Un prototipo segreto, ex ingegneri ASML, obiettivo autonomia: la guerra dei semiconduttori entra nella fase più delicata.
(Foto: operatori di una macchina EUV - Extreme Ultraviolet -)
Dentro il laboratorio: un prototipo che accende la luce giusta, ma non ancora i chip
In un settore dove contano i dettagli invisibili, la notizia che fa rumore è una: la Cina starebbe testando un
prototipo di macchina EUV (Extreme Ultraviolet) in un impianto ad alta sicurezza a Shenzhen.
Secondo una ricostruzione di Reuters, il sistema è riuscito a generare luce EUV,
un passaggio necessario (ma non sufficiente) per arrivare ai chip più avanzati usati in AI, smartphone di fascia alta
e applicazioni militari.
Il punto chiave, però, è proprio quel “non sufficiente”: sempre Reuters riferisce che il prototipo
non avrebbe ancora prodotto semiconduttori funzionanti. In altre parole: la lampadina si accende, ma la catena
industriale completa — precisione, resa, affidabilità, integrazione di sottosistemi — è un’altra montagna da scalare.
Perché l’EUV è il “collo di bottiglia” del pianeta
La litografia EUV è il passaggio che consente di incidere strutture minuscole con una “luce” estremamente corta.
È la tecnologia che, negli ultimi anni, ha segnato il confine tra chi progetta chip avanzati e chi può davvero
fabbricarli su scala.
Oggi il mercato EUV è sostanzialmente un monologo: ASML (Paesi Bassi) è l’unico fornitore di queste macchine.
Ed è qui che la geopolitica entra in scena: l’export verso la Cina dei sistemi EUV è stato bloccato da anni, in un quadro
di pressioni e controlli rafforzati da Stati Uniti e alleati.
Il “Manhattan Project” cinese: segretezza, rete di attori e regia industriale
Reuters descrive l’iniziativa come un progetto nazionale ad alta priorità, con caratteristiche da programma “speciale”:
compartimentazione, sicurezza, reclutamento mirato e coordinamento industriale. Alcune fonti lo paragonano, in modo evocativo,
a un “Manhattan Project”, richiamando lo sforzo collettivo e riservato che accelerò i programmi strategici statunitensi
nel secolo scorso.
Nel racconto, Huawei emerge come perno: non solo come grande player tecnologico, ma come attore capace di
mettere insieme pezzi diversi — ricerca, supply chain domestica, talenti, fabbriche partner — dentro un disegno coerente.
Non è un dettaglio: quando un Paese non può comprare una tecnologia, spesso prova a “comprare” competenze e tempo.
Ex ASML, alias e reverse engineering: la frontiera grigia della competizione
Uno degli elementi più controversi riportati da Reuters è il coinvolgimento di ex ingegneri ASML, in parte di origine cinese,
e la ricostruzione di procedure di lavoro in ambienti dove la riservatezza è una regola operativa.
In alcune ricostruzioni riprese anche da testate tecnologiche che rilanciano Reuters, si parla di personale che avrebbe usato
identità non riconducibili per ridurre l’esposizione del progetto.
Qui la questione diventa doppia: quanto è replicabile una macchina composta da decine di migliaia di componenti,
tolleranze estreme e forniture iper-specializzate? E quanto l’accesso a know-how umano può accorciare una distanza
che, fino a ieri, veniva descritta come “di molti anni”?
La sfida tecnica: non basta il plasma, servono ottiche, meccanica e una fabbrica di precisione
Dal punto di vista ingegneristico, il cuore “spettacolare” dell’EUV è spesso raccontato così: un laser colpisce gocce di stagno,
generando un plasma che emette radiazione EUV. Ma il vero incubo industriale sta nel resto:
ottiche capaci di gestire lunghezze d’onda estreme, sistemi di allineamento ultra-precisi, vibrazioni ridotte al minimo,
contaminazione sotto controllo, software e sensori che lavorano come un’orchestra.
