Scegliere l’università non è mai solo una questione di passione. È anche, e sempre più, una decisione economica. I numeri parlano chiaro: certe lauree ti spalancano le porte del lavoro (e di stipendi alti), altre ti lasciano anni a rincorrere contratti a termine, stage mal pagati e l’eterna gavetta. A fotografare la situazione è Almalaurea, che ha messo in fila i percorsi accademici in base a quanto fanno guadagnare, e quanto velocemente. Ne esce una classifica impietosa per chi ha scelto con il cuore, e una promozione a pieni voti per chi ha puntato su materie tecnico-scientifiche.
Quelle lauree che ti cambiano la vita (e lo stipendio)
I dottori restano in cima. Nonostante gli anni infiniti tra studio e specializzazione, Medicina e Chirurgia garantiscono poi sbocchi solidi e buste paga sopra la media. Idem per gli ingegneri: informatici, gestionali, elettronici, energetici. Entrano prima nel mercato, vengono pagati meglio e crescono più in fretta. I settori high tech, la sanità, l’ingegneria applicata: lì dove servono competenze specialistiche, i laureati trovano spazio e soldi. Non è solo questione di titoli, ma di domanda. E quella, al momento, premia chi sa programmare, progettare, curare.
Economia regge, legge ci prova
Buone notizie anche per chi ha scelto Economia. Finanza, auditing, controllo di gestione sono ambiti che resistono alla crisi e mantengono alti gli stipendi. Per Giurisprudenza la partita è più complessa: tra pratica forense e abilitazioni, l’ingresso nel lavoro è lento, ma per chi supera il primo scoglio, la carriera può decollare. I grandi studi legali, le aziende, i concorsi pubblici di fascia alta restano appetibili. Ma non sono per tutti. E il rischio di restare invischiati in anni di attesa è dietro l’angolo.
Umanisti, artisti e psicologi: la strada in salita
Chi ha scelto Lettere, Filosofia, Beni culturali o Scienze dello spettacolo lo sa: trovare un impiego stabile è una corsa a ostacoli. I redditi sono bassi, i contratti fragili, le occasioni limitate. Non va molto meglio per i laureati in Psicologia: servono ulteriori specializzazioni, spesso costose, e anni di tirocinio non sempre retribuito. A pesare non è solo il mercato asfittico, ma anche la distanza tra formazione accademica e richieste concrete delle imprese. La passione c’è, ma non basta a pagare le bollette.
Nord contro Sud, donne contro uomini
Oltre alla facoltà, contano anche il luogo in cui si cerca lavoro e il genere. Nel Nord Italia, le retribuzioni restano più alte. E le possibilità di impiego più numerose. Al Sud, invece, anche con una laurea forte, si rischia di restare fermi ai blocchi di partenza. Quanto alle differenze uomo-donna, restano un nervo scoperto: le donne studiano di più, si laureano prima e con voti migliori. Ma poi guadagnano meno. Il divario, già evidente all’ingresso, cresce con il tempo, penalizzando madri e lavoratrici che faticano a scalare le gerarchie.
Studiare sì, ma con gli occhi aperti
Laurearsi, insomma, è ancora un buon investimento. Ma solo se si guarda avanti. Se si incrociano attitudini personali e richieste del mercato. Se si scelgono atenei che dialogano con le imprese, offrono tirocini veri, aiutano a costruire reti. Non esistono lauree “sbagliate” in assoluto. Ma esistono lauree che, oggi, chiedono ai giovani di essere doppiamente coraggiosi: nel crederci, e nel reinventarsi lungo il cammino.