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Inflazione eurozona 2,1 % ad ottobre: nuove incognite per la Bce

- di: Bruno Legni
 
Inflazione eurozona 2,1 % ad ottobre: nuove incognite per la Bce

Rallenta la corsa dei prezzi nell’area euro, ma i servizi frenano poco e restano un allarme per Francoforte.

(Foto: la presidente della Bce, Christine Lagarde).

L’inflazione dell’area euro si ferma al 2,1 % nel dato definitivo di ottobre, in lieve calo rispetto al mese precedente. Nell’Unione Europea il valore si attesta invece al 2,5 %. Gli analisti leggono il dato come un segnale di raffreddamento, ma non di pieno rientro: il quadro è più sfaccettato di quanto il numero principale lasci immaginare.

La struttura dell’inflazione: servizi ancora troppo alti

La vera criticità resta nei servizi, cresciuti al 3,4 %. Un incremento di questa componente – che include turismo, trasporti, alberghi e buona parte dei consumi non comprimibili – è considerato dagli economisti un indice di inflazione “appiccicosa”, cioè difficile da smaltire. L’energia resta invece in territorio negativo, mentre alimentari, alcolici e tabacchi mostrano una normalizzazione più rapida.

Paesi a confronto: Italia tra i più stabili

L’Italia si conferma tra i Paesi con la crescita dei prezzi più contenuta: 1,3 %, meglio di Francia e vicinissima ai valori di Cipro, che rimane in fondo alla classifica con appena lo 0,2 %. All’opposto, la Romania supera l’8 %, seguita da altre economie dell’Est Europa. Nel complesso, quindici Stati membri registrano un rallentamento, tre rimangono stabili e nove segnano un rialzo.

Le mosse della Bce: prudenza obbligata

Il dato di ottobre sposta qualcosa, ma non abbastanza: per la Banca centrale europea, il rischio di tagliare i tassi troppo presto resta concreto. I settori più caldi, come i servizi, offrono infatti ancora motivi di cautela. Un economista europeo ha osservato che «la ripresa dei prezzi nei servizi può offrire argomenti alle posizioni più restrittive».

Le ultime riunioni hanno confermato una linea ferma: tassi invariati e prudenza. L’obiettivo del 2 % è vicino, ma non centrato in modo duraturo. I membri più “falchi” del board insistono sul fatto che la core inflation – l’inflazione depurata dagli elementi più volatili – resta sopra il livello di sicurezza e non mostra ancora un rallentamento deciso.

L’impatto sull’Italia e sui consumatori

L’inflazione bassa è generalmente una buona notizia, ma non è priva di effetti collaterali. Per l’Italia la dinamica dei prezzi contenuta può significare un sollievo per le famiglie, ma anche margini più stretti per le imprese e un possibile rallentamento dei salari reali. L’aumento dei servizi turistici e dei trasporti pesa ancora molto sul carrello della spesa.

Un osservatore del mercato ha sintetizzato la situazione con una frase efficace: «L’economia europea non mostra una fiammata dei prezzi, ma resta in bilico».

Prospettive: 2026 già nel mirino

Le previsioni aggiornate indicano un lento rientro dell’inflazione verso l’obiettivo nel corso del 2026, con eventuali oscillazioni legate alle tensioni geopolitiche e ai movimenti dei prezzi dell’energia. L’Europa potrebbe trovarsi in una fase di raffreddamento controllato, ma la volatilità dei servizi suggerisce prudenza.

Il rallentamento dell’inflazione è dunque un segnale positivo, ma non definitivo: la Bce resta in attesa di verificare se il trend si consoliderà o se richiederà nuove mosse nel 2026. Per l’Italia, un equilibrio fragile che impone monitoraggi continui e un’attenzione particolare ai consumi interni. 

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