi, lo sviluppo infrastrutturale legato al PNRR, che ha potenziato interporti, ferrovie e zone logistiche semplificate.

Lo stesso Forum si è svolto a pochi chilometri dalla ZES Adriatica, una delle aree più dinamiche in termini di reindustrializzazione.

Criticità: pochi giovani, troppa incertezza, mancano le competenze

L’Italia resta però un Paese difficile per chi fa impresa. A fronte della nuova attrattività fiscale e logistica, rimangono incognite strutturali: giustizia civile lenta, formazione tecnica carente e carenza di lavoratori qualificati.

Il 48% delle imprese segnala difficoltà nel reperire figure specializzate, con picchi in Ict, meccanica avanzata e logistica.

entro il 2030 l’Italia perderà oltre 1 milione di lavoratori tra 25 e 49 anni, soprattutto al Sud, dove l’emigrazione giovanile continua a impoverire le prospettive industriali.


Serve una strategia europea, non solo nazionale

Il tentativo italiano, per quanto ambizioso, rischia di rimanere isolato se non accompagnato da un quadro normativo comune in sede Ue.

“Senza una vera politica industriale europea, ogni Paese andrà in ordine sparso. E a farne le spese sarà la competitività del continente intero”, ha scritto il presidente di Confindustria Emanuele Orsini.

Il governo italiano ha avviato il confronto formale con la Commissione per rendere strutturale l’incentivo decennale al reshoring. Ma serve il via libera europeo, perché ogni vantaggio fiscale deve rispettare le regole sugli aiuti di Stato.

Tra speranza e realismo

L’Italia gioca la sua partita su più tavoli: quello interno, con la riforma fiscale; quello europeo, con le trattative su reshoring e dazi; e quello globale, con una nuova guerra commerciale all’orizzonte.

La cornice è quella del Forum in Masseria, ma la posta in gioco è continentale. Se le promesse si trasformeranno in misure concrete, l’Italia potrebbe davvero tornare a essere una fabbrica attraente. Ma senza coesione europea e visione strategica, ogni reshoring rischia di diventare solo un ritorno a metà.

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