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Diesel Euro 5, da ottobre scatta il blocco alla circolazione: le città coinvolte, chi si ferma e le regole in vigore

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Diesel Euro 5, da ottobre scatta il blocco alla circolazione: le città coinvolte, chi si ferma e le regole in vigore

Dal primo ottobre 2025 scatteranno i divieti di circolazione per le auto diesel Euro 5 in diverse zone della Pianura Padana. Si tratta di un’area sottoposta da anni a monitoraggio da parte dell’Unione Europea per il superamento dei livelli di inquinamento atmosferico. Le regioni coinvolte sono Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.

Diesel Euro 5, da ottobre scatta il blocco alla circolazione: le città coinvolte, chi si ferma e le regole in vigore

Le limitazioni riguarderanno inizialmente i Comuni con più di 30.000 abitanti e seguiranno regole diversificate a seconda del territorio. Il blocco risponde a due sentenze della Corte di Giustizia Ue, che hanno certificato il mancato rispetto degli obblighi in materia di qualità dell’aria. Il provvedimento è uno degli effetti del decreto-legge 121/2023, convertito dal governo Meloni e già al centro di tensioni nella maggioranza.

Chi si ferma e quando: i dettagli territoriali

Le auto diesel Euro 5 – omologate tra il 2009 e il 2015 – saranno le prime a dover fermarsi. In Lombardia il blocco sarà permanente nei giorni feriali dalle 7:30 alle 19:30. In Piemonte le restrizioni scatteranno dal 1° ottobre 2025 al 15 aprile 2026 e poi ogni anno dal 15 settembre al 15 aprile. In Veneto sarà attivo h24 nella stagione invernale, mentre in Emilia-Romagna il calendario andrà dal 1° ottobre al 30 marzo. La misura, al momento, si applica solo ai centri sopra i 30.000 abitanti ma potrebbe essere estesa in fasi successive. Restano esclusi i giorni festivi e le fasce orarie notturne. La circolazione sarà sempre vietata anche per i veicoli a targa estera non conformi alle stesse soglie.

Quanti veicoli coinvolti e come verificarli

Secondo i dati più recenti, in Italia circolano circa 3,7 milioni di auto diesel Euro 5, pari all’8,8% del parco veicoli nazionale. Le sanzioni previste vanno da 168 a 679 euro, con la possibilità, in caso di recidiva, della sospensione della patente per un periodo compreso tra 15 e 30 giorni. Per sapere se il proprio veicolo rientra nelle categorie bloccate, è possibile consultare il libretto di circolazione oppure utilizzare i portali ufficiali del Ministero dei Trasporti. La differenza tra Euro 5 e Euro 6, in termini di emissioni di ossidi di azoto (NOx), è significativa: 180 mg/km contro i 60 consentiti oggi per le vetture diesel di ultima generazione. Il dato è uno degli elementi che ha spinto Bruxelles a chiedere un intervento strutturale.

Le tensioni nella maggioranza e le modifiche possibili

Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha annunciato l’intenzione di presentare un emendamento per rinviare l’entrata in vigore del blocco, denunciando un impatto economico e sociale eccessivo per lavoratori e famiglie del Nord. La misura, già firmata a livello interministeriale, potrebbe però essere applicata a prescindere dalle modifiche parlamentari, soprattutto nei territori che decidano di muoversi autonomamente. Il centrodestra si spacca tra le istanze ambientali portate avanti da una parte di Forza Italia e le resistenze del mondo produttivo rappresentate da Lega e Fratelli d’Italia. Le regioni, intanto, procedono con l’attuazione dei Piani di qualità dell’aria e valutano deroghe o esenzioni tramite il sistema Move-In, che consente deroghe a chilometraggio controllato con l’installazione di una scatola nera a bordo.

Una transizione difficile tra ambiente e diritti sociali

Il blocco dei diesel Euro 5 si inserisce in un contesto europeo di accelerazione verso la neutralità climatica, ma mostra anche la fragilità della transizione in un Paese dove il trasporto privato resta centrale, specie fuori dalle aree metropolitane. I Comuni interessati dovranno accompagnare il provvedimento con investimenti in mobilità sostenibile, incentivi per la sostituzione del parco auto e servizi alternativi per i pendolari. Senza misure compensative, il rischio è una frattura tra territori più pronti alla conversione ecologica e zone dove il blocco potrebbe trasformarsi in penalizzazione sociale. Il successo della misura, più che dalla sua rigidità, dipenderà dalla capacità delle istituzioni di guidare il cambiamento, non subirlo.

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