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Filosa (Stellantis): rivedere i target CO₂ e salvare le auto piccole

- di: Bruno Legni
 
Filosa (Stellantis): rivedere i target CO₂ e salvare le auto piccole

L’industria automobilistica europea è a un bivio e Stellantis lo dice senza giri di parole: gli obiettivi Ue sulle emissioni sono giudicati troppo rigidi e vanno ricalibrati. La richiesta del gruppo guidato da Antonio Filosa è netta: più sostegno alle auto compatte, neutralità tecnologica e strumenti che accompagnino una transizione credibile, non punitiva. Il punto, sottolinea l’azienda, non è una frenata sugli impegni climatici, ma un atterraggio ordinato che eviti di sacrificare prezzi, lavoro e filiere.

(Foto: Antonio Filosa, Ceo di Stellantis).

Cosa ha detto Filosa

Filosa ha definito gli obiettivi attuali “insostenibili” per una parte rilevante del mercato, specie quello delle utilitarie, dove ogni euro conta e l’aumento dei costi rischia di tradursi in prezzi fuori portata o in modelli cancellati. Ha ribadito la necessità di incentivi mirati alle auto piccole ed efficienti e di regole che premino chi riduce davvero consumi ed emissioni, non solo chi adotta una singola tecnologia. Sui tempi, il manager chiede flessibilità applicativa e una fase-ponte che consenta alle aziende di investire senza bruciare competitività.

Inoltre, il ceo vede nella partita dei veicoli commerciali leggeri un banco di prova immediato: “Dobbiamo lavorare insieme su azioni strategiche urgenti, a partire dai veicoli commerciali”, afferma, ponendo l’accento su costi, autonomia e infrastrutture di ricarica.

Il contesto politico italiano: Urso e la filiera

Dal governo italiano arriva un sostegno esplicito alla linea di maggiore realismo. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso parla della necessità di “cambiare le regole europee per poter salvare l’industria dell’auto” e annuncia la riconvocazione del tavolo Automotive per fare il punto sugli investimenti nei singoli stabilimenti italiani. Il pacchetto in preparazione comprende misure dedicate alla componentistica, con un focus sulle Pmi e sulla loro capacità di reggere la trasformazione tecnologica.

Gli stabilimenti e i nuovi modelli

La strategia industriale in Italia ruota attorno a Melfi e Mirafiori. Dopo la DS 8 a Melfi, è attesa nell’anno la nuova Jeep Compass sempre nello stabilimento lucano; a Torino Mirafiori è in rampa la Fiat 500 ibrida. Per il Nord America, dove la quota è scesa negli ultimi anni, Stellantis punta sul rilancio di prodotto: Ram con motore Hemi (con ordini significativi nelle prime settimane), Dodge Charger e il ritorno della Jeep Cherokee. L’azienda individua qui il primo volano di crescita, con l’obiettivo dichiarato di migliorare gli indicatori finanziari trimestre dopo trimestre.

Mercato in rallentamento e concorrenza globale

L’Europa sta scontando un calo della domanda rispetto ai picchi pre-pandemia e un differenziale competitivo rispetto a Stati Uniti e Cina nelle batterie, nelle materie prime e nell’elettronica di potenza. Il rischio, se non si calibra la traiettoria, è un’uscita di scena delle auto piccole o un loro rincaro strutturale. Al tempo stesso, la corsa a una sola soluzione (elettrico “puro”) senza un’infrastruttura adeguata può creare un divario territoriale tra aree con colonnine diffuse e aree ancora scoperte.

I cinque rischi da evitare

Primo: scaricare i costi sulle vetture d’ingresso, facendo sparire un intero segmento. Secondo: comprimere margini e investimenti, con effetti su occupazione e stabilimenti. Terzo: spingere l’elettrico oltre la domanda reale, alimentando scorte e sconti. Quarto: perdere terreno verso concorrenti sostenuti da politiche industriali più generose. Quinto: stressare la filiera della componentistica, soprattutto le Pmi, senza supporti mirati.

Perché Bruxelles spinge e dove si inceppa la macchina

Gli obiettivi climatici restano imprescindibili: tagliare la CO₂, migliorare la qualità dell’aria, ridurre la dipendenza energetica. La difficoltà è rendere coerenti i target con la realtà industriale: costi delle batterie ancora elevati, materie prime critiche, ritardi nelle infrastrutture di ricarica, differenze di potere d’acquisto tra Paesi membri. Da qui l’idea di una neutralità tecnologica che non contrapponga soluzioni, ma le faccia coesistere in un percorso di medio periodo.

Cosa potrebbe accadere adesso

Il dossier potrebbe sfociare in una riprogrammazione dei target o in clausole di flessibilità: finestre temporali più lunghe, incentivi alle auto piccole ed efficienti, sostegni fiscali alla filiera, e un’accelerazione su ricariche e produzione di batterie in Europa. In parallelo, si guarda a soluzioni ponte: ibridi più efficienti, evoluzione dei motori termici, carburanti alternativi. La chiave sarà calibrare strumenti che premino la riduzione effettiva di emissioni, non l’etichetta della tecnologia.

Il punto

La richiesta di Stellantis e del governo italiano punta a evitare che la transizione diventi un boomerang sociale e industriale. L’Europa ha tutto per guidarla: capacità ingegneristica, marchi forti, una filiera che può innovare. Ma servono tempi realistici, infrastrutture all’altezza e una politica industriale coerente con gli obiettivi climatici. Solo così la transizione non consumerà la sua ragione d’essere: un’auto più pulita, accessibile e davvero europea. 

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