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Luiss Business School: benvenuti a Villa Blanc, la fucina di talenti che guarda al futuro

- di: Redazione
 
Luiss Business School: benvenuti a Villa Blanc, la fucina di talenti che guarda al futuro

Dopo oltre 60 anni di abbandono, la Villa voluta dal barone Blanc, oggi sede della Luiss Business School, rappresenta un esempio virtuoso di rigenerazione urbana che, attraverso un meticoloso e fedele restauro, ha riportato all’antico splendore quello che è considerato il monumento più rappresentativo dell’eclettismo italiano.

Luiss Business School: benvenuti a Villa Blanc, la fucina di talenti che guarda al futuro

C’è un gioiello nel cuore di Roma, dove la raffinatezza architettonica fa da cornice alla missione formativa di una delle principali business school italiane, una fucina di talenti in cui storia e futuro coesistono.
Dopo anni di abbandono, nel 1997, la Luiss Guido Carli con un atto di coraggio del suo Presidente Luigi Abete, si aggiudica con asta pubblica quanto rimaneva del complesso: Villa Blanc, completamente depredata, sei villini, tre serre di cui due semidistrutte e il parco ridotto a meno di quattro ettari, anch’esso in profonda agonia.

Dopo un lungo e accurato lavoro di ricerca, progettazione, restauro e valorizzazione, Villa Blanc si è trasformata nella sede della Luiss Business School.
Da via Nomentana, con il suo ingresso monumentale, le colonne e i cancelli originali, il profumo di rosa e narciso, le piante di epoche e paesi lontani, a tessere un’autentica festa per gli occhi, la Villa appartenuta al barone Alberto Blanc appare come una visione, tornata in vita, sottratta ai vandali e all’incuria, grazie a un complesso restauro, progettato e diretto dagli architetti Giovanni Carbonara e Massimo Picciotto dopo oltre 60 anni di abbandono.

Un gioiello dell’eclettismo “fuori porta”

Rinnovato tra il 2013 al 2018 per diventare il cuore pulsante della formazione manageriale, uno scrigno di talento e innovazione che mette in connessione giovani, manager, imprese e istituzioni, Villa Blanc nasce già nel segno della trasformazione. È il 1893 quando il barone Blanc acquista il sito della vigna di proprietà della famiglia Lezzani, nel territorio che circonda la Basilica di Sant’Agnese Fuori Le Mura. Il complesso è un possedimento rustico “fuori porta”, che il barone, nel suo ruolo di Ministro degli Affari Esteri del terzo Governo Crispi, trasformerà in una residenza adeguata al prestigioso incarico.
Si trattava di una villa in una zona extra urbana,lungo una strada attraversata da vigne e famosa per una serie di osterie. Tra queste si inserisce la famosa “Osteria della Baracca”, sacrificata per la realizzazione della Villa Mirafiori nelle ultime decadi del 1800.

Coordinata dal progettista Francesco Mora e dall’archeologo Giacomo Boni, l’opera di costruzione della Villa segue un progetto di tipo sperimentale che combina operazioni di tipo archeologico, raffinate decorazioni e tecniche avanzate negli impianti e nell’architettura.
Gli apparati decorativi, dovuti ad Alessandro Morani e Adolfo De Carolis, raggiungono livelli di eclettismo mai visti prima in Italia, soprattutto nelle opere in terracotta invetriata che brillano all’esterno, nelle facciate che avvolgono il giardino d’inverno e nel fumoir.

La Sala da Ballo, oggi Sala Ciampi, è uno degli spazi più iconici della Villa. Alle strutture metalllche si coniuga l'originale soluzione del soffitto d'ispirazione mediorientale . Il grande spazio della Sala è aperto su tre lati offrendo una vista integrale verso il parco. Le pareti vetrate sono caratterizzate da una struttura portante costituita da alte e snelle colonne in ghisa che inquadrano infissi in ferro, ad arco, terminanti in sommità con trafori dalle forme vegetali , i quali filtrano la luce attraverso un vetro colorato di verde intenso (unico residuo delle originali vetrate policrome).

C’è la Sala degli Specchi, l’ambiente più antico, in cui il barone aveva raccolto ed esposto una preziosa collezione di arazzi fiamminghi del Settecento, oggi ad Amsterdam, e c’è il Giardino di inverno, considerato tra i più grandi d’Europa, per il cui allestimento furono fatti giungere dalla città olandese di Haarlem 10.000 bulbi di tulipano, lillà, rose e azalee.

Autentico cuore della Villa è la cosiddetta “Sala Verde”, incastonata tra la sala degli specchi, il giardino d’inverno ed il fumoir.
Alcune peculiarità rendono questo ambiente unico nel suo genere. Lo spazio è concepito secondo una doppia assialità di lettura. Una è segnata dalla presenza di un camino monumentale quattrocentesco in marmo bianco, in asse con la porta che comunica col fumoir. L’altra, trasversale alla prima, è segnata dall’ampia prospettiva che si apre verso il giardino d’inverno, inquadrata da tre archi sostenuti da due colonne in granito, con capitelli sui quali campeggia l’aquila araldica del barone Blanc. Ad eccezione del pavimento in legno, l’intera sala è decorata da pitture, marmi e stucchi. Qui l’influenza delle Arts&Crafts è prevalente e nel complesso si può definire un vero capolavoro di questo stile, un raro esempio sullo scenario dell’eclettismo romano.

