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Laureati tra occupazione e fuga: il prisma del mismatch

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Laureati tra occupazione e fuga: il prisma del mismatch

Il mismatch tra formazione universitaria e mondo del lavoro continua a rappresentare una delle principali criticità del sistema italiano. Un disallineamento che agisce come un prisma dalle molteplici facce: da un lato le imprese che lamentano la difficoltà nel reperire profili adeguati, dall’altro i giovani che, nonostante anni di studio, si ritrovano a svolgere mansioni per le quali sarebbe bastato un diploma o non riescono a inserirsi in contesti lavorativi innovativi.

Laureati tra occupazione e fuga: il prisma del mismatch

Il Rapporto 2025 di AlmaLaurea su profilo e condizione occupazionale dei laureati, presentato all’Università di Brescia, mette in luce questa doppia lettura, fotografando una realtà in chiaroscuro.

Segnali positivi dai tassi occupazionali

Il dato incoraggiante che emerge è quello relativo al tasso di occupazione a un anno dalla laurea, che nel 2024 ha raggiunto il livello più alto dell’ultimo decennio: il 78,6% sia per le lauree triennali sia per quelle magistrali, con un incremento rispettivamente di 4,5 e 2,9 punti percentuali rispetto al 2023. A cinque anni dal conseguimento del titolo, la situazione rimane sostanzialmente stabile e conferma buoni livelli di inserimento: il 92,8% tra i laureati triennali e l’89,7% tra i magistrali e a ciclo unico. Alcuni atenei toccano addirittura soglie vicine alla piena occupabilità, come Milano Humanitas che sfiora il 100%, o il Campus Biomedico di Roma e il tandem Insubria–Politecnico di Torino, entrambi oltre il 95%.

Disoccupazione e qualità del lavoro

Parallelamente, i dati sulla disoccupazione segnalano un lento ma continuo miglioramento. A un anno dalla laurea, il tasso di disoccupazione si attesta al 9,7% per i triennali e al 10,2% per i magistrali, per poi scendere rispettivamente al 3,4% e al 4% dopo cinque anni. Un altro dato incoraggiante riguarda la diffusione dei contratti a tempo indeterminato, in aumento rispetto al biennio precedente: tra i laureati triennali si attestano al 39,5%, mentre tra i magistrali raggiungono il 29,8%. Anche le retribuzioni seguono un trend positivo. A un anno dalla laurea, la retribuzione media mensile netta è di 1.492 euro per i laureati triennali e di 1.488 euro per i magistrali o a ciclo unico, con un incremento in termini reali del 6,9% e del 3,1% rispettivamente. A cinque anni, le cifre salgono a 1.770 euro per i triennali e a 1.847 euro per i magistrali, con aumenti reali del 2,9% e del 3,6% su base annua.

La fuga all’estero dei profili più brillanti

Nonostante questi segnali incoraggianti, il miglioramento non basta a trattenere i giovani più qualificati nel Paese. A un anno dalla laurea, il 4,1% degli occupati ha già lasciato l’Italia, percentuale in leggero aumento rispetto al 4% dell’anno precedente. A cinque anni, l’emigrazione coinvolge il 4,6% dei laureati, in calo rispetto al 5,5% dell’anno scorso. A partire sono soprattutto gli uomini e i laureati più brillanti per voti e regolarità nel percorso universitario. Le aree disciplinari più coinvolte nell’espatrio sono quelle a maggiore domanda internazionale: informatica e tecnologie Ict, con l’11,3% degli occupati a cinque anni all’estero; scientifica, con il 10,3%; linguistica, politico-sociale e comunicazione e ingegneria industriale, tutte sopra l’8%. Le motivazioni di questa fuga vanno cercate, ancora una volta, nel fattore economico. A un anno dalla laurea, chi lavora fuori dall’Italia percepisce in media oltre 2.200 euro netti al mese, con uno scarto del 54,2% rispetto a chi è rimasto. A cinque anni, la retribuzione media all’estero sfiora i 2.900 euro, superiore del 61,7% rispetto a quella nazionale.

Profili in evoluzione, ma l’ascensore sociale resta fermo

Accanto all’analisi occupazionale, AlmaLaurea ha presentato anche i dati relativi ai profili dei laureati del 2024. Emergono qui alcune criticità di sistema. L’età media alla laurea è in lieve aumento, arrivando a 25,8 anni: 24,5 anni per i laureati di primo livello, 27,1 per i magistrali a ciclo unico e 27,4 per quelli magistrali biennali. Un incremento di 0,2 anni rispetto al passato recente. Anche la regolarità negli studi mostra un peggioramento. Solo il 58,7% dei laureati conclude il percorso universitario nei tempi previsti, con una flessione di 2,8 punti percentuali rispetto al 2023. Si tratta di dati che suggeriscono difficoltà strutturali nel sistema educativo, ma anche nell’accesso al mondo del lavoro e nel mantenimento di una traiettoria coerente tra formazione e occupazione. In questo scenario, il cosiddetto ascensore sociale appare sempre più inceppato, incapace di valorizzare pienamente il potenziale di giovani formati con competenze elevate ma troppo spesso costretti a cercare altrove le condizioni per realizzarsi.

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