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Lula sfida Trump: “Bolsonaro paghi per i dazi Usa”

- di: Marta Giannoni
 
Lula sfida Trump: “Bolsonaro paghi per i dazi Usa”
Nel vertice verbale tra Brasilia e Washington, Lula innalza il tono e punta su nuovi mercati: analisi e prospettive.

Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva (foto) ha lanciato un affondo senza precedenti nei confronti del suo predecessore Jair Bolsonaro, invitandolo ad “assumersi la responsabilità” per i dazi del 50% sui prodotti brasiliani imposti dall’ex presidente statunitense Donald Trump. Ma la questione, lungi dall’essere solo una questione commerciale, si è trasformata in un caso politico, giuridico e diplomatico dagli echi profondi.

Un attacco diretto alla sovranità giudiziaria

Intervistato dall’emittente Record, Lula ha accusato Bolsonaro di “aver influenzato Trump affinché interferisse nei processi brasiliani”, citando in particolare la pressione esercitata dall’allora deputato Eduardo Bolsonaro per sostenere l’allora ex presidente. Secondo Lula:

“Trump deve rispettare la giustizia brasiliana così come io rispetto la giustizia americana. Se quello che Trump ha fatto al Campidoglio fosse successo qui, sarebbe stato processato come Bolsonaro…”

Con ciò, Lula punta a ribaltare la narrazione e denunciare un’ingerenza politica mascherata da motivazione economica.

Dazi: arma politica, non economica?

L’annuncio del 9 luglio – con l’imposizione del dazio del 50% a partire dal 1° agosto 2025 – è interpretato dagli analisti come una ritorsione politica, non economica, contro il Brasile. Pur avendo gli Stati Uniti un surplus commerciale di oltre 40 miliardi di dollari nel 2024, Trump ha giustificato la misura denunciando quella che ha definito “una persecuzione politico-giudiziaria” del suo alleato Bolsonaro.

La reazione di Brasilia: pari responsabilità e nuove rotte

Il Brasile ha reagito con grande determinazione. Lula ha invocato la legge sulla reciprocità commerciale per adottare “misure speculari”. Analogamente, il ministro dell’agricoltura Carlos Fávaro ha definito il dazio “indecente” e ha annunciato una strategia di diversificazione commerciale, puntando su Medio Oriente, Sud Asia e Sud globale per ridurre la dipendenza dagli USA.

Il braccio di ferro nei numeri

Gli analisti avvertono: questo tipo di sanzione rischia di creare inflazione interna negli Stati Uniti, mentre in Brasile un rifiuto verso l’indebolimento delle istituzioni può acuire il patriottismo anti-imperialista. Il fatto che anche ambienti vicini all’ex presidenza Bolsonaro abbiano definito il dazio un “press media” dimostra come l’azione statunitense stia destabilizzando l’equilibrio politico di Brasilia.

Lo specchio geopolitico: BRICS e de-dollarizzazione

Il blocco BRICS, di cui il Brasile è membro, è visto da Trump come un antagonista del sistema economico occidentale. La dichiarazione di intenti per una valuta di riserva alternativa — e la critica mossa a Trump sulle sanzioni — hanno acceso ulteriormente le tensioni.

Commento: la posta in gioco va oltre i dazi

  • Democrazia e sovranità giudiziaria – Il fulcro della protesta brasiliana è politico: il sistema giudiziario deve rimanere al riparo da influenze straniere.
  • Bilanciamento economico – Le alternative commerciali indicate da Fávaro offrono respiro, ma non sostituiscono facilmente i 40 miliardi all’anno di export verso gli USA.
  • Clima elettorale – Lula trasforma la contesa in un tema nazionale, rafforzando la narrativa contro Bolsonaro e in vista del delicato voto del 2026.
  • Dimensione globale – La tensione rientra nella più ampia logica geopolitica tra USA e BRICS: il controllo finanziario e monetario è una questione di potere strategico contro bilanci e alleanze.

Non solo una diatriba commerciale

Quella tra Washington e Brasilia non è solo una diatriba commerciale: è una battaglia tra modello liberale e sovranista, tra giudizi di Corte e pressioni politiche. Lula sfrutta il momento per difendere l’indipendenza istituzionale e l’identità brasiliana, mentre Trump tenta una nuova offensiva protezionista. Con i riflettori puntati sulle elezioni del 2026, la partita è aperta e la posta è alta.

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