Questo accostamento di stili, temi e suggestioni si riscontra anche nel giardino, dove non mancano elementi antiquari e specie vegetali esotiche, come la collezione di palme.

Alla morte del barone Blanc (avvenuta a Torino nel maggio 1904), la Villa passa alla moglie Natalia e, poi, ai tre figli, mentre il parco si arricchisce di altri sette edifici minori.

Un esempio virtuoso di rigenerazione urbana

“L’intera opera di riqualifica di Villa Blanc, che rappresenta un esempio virtuoso di rigenerazione urbana, oggi fruibile al pubblico - spiega l’architetto Massimo Picciotto, che ha progettato e diretto l’intervento di ristrutturazione insieme a Giovanni Carbonara - è stata una sorpresa continua. Siamo partiti dal disboscare il posto, partendo dalle serre. La Villa era rimasta priva di copertura, mancavano gli infissi e persino la documentazione grafica e storica. Il nostro intervento ha visto una rilettura dell’intero processo edificatorio”.

Trattandosi di un’area in aperta campagna, “Di archeologico non c’era nulla, solo una struttura agricola di proprietà della famiglia Lezzani”.
Le prime trasformazioni dell’ampio lotto, fino ad allora destinato a vigne, e che in seguito diverrà Villa Blanc, si ebbero dopo 1848 ad opera degli allora proprietari, i Marchesi Lezzani appunto che ne ampliarono la proprietà e costruirono un casino nobile, destinato a residenza estiva della famiglia. Parte del terreno agricolo fu convertito a giardino di delizia, come è testimoniato nell’atto di passaggio di proprietà dal Marchese Massimiliano alla contessa Violante Filippi avvenuto nel 1884.

“I reperti archeologici presenti nella Villa - continua l’architetto Picciotto - in realtà, sono decori acquistati sulla Flaminia dal Boni, che in quel periodo era Sovrintendente del Parco archeologico di Roma, per abbellire l’edificio, come d’uso all’epoca”.

Uno scrigno dall’anima “internazionale”

Ma c’è una chicca che rende Villa Blanc un autentico gioiello dall’anima “internazionale”.
“La cosa più interessante - continua l’architetto Picciotto - riguarda la conoscenza e i rapporti che questi signori, compreso il barone Blanc, avevano con la cultura internazionale. Ad esempio molti di quegli elementi che abbiamo ritrovato anche nei decori sono il risultato di una profonda conoscenza del lavoro del Ruskin. Da questo punto di vista l’intervento che abbiamo condotto è stato, se vogliamo, un’occasione per verificare la capacità e la conoscenza culturale anche della classe professionale romana di quell’epoca”.

Il restauro condotto è stato assolutamente fedele e rispettoso dell’edificio originario.
“Dal punto di vista architettonico si è trattato di un restauro strutturale. La Villa era cadente, in pieno degrado e non a norma per supportare una frequentazione pubblica. Abbiamo fatto un grande lavoro di consolidamento di tutte le strutture. Particolarmente degni di nota sono la Sala da Ballo e il Giardino d’inverno. La prima era caratterizzata da strutture in ghisa, materiale oggi non più in linea con le normative edilizie. Assieme alla Sovrintendenza abbiamo dovuto realizzare una contro-struttura interna, sovrapponendo, alla vecchia scatola in ghisa, una scatola in ferro. Il Giardino era una delle prime strutture in ferro realizzate a Roma, tecnica assolutamente innovativa, ma inizialmente caratterizzata da difetti. Alcune parti del Giardino d’inverno erano completamente deteriorate. Abbiamo rimesso a norma il complesso e soprattutto abbiamo fatto un intervento molto delicato su queste due serre”.

Non passeranno inosservate ai visitatori le ceramiche. “Erano state realizzate da Alessandro Morani e Adolfo de Carolis - continua Picciotto -. Quest’ultimo aveva lavorato a Firenze da Ginori. Sono ceramiche di grande pregio, bellissime, ma anche queste erano in parte degradate, le figure risultavano illeggibili. Abbiamo svolto un lavoro importante assieme a bravissimi restauratori”.

Villa Blanc scrigno della Luiss Business School

In quelle sale che al tempo del barone Blanc erano il cuore pulsante della Villa, sussistono oggi 22 aule dotate dei più moderni impianti tecnologici a sostegno di un metodo didattico innovativo che fa uso di schermi interattivi, collegamenti Wi-Fi, telecamere, altoparlanti.

C’è forse un filo che unisce Villa Blanc alla Luiss Business School, che da oltre 40 anni investe nella formazione manageriale. Ed è forse quella visione internazionale che ha orientato le scelte lungimiranti del barone Blanc e di Giacomo Boni.
Attenta alle proprie comunità di riferimento, una faculty accademica di frontiera e un modello educativo che mette la persona al centro, la Scuola si pone come un acceleratore di carriere, capace di consolidare i punti di forza e potenziare le skill dei propri studenti per trasformarli nei leader del futuro. L’obiettivo è massimizzare l’impatto sulla propria professionalità per conquistare crescenti opportunità nel mondo del
lavoro, sull’intero arco lavorativo.
Oggi Villa Blanc è il Campus principale della Luiss Business School in cui docenti nazionali e internazionali si confrontano ogni anno con circa 2000 studenti, provenienti dall'Italia e dall'estero.

La Villa è ambita meta di visitatori che, organizzati in gruppi guidati, possono accedere gratuitamente la domenica, previo appuntamento.

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