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REPORTAGE/ L’Italia delle cartelle: 14 milioni nella rete del Fisco

- di: Bruno Coletta
 
REPORTAGE/ L’Italia delle cartelle: 14 milioni nella rete del Fisco
Debiti, sanatorie e fallimenti: nel “magazzino fiscale” si accumulano 1.722 miliardi di cartelle. La rottamazione quinquies può cambiare le regole. Ma gli altri Paesi come fanno?
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Un archivio che somiglia a una trappola
Il numero è da capogiro: 173 milioni di cartelle esattoriali. Sono lì, dentro i server dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, ciascuna con un destinatario, un importo, una storia. Il totale, aggiornato a marzo 2025, dice 1.722 miliardi di euro. È il valore complessivo del cosiddetto “magazzino fiscale”: debiti di cittadini, imprese, enti locali. Una somma virtuale, però, perché buona parte di quei crediti non sarà mai riscossa. Secondo il Mef, almeno 537 miliardi sono inesigibili, spesso legati a soggetti falliti, deceduti o nullatenenti.
Eppure, il sistema continua ad accumularne. Ogni mese entrano 900.000 nuove cartelle, segno che la macchina fiscale non si è mai fermata. Ma neanche si è mai veramente autoriformata. Ed è per questo che nel tempo sono nate le rottamazioni: tentativi ciclici di ripulire, semplificare, alleggerire. Finora inutili.
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I numeri del caos
14 milioni di contribuenti sono coinvolti attivamente in almeno una cartella aperta. Tra questi, 3 milioni hanno aderito nel 2023 alla rottamazione quater, che prevedeva il pagamento dei debiti senza sanzioni e interessi. Il gettito, nei primi due anni, ha superato gli 11 miliardi di euro, secondo quanto riferito dalla stessa Agenzia. Ma quasi la metà dei contribuenti (49%) è decaduta perché non ha pagato le prime due rate. Il governo, nel 2025, ha deciso di riaprire una finestra per rientrare nel piano: 250.000 cittadini hanno aderito entro aprile.
La realtà è questa: chi aderisce, spesso non riesce a sostenere i pagamenti. Le rate sono alte, i tempi brevi, le situazioni complesse. È per questo che ora si discute la rottamazione quinquies: un piano più umano, più lungo, più accessibile.
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Come funziona la quinquies
In discussione alla Commissione Finanze della Camera, la nuova definizione agevolata prevede:
Estensione ai debiti fino al 31 dicembre 2023;
Pagamento in 120 rate mensili (10 anni);
Decadenza solo dopo otto rate non versate, anche non consecutive;
Prime rate più leggere, senza anticipo forzato.
Secondo Alberto Gusmeroli (Lega), presidente della Commissione, “è una misura equa e necessaria, che risponde a una crisi reale e non premia i furbi ma chi è stato travolto da eventi straordinari”. Il governo valuta un impatto sui conti compreso fra 5 e 9 miliardi di euro nel triennio. Ma non è solo una questione di numeri. È una questione di credibilità.
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La lunga serie delle sanatorie
Dalla prima rottamazione del 2001 (governo Berlusconi II) a oggi, le sanatorie fiscali sono diventate la regola. Ne contiamo più di dieci: rottamazioni, saldo e stralcio, definizioni agevolate, rateizzazioni straordinarie. Ogni esecutivo ne ha proposta almeno una. L’effetto? Il contribuente medio aspetta il prossimo condono prima di pagare. E quello virtuoso si sente penalizzato.
“Lo Stato italiano ha smesso di credere nella riscossione ordinaria – spiega il tributarista Giuseppe Basso – Con la continua promessa di sconti, indebolisce il rispetto spontaneo delle regole.”
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Le storie dietro i numeri
Rosalia, 68 anni, pensionata di Siracusa, ha ricevuto 4 cartelle tra il 2012 e il 2017. Ha aderito alla quater ma poi ha smesso di pagare: “Mi avevano detto che bastava aderire. Invece sono tornate le lettere. Ora ci provo con la quinquies, ma se non mi aiutano con le rate basse, è inutile.”
Domenico, 43 anni, ex ristoratore a Milano, ha avuto accesso alla quater con un debito da 86.000 euro: “Ho pagato due rate, poi sono saltato. Ora sono dentro di nuovo. Il problema è che le entrate non sono più quelle del pre-Covid. Non ho paura del Fisco, ho paura del futuro.”
