(Foto: un paese di montagna dell'Appennino centrale).
La flat tax al 7% destinata ai pensionati residenti all’estero che scelgono di trasferirsi nei comuni dell’Appennino centrale rappresenta oggi uno dei tentativi più concreti di far ripartire territori segnati dalle scosse del 2016. Una misura poco conosciuta ma potenzialmente decisiva per contrastare lo spopolamento e riportare vitalità in aree che, negli ultimi anni, hanno visto diminuire popolazione, attività economiche e servizi essenziali.
Nel corso di una conferenza al Senato, sono stati messi in luce i punti chiave della norma e le sue ricadute per i borghi dell’area cratere. L’obiettivo, ha detto il Commissario straordinario per la ricostruzione Guido Castelli, è favorire «una riparazione economica e sociale», sottolineando come la collaborazione con i territori e con le comunità italiane all’estero possa diventare «una risorsa per il Paese».
Una misura che guarda alla ripartenza
La normativa prevede che i pensionati residenti all’estero da almeno cinque anni e titolari di pensione erogata da un soggetto straniero possano optare per una tassazione agevolata al 7% su tutti i redditi esteri, trasferendosi in uno dei 138 comuni dell’Appennino centrale coinvolti. Un territorio vasto, circa 8.000 chilometri quadrati, distribuito tra Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria.
Secondo Castelli, la misura rappresenta «un tassello della strategia di ricostruzione, non solo materiale ma soprattutto sociale». L’idea di fondo è che ogni nuovo residente possa contribuire a rimettere in moto economia, servizi e domanda locale.
Il ruolo delle comunità italiane all’estero
Durante l’incontro al Senato, il senatore Roberto Menia ha rimarcato come il Governo voglia «favorire il ritorno di chi ha origini italiane», ricordando che lo squilibrio demografico nelle aree interne è ormai un fattore strutturale. L’invecchiamento e la fuga dei giovani hanno infatti svuotato interi borghi, lasciando edifici inutilizzati e servizi sempre più difficili da mantenere.
Il vice segretario generale del Consiglio generale degli italiani all’estero, Giuseppe Stabile, ha insistito su un concetto chiave: «Ogni persona che torna porta con sé un pezzo d’Italia che si era disperso, e ogni nuovo arrivo è un investimento sul futuro». Una visione che si collega alla necessità di diffondere la misura in modo più capillare, perché molti potenziali beneficiari, ha spiegato, «non sanno nemmeno che l’opzione esiste».
Adesioni ancora limitate
Nonostante il potenziale della misura, i numeri attuali restano contenuti. Le stime disponibili indicano poco più di 600 pensionati che hanno scelto di aderire al regime agevolato su scala nazionale. Una cifra che mostra interesse ma che conferma un limite rilevante: la scarsa conoscenza dello strumento.
Proprio per questo, nel corso dell’iniziativa parlamentare è stato sottolineato come la prima sfida sia rendere la misura molto più visibile alla platea dei cittadini italiani all’estero, un universo vastissimo che comprende oltre sei milioni di iscritti all’AIRE.
Oltre la fiscalità: restare, non solo arrivare
Per funzionare davvero, la flat tax al 7% deve essere accompagnata da servizi e condizioni di vita che permettano ai nuovi residenti di restare sul lungo periodo. Castelli lo ha ribadito con chiarezza: «Non basta riaprire le case: occorre che chi torna senta di appartenere alla comunità».
Questo significa investire in infrastrutture, collegamenti, sanità territoriale, connettività digitale e, soprattutto, nella qualità della vita quotidiana. Senza questi pilastri, il rischio è che la misura si traduca in un semplice trasferimento formale di residenza senza ricadute concrete per il territorio.
Una strategia per l’Italia interna
L’idea che guida questa politica fiscale è chiara: trasformare i borghi dell’Appennino in un laboratorio di rinascita. Una strategia che potrebbe diventare un modello per altre aree interne, oggi accomunate dalla perdita di popolazione, dall’invecchiamento e dalla riduzione dei servizi.
Secondo Stabile, la parola chiave è capillarità: «Ogni ritorno è un grano che ricostruisce il mosaico del Paese». Una visione che guarda oltre la ricostruzione post-sisma e punta a ripensare il rapporto tra italiani all’estero e territorio d’origine.
Molto più di un incentivo fiscale
La flat tax al 7% è dunque molto più di un incentivo fiscale: è un invito a ripensare il futuro dell’Appennino centrale e, più in generale, dell’Italia interna. Una politica che, se sostenuta da servizi adeguati e una comunicazione efficace, può trasformare territori fragili in comunità vive e attrattive.
Il successo, però, dipenderà dalla capacità di combinare incentivi, infrastrutture e radicamento. Come ha affermato Stabile, «la rinascita locale è l’infrastruttura della rinascita nazionale».