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Istat: Lavoro in fermento, crescono occupati e disoccupati insieme

- di: Bruno Coletta
 
Istat: Lavoro in fermento, crescono occupati e disoccupati insieme
A maggio il tasso di occupazione sale, ma anche quello di disoccupazione. Boom di over 50 e autonomi, giù i contratti a termine. I giovani restano ai margini.

Il paradosso del lavoro italiano: più occupati, più disoccupati, meno inattivi

Un’Italia che si muove, ma non sempre nella direzione sperata. I dati diffusi dall'Istat raccontano di un mercato del lavoro in fermento: a maggio aumentano sia gli occupati che i disoccupati, mentre cala il numero degli inattivi. Tradotto: più persone lavorano, ma cresce anche chi cerca (senza trovare) un impiego. Il paradosso è solo apparente: si allarga la platea di chi è in cerca di un’occupazione, spesso dopo anni di stallo.

Nel dettaglio, gli occupati salgono dello 0,3% rispetto ad aprile, pari a 80mila unità in più, portando il totale a 24 milioni e 301mila. A spingere la crescita sono soprattutto i lavoratori stabili (+0,4%) e gli autonomi (+0,3%). I contratti a termine invece arretrano dello 0,2%. Il tasso di occupazione raggiunge così il 62,9%, con un balzo di 0,2 punti percentuali in un solo mese.

Chi lavora (e chi no): l’ago della bilancia si sposta verso i senior

L’analisi per fasce d’età e tipologia contrattuale mostra un mercato del lavoro sempre più polarizzato. L’incremento degli occupati coinvolge uomini, donne, autonomi e lavoratori ultra cinquantenni. I giovani, ancora una volta, restano al palo. Tra i 15-24 anni, infatti, cala l’occupazione e aumenta la disoccupazione, che a maggio tocca un inquietante 21,6%, con un aumento di 1,7 punti percentuali in un solo mese.

Rispetto a maggio 2024, l’occupazione è cresciuta dell’1,7% (+408mila unità), ma la crescita si concentra tra i 25-34enni e gli over 50, mentre i 15-24enni e i 35-49enni registrano flessioni. È il segnale di un mercato che premia la seniority e penalizza le transizioni generazionali.

Fine della grande rinuncia: calano gli inattivi, tornano a cercare lavoro

Il calo degli inattivi (-1,4% su base mensile, pari a 172mila persone) è forse la notizia più significativa. Il tasso di inattività scende al 32,6%: uomini, donne e tutte le fasce d’età si rimettono in gioco. È un segnale di riattivazione, ma anche di pressione economica: molti tornano a cercare lavoro perché non possono più permettersi di restare fermi.

Nel confronto annuo: 320mila inattivi in meno rispetto a maggio 2024 (-2,6%). Non è solo una dinamica statistica, ma il riflesso di un’Italia dove si è esaurita l’onda lunga del “grande ritiro” post-pandemia, e dove l’inflazione e la perdita di potere d’acquisto spingono anche chi aveva smesso di cercare lavoro a rientrare nel mercato.

Disoccupazione in salita: segnale negativo o transitorio?

L’altro lato della medaglia è l’aumento dei disoccupati: +7,1% in un mese (+113mila persone), con un tasso generale al 6,5% (+0,4 punti). Non si tratta però necessariamente di un segnale negativo: molti di questi nuovi disoccupati erano fino a poco tempo fa inattivi. Ora si dichiarano attivamente in cerca, rientrando così nelle statistiche ufficiali. È un meccanismo noto come “effetto scoraggiamento al contrario”, che può indicare un miglioramento della fiducia nel trovare lavoro.

Nel trimestre marzo-maggio 2025, rispetto al periodo dicembre 2024-febbraio 2025, gli occupati aumentano di 93mila unità (+0,4%), mentre gli inattivi scendono di 94mila (-0,8%). Anche in questo caso i disoccupati aumentano leggermente (+13mila), ma la dinamica è coerente: il mercato si muove, assorbe nuova domanda, ma non abbastanza velocemente da evitare l’aumento dei senza lavoro.

I veri vincitori? Gli autonomi e i contratti stabili

Se si osservano i dati in chiave tendenziale, la vera sorpresa è la crescita dell’occupazione autonoma (+3,5% in un anno). È il segnale di un ritorno alla flessibilità per scelta o per necessità? In parallelo, anche i dipendenti permanenti crescono (+2,4%), mentre quelli a termine crollano del 5,5%. È la conferma di una dinamica già visibile da mesi: il lavoro precario arretra, forse anche per effetto dei maggiori costi contributivi e dell’incertezza normativa, mentre cresce il lavoro “solido” o individuale.

Le piccole imprese e i professionisti stanno trascinando la ripresa occupazionale nelle città medie del Centro-Nord, mentre il Mezzogiorno resta indietro, soprattutto tra i giovani.

Differenze di genere: luci e ombre nella ripresa

Il mercato del lavoro premia (finalmente) anche le donne: a maggio il tasso di occupazione femminile cresce di 0,2 punti, più degli uomini (+0,1), e cala anche il tasso di inattività (-0,4 punti). Su base annua: +0,7 punti per il tasso di occupazione femminile, contro +0,9 degli uomini, con una riduzione del tasso di inattività rispettivamente di -0,5 e -1,1 punti.

Tuttavia, resta la maggiore esposizione alla precarietà e alla discontinuità contrattuale: lo confermano i dati sulle assenze per cura familiare e sugli orari di lavoro.

Dinamismo o precarietà? Il nodo resta la qualità

L’Italia, a maggio 2025, dà l’immagine di un mercato del lavoro dinamico, ma ancora fragile. I dati fotografano una situazione in movimento: crescono occupati e disoccupati insieme, segno che il Paese non è immobile. Ma sotto la superficie emergono fragilità note: la persistente difficoltà dei giovani a inserirsi stabilmente, il peso delle forme di lavoro autonome (non sempre tutelate), l’incognita della tenuta del lavoro femminile a lungo termine.

“Serve un investimento strutturale su formazione, politiche attive e infrastrutture sociali”, ha dichiarato il presidente di Confartigianato Marco Granelli. “Non possiamo affidarci solo al dinamismo spontaneo del mercato”.

Intanto, l’Italia continua a camminare su un crinale sottile: quello tra crescita e insicurezza. E se è vero che gli inattivi calano, è anche vero che i giovani faticano a vedere un futuro chiaro. Il lavoro c’è, ma per chi? E a che prezzo?

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