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Elezioni 2022 - Mentre il centrosinistra è ancora un progetto, il centrodestra si prende la ribalta

- di: Diego Minuti
 
Elezioni 2022 - Mentre il centrosinistra è ancora un progetto, il centrodestra si prende la ribalta
Nella fluidità di questi giorni dello scenario politico, balzano evidenti un paio di cose. La prima è che il centrosinistra sta perdendo tempo in vista delle elezioni 2022, impaniato come è tra ipotesi, progetto, veti e ripicche; la seconda è che il centrodestra, approfittando dell'evaporata opposizione a sinistra, ha conquistato la ribalta mediatica. Che poi questo si traduca in un successo elettorale è presto per dirlo. Fatto sta che i titoli dei principali quotidiani non sono, come era un tempo, equamente divisi tra uno schieramento e l'altro, pendendo invece decisamente verso la coalizione con Meloni, Berlusconi e Salvini a fare da traino. Nessuna preferenza, nessun endorsement, ma la semplice constatazione che di centrosinistra si parla solo per quel che divide e non certo per progetti o programmi condivisi.

Elezioni 2022 - Mentre il centrosinistra è ancora un progetto, il centrodestra si prende la ribalta

A sinistra la ricerca di una piattaforma di idee da portare avanti insieme sembra un obiettivo lontano, perché i problemi appaiono altri, come mettere d'accordo personalità divergenti e conflittualità che andavano sotto traccia e che la crisi e, quindi, lo scioglimento delle Camera, ha fatto venire allo scoperto. È abbastanza palese che, nel centrosinistra, manca quel personaggio di spessore che, se proprio non riesca mettere tutti d'accordo, quanto meno possa fungere da elemento aggregante di una (presunta) alleanza che si sta distinguendo soprattutto per la rissosità, spesso inspiegabile se si pensa a quello che dovrebbe essere il comune obiettivo.

Ma forse questo viene considerato un aspetto secondario, rispetto all'obiettivo principale che sembra essere quello di conquistare visibilità oggi. Per il domani c'è evidentemente tempo.
Eppure, a guardare quello che accade, verrebbe da chiedersi come l'elettorato di riferimento giudica questa situazione di stallo, che dovrebbe destare preoccupazione perché, dall'altro lato, almeno ci sono state riunioni intorno ad uno stesso tavolo e non invece lanciandosi messaggi via giornali o social. Sembra di vedere, nel centro-sinistra, il remake del film ''Io so che tu sai che io so'', con frasi pronunciate a metà, con stoccate e bordate che sembrano non tenere conto della drammaticità del momento, ma soprattutto con veti che appaiono frutto di atteggiamenti bambineschi, con tanto di broncio.

Capiamoci: non è che nel centro-destra sia tutto rose e fiori, ma c'è stata una presa di consapevolezza che ci sono priorità da rispettare. Poi, per le beghe di bottega, c'è tempo, anche se il nodo dei candidati e di come debbano essere paracadutati nei collegi è ancora tutto da sciogliere. Come lo è stato formalmente quello del candidato premier, che sarà espresso dal partito che prenderà più voti, anche se è tornata a manifestarsi la voglia di Berlusconi di essere nuovamente determinante. E non gira certo intorno all'argomento dicendo che ''sarà Forza Italia ad indicare il premier perché io scendo in campo anche stavolta in una campagna elettorale, come ho fatto diverse volte, perché sento dentro forte il dovere di farlo''. Frasi ed affermazioni forti, che sembrano cozzare con l'evidenza dei fatti perché Forza Italia deve oggi confrontarsi con l'uscita dalle sue file di personalità di peso (per ultima Mara Carfagna, che porterà in Azione il suo peso politico, soprattutto in Campania) che ha certo nuociuto alle percentuali dei sondaggi (intorno al 10%). Berlusconi non ha mai nascosto di avere una enorme considerazione di sé stesso, ma da qui a raddoppiare da qui al 25 settembre voti e consenso e, quindi, scalzare Giorgia Meloni...

E poi c'è l'enigma dei Cinque Stelle che, come in un gioco di specchi, appaiono e scompaiono dalla scena con il mutare delle luci. Una mezza frase di Conte aveva fatto pensare che il filo spezzato dei rapporti con il Pd si potesse riallacciare, ma, nella buona tradizione del presidente del movimento, sono bastate poche ore per dire l'esatto contrario. Ma forse per Giuseppe Conte ci sono altre esigenze, come ad esempio uscire senza ricoprirsi di fango dalla palude in cui si è infilato quando ha messo in dubbio il dogma grilliano del limite dei due mandati. Il procedere di Conte sembra essere sempre condizionato: da Grillo, dalla cerchia di suoi pretoriani, dall'esigenza di mostrarsi il vero campo di un movimento che di capi sembra avere anche troppo.
Cose per le quali, a confronto suo, Quinto Fabio Massimo il temporeggiatore appare uno sfrenato decisionista.
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