Quintavalle (Confartigianato) traccia il bilancio: segnali alterni, ma l’Italia non si ferma.
La fotografia dell’economia italiana a fine 2025 non è quella di un sistema immobile, ma di un Paese che procede a passo irregolare, stretto tra tensioni internazionali e una sorprendente capacità di adattamento. A leggere i numeri con attenzione – e senza slogan – emerge un quadro fatto di frenate improvvise e ripartenze selettive.
È questo il filo conduttore dell’analisi firmata da Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio Studi di Confartigianato, che rielabora dati nazionali ed europei per restituire una valutazione realistica dell’anno che si chiude.
Un anno sotto il segno dell’incertezza
Il 2025 si avvia alla conclusione come un esercizio dominato dall’instabilità. Le tensioni geopolitiche, il ritorno di politiche protezionistiche negli Stati Uniti e un quadro monetario ancora restrittivo hanno rallentato le aspettative di crescita, soprattutto sul fronte industriale.
La manifattura resta il comparto più esposto. Dopo un rimbalzo tecnico a settembre, la produzione industriale è tornata a scendere in autunno, chiudendo i primi dieci mesi dell’anno con una flessione complessiva. Un segnale che indica come la ripresa non abbia ancora imboccato un percorso solido e continuo.
Export sotto pressione e concorrenza asiatica in aumento
Le esportazioni, al netto dei flussi farmaceutici, mostrano un andamento stagnante. A pesare è soprattutto la frenata del mercato statunitense, dove l’introduzione di dazi ha già prodotto effetti visibili in alcune delle principali regioni esportatrici italiane.
Parallelamente, cresce la pressione competitiva dei prodotti asiatici. Le importazioni dalla Cina registrano aumenti a doppia cifra nel corso del 2025, segnalando una competizione sempre più aggressiva sui prezzi che mette in difficoltà molte filiere tradizionali del made in Italy.
La sorpresa positiva: investimenti in accelerazione
In controtendenza rispetto al clima generale, gli investimenti rappresentano il dato più incoraggiante dell’anno. Nel terzo trimestre del 2025 la spesa in capitale fisso accelera con decisione, collocando l’Italia su un ritmo di crescita superiore alla media europea.
Particolarmente dinamici risultano gli investimenti in macchinari e impianti, spinti dalla doppia transizione digitale ed ecologica e dal contributo dei progetti legati al PNRR. Un segnale chiaro: le imprese che investono guardano oltre l’incertezza.
Costruzioni e turismo sostengono l’economia reale
Il settore delle costruzioni continua a beneficiare degli interventi pubblici e delle opere infrastrutturali, mentre il turismo conferma il suo ruolo di ammortizzatore con una stagione estiva positiva, trainata soprattutto dalla domanda internazionale.
Le presenze straniere crescono in modo significativo, compensando la sostanziale stabilità dei flussi domestici. Un contributo importante alla tenuta dei servizi e dell’occupazione.
Lavoro: il Mezzogiorno accelera
Il mercato del lavoro resta uno dei pilastri della tenuta economica. L’occupazione cresce sia su base mensile sia annua, con un aumento concentrato nei contratti stabili e nel lavoro autonomo.
Colpisce il dinamismo del Mezzogiorno, dove l’occupazione avanza a un ritmo nettamente superiore rispetto al Centro-Nord. Un’inversione di tendenza che rafforza il potenziale di crescita complessivo del Paese.
Resta però un’ombra sul futuro: le previsioni di assunzione per l’inizio del 2026 segnalano una riduzione dei programmi occupazionali, riflesso diretto del clima di incertezza.
Tassi alti e credito ancora selettivo
Sul fronte finanziario, la politica monetaria continua a pesare. Il mancato allentamento dei tassi mantiene elevato il costo del credito, penalizzando soprattutto le piccole imprese.
I prestiti complessivi tornano a crescere, ma con un’intensità inferiore rispetto alla media dell’area euro. Ancora più critica la situazione delle micro e piccole aziende, che registrano una contrazione significativa dei finanziamenti disponibili.
Politica fiscale prudente, spazio di manovra ridotto
La manovra di bilancio per il triennio 2026-2028 conferma una linea di prudenza. Gli interventi programmati hanno un impatto espansivo limitato, mentre il rientro graduale del deficit e del debito resta vincolato alle nuove regole europee.
Secondo le valutazioni istituzionali, l’utilizzo quasi completo dello spazio fiscale disponibile riduce la capacità di risposta a eventuali shock futuri. Un equilibrio delicato che impone scelte selettive e mirate.
Il giudizio finale
Il bilancio del 2025 restituisce un’Italia meno fragile di quanto suggerisca il contesto globale, ma ancora lontana da una crescita pienamente strutturale. Investimenti e lavoro tengono, manifattura ed export faticano, mentre credito e politica monetaria restano nodi centrali.
La sfida del 2026 sarà trasformare le sacche di resilienza in un percorso stabile di sviluppo. Senza illusioni, ma con una consapevolezza in più: il sistema produttivo italiano, anche sotto pressione, continua a reagire.