Prezzi del gas, il vero rischio del price cap: più danni che soluzioni

- di: Bruno Coletta
 
I recenti aumenti dei prezzi del gas in Europa hanno riacceso il dibattito su speculazione e regolazione. L’Istituto Bruno Leoni (IBL) – Idee per il Libero Mercato, in un’analisi pubblicata di recente, mette in guardia contro soluzioni semplicistiche come il price cap, ribadendo che i mercati non sono il problema, ma il termometro della scarsità.

Prezzi in rialzo: una questione di domanda e offerta
La spiegazione dei recenti aumenti, sottolinea l’IBL, è tutt’altro che misteriosa: “L’offerta si è fatta più scarsa rispetto alla domanda”. Tre fattori sono determinanti: in primo luogo, un inverno più rigido ha accresciuto i consumi per il riscaldamento; in secondo luogo, la ripresa delle economie asiatiche, in particolare della Cina, ha aumentato la competizione per il gas liquefatto (GNL); infine, il mancato rinnovo del contratto per il gasdotto attraverso l’Ucraina ha ulteriormente ridotto l’afflusso verso l’Unione Europea.
Questi eventi non erano imprevedibili. Come sottolinea l’analisi, “ciò che sta accadendo è stato annunciato e più che previsto”. La guerra in Ucraina ha accelerato un processo già in atto: il cambiamento delle rotte di approvvigionamento europee. Tuttavia, l’Unione Europea ha scelto di non stipulare contratti di lungo termine con i nuovi fornitori per rispettare i propri obiettivi climatici, esponendosi così maggiormente ai mercati spot, dove i prezzi sono più volatili.

Il miraggio del price cap
L’imposizione di un tetto ai prezzi, secondo l’IBL, rischia di aggravare la situazione. “L’unico risultato sarebbe quello di allontanare carichi di GNL verso mercati più remunerativi”, si legge nel rapporto, con effetti geopolitici controproducenti. Un price cap, infatti, funzionerebbe come una sanzione indiretta sui fornitori alternativi alla Russia, vanificando gli sforzi per diversificare le fonti energetiche.
Inoltre, calmierare i prezzi non aumenterebbe l’offerta di gas. “I mercati non ‘fanno costare’ di più o di meno questo o quel bene o servizio,” spiega l’IBL, “ma registrano quanto questi ultimi sono scarsi rispetto al bisogno”. Intervenire sui prezzi è dunque un’illusione politica che cerca di nascondere il costo delle scelte di transizione energetica.

Uno sguardo al futuro
I mercati sembrano già scommettere su un miglioramento della situazione nel medio-lungo termine. I futures sul gas per il 2027 si attestano sotto i 30 euro/MWh, e quelli per il 2028 scendono sotto i 25 euro, ben al di sotto dei 45-50 euro attuali. Questo riflette l’aspettativa di una maggiore capacità produttiva globale e di una riduzione della domanda europea.
L’analisi dell’Istituto Bruno Leoni si conclude con un avvertimento: smontare i meccanismi di mercato non è mai una buona idea. “È una tentazione pericolosa, oggi come ieri e avantieri”, avverte l’IBL, sottolineando come il vero nodo sia la necessità di politiche energetiche coerenti con gli obiettivi di sicurezza e sostenibilità.
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