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IBL: Intel ci ripensa e l’Italia evita un altro buco da 4 miliardi

- di: Jole Rosati
 
IBL: Intel ci ripensa e l’Italia evita un altro buco da 4 miliardi
L’Istituto Bruno Leoni smonta la favola dei sussidi: senza competenze e mercato, i chip non si fanno. Meglio i soldi pubblici risparmiati che bruciati.
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Un caso da manuale: come evitare un gigantesco spreco di risorse pubbliche. È questa, secondo l’Istituto Bruno Leoni – Idee per il libero mercato, la vera lezione del mancato investimento Intel in Italia. L’azienda americana ha infatti annunciato il ritiro dai progetti europei, compreso quello in Germania da quasi 10 miliardi di euro, segnando il fallimento dell’illusione sovranista sui microchip made in Ue. Per fortuna”, afferma IBL, “l’Italia non ha speso i 4 miliardi promessi nel 2022 per attrarre Intel: miliardi risparmiati, non persi”.
Il punto, puntualizza l’Istituto Bruno Leoni, non è Trump e nemmeno l’Inflation Reduction Act, ma un errore strutturale europeo: credere che bastino gli incentivi pubblici a far nascere un’industria strategica, senza avere né le competenze, né il mercato.I sussidi – evidenzia IBL – possono abbattere i costi, ma non creano il contesto produttivo necessario. Senza manodopera qualificata, esperienza industriale ed ecosistema innovativo, i chip restano sulla carta”.
L’editoriale firmato IBL mette alla berlina anche il Chips Act europeo, nato per conquistare una fantomatica “sovranità tecnologica” rispetto a Taiwan e Corea del Sud. “Un’ambizione velleitaria – sottolinea l’Istituto – fondata sull’idea malsana che conti più produrre in casa che avere accesso ai beni. Una strategia dirigista che si è scontrata con la realtà”.
Ne è prova il dietrofront tedesco: Intel ha rinunciato anche al maxi-progetto in Germania, dopo una lunga fase di incertezza. In parallelo, persino negli Stati Uniti – dove Intel ha già incassato una montagna di fondi pubblici – il colosso dei semiconduttori ha avvertito che potrebbe fermare lo sviluppo di tecnologie avanzate se non troverà clienti privati a sufficienza. “Il caso americano – argomenta IBL – dimostra che nemmeno il più imponente piano di politica industriale garantisce investimenti efficaci, se manca una domanda reale”.
Secondo l’Istituto Bruno Leoni, la conclusione è inevitabile: quando un’azienda accetta di investire solo in cambio della socializzazione del rischio, bisognerebbe dubitare più che esultare. Se poi l’azienda, nonostante gli aiuti, decide di tirarsi indietro perché non vede sbocchi commerciali, “allora – chiosa IBL – non resta che tirare un sospiro di sollievo: quei fondi non sono stati sprecati”.
In un Paese che fatica a investire in formazione, infrastrutture e innovazione vera, la lezione è chiara: la politica industriale a colpi di sussidi non è solo inefficace, ma spesso dannosa. L’Istituto Bruno Leoni invita dunque a cambiare paradigma: “Non servono più aiuti, ma un mercato più libero e un capitale umano più preparato”.
Una riflessione scomoda, ma necessaria. E, in questo caso, un fallimento che fa bene alle casse pubbliche.

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