Reuters indica tra i punti difficili proprio le ottiche di altissima qualità, dove l’ecosistema occidentale è storicamente forte.
E non è solo “una lente”: sono catene di fornitura, standard, materiali, metrologia e processi che richiedono anni per maturare.
Le date che contano: 2028 (ufficiale) e 2030 (realistico)
Nella tabella di marcia citata da Reuters, la Cina avrebbe come obiettivo dichiarato una capacità operativa attorno al
2028, mentre all’interno del progetto circolerebbe una stima più prudente verso il 2030.
In ogni caso, sarebbe una finestra temporale più rapida di quanto molti analisti si aspettassero fino a poco tempo fa.
Traduzione pratica: anche se il prototipo di oggi è “solo” un grande dimostratore, la partita vera si gioca su
industrializzazione, rendimento produttivo e capacità di fare manutenzione e upgrade senza dipendere da fornitori esteri.
Il paradosso delle sanzioni: blocchi l’EUV, acceleri l’autonomia
Le restrizioni hanno un obiettivo chiaro: rallentare l’accesso della Cina ai nodi più avanzati e alla capacità di produrre chip
adatti a supercalcolo e AI. Gli Stati Uniti hanno impostato un quadro di controlli a partire dal pacchetto dell’
ottobre 2022, poi aggiornato con ulteriori regole e chiarimenti nel 2023 (BIS, 2022–2023).
I Paesi Bassi hanno esteso e rafforzato i propri vincoli su strumenti avanzati nel 2023 e ancora nel 2024
(governo olandese; comunicazioni ASML).
Ma esiste un effetto collaterale: quando un “chokepoint” diventa esplicito, un Paese con risorse e urgenza strategica
può trasformarlo in un programma nazionale. È l’idea che attraversa molte analisi: le sanzioni rallentano,
ma possono anche concentrare investimenti, talenti e priorità.
Nel frattempo, la Cina “spreme” il DUV: la scorciatoia costosa
Anche senza EUV, la produzione può avanzare con litografia DUV spinta al limite, usando tecniche come il
multi-patterning (più passaggi per ottenere dettagli più fini). È una via percorribile, ma aumenta costi,
complessità e può peggiorare la resa.
Un’inchiesta del Financial Times descrive un’altra dinamica: l’upgrade di macchine ASML meno avanzate
già presenti in Cina, con interventi su componenti e procedure per migliorare le prestazioni entro i vincoli delle licenze.
ASML, nello stesso contesto, ha ribadito di operare nel rispetto delle regole applicabili (FT, 19 dicembre 2025).
Che cosa cambia davvero: tre scenari possibili
1) Il prototipo resta un “mostro da laboratorio”
È lo scenario conservativo: la Cina dimostra di saper generare EUV, ma non riesce a trasformare il prototipo in una piattaforma
affidabile per linee produttive. Risultato: resta dipendente da DUV e da strategie alternative.
2) Arriva un’EUV “sufficiente” per alcuni chip
Non serve battere ASML su tutto per cambiare gli equilibri. Basterebbe una macchina capace di produrre volumi limitati,
su nodi strategici, per ridurre vulnerabilità e costruire una filiera nazionale per settori sensibili.
3) Effetto domino sulla geopolitica della supply chain
Se Pechino si avvicina davvero a una EUV domestica, aumenterà la pressione su alleati e fornitori occidentali: più controlli,
più verifiche, più “guerra dei dettagli”. E, in parallelo, più investimenti su alternative e sostituzioni domestiche.
Una cosa è certa: la “guerra dei chip” non è più solo commerciale
L’EUV è l’emblema di un mondo dove tecnologia e sicurezza nazionale si sovrappongono. Ed è anche un promemoria:
quando la politica prova a fermare la tecnologia, spesso ottiene un risultato diverso da quello atteso —
la trasforma in priorità assoluta.