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Il vero nodo: riformare o rinviare?
La rottamazione quinquies è l’ultima occasione per evitare una crisi di legittimità della riscossione. Secondo la Corte dei Conti, “l’eccesso di definizioni agevolate mina l’equità e l’efficienza fiscale”. Il problema non è solo economico. È culturale. Se tutto è rottamabile, nulla è dovuto.
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E gli altri Paesi come fanno? Cosa dice l’Ocse
Nel panorama internazionale, il caso italiano appare come una singolarità fiscale. Nessun altro Paese Ocse utilizza con tale frequenza lo strumento delle rottamazioni per gestire i debiti dei contribuenti. Mentre a Roma si continua a proporre nuove definizioni agevolate quasi ogni legislatura, altrove la parola "condono" resta un’eccezione rara, e spesso impensabile.
In Germania, ad esempio, la riscossione è rigidissima. L’amministrazione fiscale applica interessi e more a partire dal primo mese di ritardo e non contempla alcuna forma di sanatoria generalizzata. L’obiettivo è uno solo: prevenire l’evasione attraverso deterrenza e controlli capillari. Il risultato è un sistema efficiente, che incassa rapidamente e mantiene alta la compliance spontanea.
La Francia, pur adottando talvolta piani personalizzati di rateizzazione, non ha mai fatto uso strutturale del condono. I casi vengono trattati singolarmente, sulla base della capacità economica del contribuente. Il principio guida è l’equilibrio tra efficienza e rispetto della situazione personale, con forte attenzione al dialogo tra amministrazione e cittadino.
In Spagna, lo Stato ha concesso due sanatorie negli ultimi trent’anni, ma con criteri estremamente selettivi. L’obiettivo è stato sempre quello di chiudere vecchie posizioni debitorie ormai irrecuperabili, senza incentivare nuovi arretrati. Anche qui, la logica è opposta alla strategia italiana: evitare l’accumulo, non gestirlo periodicamente.
Il modello del Regno Unito è ancora più radicale. L’HMRC, l’ente riscossore britannico, punta tutto su strumenti digitali, piani di rientro flessibili e grande trasparenza. Chi ha difficoltà può negoziare direttamente le condizioni del pagamento, ma non c’è spazio per abbuoni generalizzati. Condoni? Mai fatti. L’efficacia della riscossione viene misurata in termini di fiducia nel sistema.
E poi c’è l’Italia. Che, pur essendo tra i Paesi con il più alto numero di cartelle emesse e debiti accumulati, continua a utilizzare le rottamazioni come un rubinetto da aprire e chiudere all’occorrenza. Secondo l’Ocse, questo genera un pericoloso effetto boomerang: alimenta l’attesa di nuovi sconti, erode la propensione al pagamento spontaneo e aumenta la diseguaglianza tra chi paga subito e chi aspetta il prossimo giro.
In sostanza, mentre il resto d’Europa lavora per ridurre i debiti e rafforzare la fiducia, in Italia si accumulano montagne di crediti spesso inesigibili, nella speranza che una nuova legge li cancelli. Con la rottamazione quinquies il Paese è forse all’ultima curva: o si avvia un nuovo modello di riscossione, o si continuerà a galleggiare in un sistema che si basa più sulla clemenza che sulla giustizia fiscale.

Un bivio fiscale e culturale
Nel mondo OCSE, l’Italia è uno dei pochi Paesi ad affidarsi sistematicamente alla sanatoria come strumento di gestione ordinaria. Gli altri, al contrario, puntano su:
Tracciabilità e incrocio dati;
Rateizzazioni intelligenti;
Sospensione selettiva e cancellazione mirata.
Ciò che manca in Italia è una vera capacità di distinguere chi può pagare e non vuole, da chi vuole pagare ma non può.
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Rottamazione quinquies ultima chiamata
Con oltre 14 milioni di cittadini impigliati in cartelle, 3 milioni che hanno provato a rientrare nella legalità fiscale e centinaia di miliardi ormai persi, la rottamazione quinquies è molto più di una misura fiscale. È un’ultima chiamata per dare senso alla parola “fisco” in Italia. Perché la legge non sia solo minaccia, ma anche equità.
Se fallisce anche questa, resteranno solo due opzioni: il condono totale o il fallimento sistemico.

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