L’inflazione rallenta, ma il caro vita continua a farsi sentire. È questa la realtà con cui famiglie e imprese italiane si confrontano anche nel 2025, nonostante il raffreddamento dell’indice generale dei prezzi. Una dinamica che mette in evidenza la distanza tra i dati macroeconomici e la percezione concreta del costo della vita, ancora elevato per ampie fasce della popolazione.
Inflazione in rallentamento, ma prezzi non scendono: caro vita resta problema strutturale
Il rallentamento dell’inflazione indica che i prezzi crescono più lentamente, ma non significa che tornino indietro. I livelli raggiunti negli ultimi anni restano infatti consolidati, soprattutto per i beni e i servizi essenziali. Alimentari, spese per l’abitazione, energia e servizi continuano a incidere in modo significativo sui bilanci familiari, comprimendo il potere d’acquisto anche in una fase di inflazione meno visibile.
Secondo l’ISTAT, la dinamica dei prezzi sta entrando in una fase di normalizzazione, ma con forti differenze tra settori. Alcune componenti più volatili mostrano segnali di raffreddamento, mentre altre restano strutturalmente elevate. È proprio questa asimmetria a rendere il rallentamento dell’inflazione poco percepibile nella vita quotidiana.
Il risultato è una sensazione diffusa di pressione economica costante. Anche in assenza di nuovi aumenti marcati, le famiglie continuano a fare i conti con una spesa complessiva più alta rispetto al periodo pre-inflazione. Il caro vita diventa così un fenomeno persistente, che incide sulle scelte di consumo, sul risparmio e sulla capacità di pianificare il futuro.
Le implicazioni non riguardano solo i bilanci domestici. Sul fronte delle imprese, i costi elevati lungo la filiera continuano a riflettersi sui prezzi finali, rendendo difficile un vero rientro delle tensioni inflazionistiche. In molti settori, i margini restano sotto pressione e le aziende faticano ad assorbire completamente gli aumenti accumulati negli anni precedenti.
Un altro nodo centrale riguarda i salari. In numerosi casi, gli adeguamenti retributivi non sono riusciti a compensare la perdita di potere d’acquisto causata dall’inflazione elevata. La distanza tra redditi e costo della vita resta ampia, alimentando una fragilità strutturale della domanda interna e limitando la capacità di spesa delle famiglie.
Dal punto di vista macroeconomico, l’inflazione che rallenta senza scendere rappresenta una sfida complessa anche per la politica economica. Da un lato, il raffreddamento dei prezzi consente un allentamento graduale delle condizioni monetarie; dall’altro, il livello ancora alto del costo della vita continua a pesare sull’economia reale, rendendo più fragile la ripresa.
Il rischio è quello di una lunga fase di assestamento, in cui i prezzi restano stabilmente elevati senza crescere rapidamente, ma nemmeno tornare su livelli più sostenibili. Un’inflazione meno rumorosa, ma più insidiosa, perché agisce nel tempo e riduce lentamente la capacità di spesa e di risparmio.
Per il 2025, il quadro che emerge è quello di un’inflazione destinata a restare un tema centrale, anche in assenza di nuovi picchi. Il caro vita continua a influenzare comportamenti economici, scelte politiche e aspettative di famiglie e imprese, confermandosi come uno dei principali fattori strutturali dell’economia italiana nel medio periodo.