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Le microplastiche come alleate dei superbatteri. Nuovi studi avvertono: crescono le resistenze agli antibiotici

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Le microplastiche come alleate dei superbatteri. Nuovi studi avvertono: crescono le resistenze agli antibiotici

Un recente studio pubblicato su Environmental Pollution mette in luce un legame inquietante tra la diffusione delle microplastiche e l’aumento della resistenza batterica agli antibiotici. Le microplastiche, residui invisibili di plastica inferiori ai 5 millimetri, si comportano come superfici di appoggio privilegiate per la proliferazione batterica. In particolare, batteri come l’Escherichia coli formano biofilm più spessi e resistenti su questi frammenti rispetto a superfici come il vetro. All’interno di queste strutture, i microrganismi riescono a resistere anche a dosi elevate di antibiotici, rafforzando così le loro difese in modo indipendente dall’esposizione diretta ai farmaci.

Le microplastiche come alleate dei superbatteri. Nuovi studi avvertono: crescono le resistenze agli antibiotici

Lo studio, che ha simulato in laboratorio il contatto tra batteri e microplastiche per un periodo dai cinque ai dieci giorni, ha evidenziato una crescita esponenziale della capacità di sopravvivenza dei batteri. In alcuni casi, l’E. coli ha mostrato una resistenza aumentata ad antibiotici comunemente usati come l’ampicillina, la doxiciclina, la streptomicina e la ciprofloxacina, anche se non era mai stato esposto a questi medicinali. La spiegazione, secondo gli autori della ricerca, risiede nella capacità delle microplastiche di creare condizioni ambientali protette e selettive che favoriscono la comparsa e la conservazione di geni resistenti.

Una minaccia silenziosa e globale
Non si tratta solo di un fenomeno da laboratorio. L’interazione tra microplastiche e batteri avviene ovunque: nei fiumi, nei laghi, negli oceani, ma anche nelle acque reflue e nel suolo. Le microplastiche diventano così dei veri e propri “hub ambientali” per la trasmissione della resistenza, facilitando lo scambio genetico tra diversi ceppi batterici. Una dinamica che preoccupa gli scienziati per il suo potenziale impatto sulla salute pubblica, soprattutto in un’epoca in cui l’uso eccessivo o scorretto di antibiotici ha già indebolito la loro efficacia in numerosi contesti clinici.

Serve un approccio integrato e sistemico
Gli esperti avvertono: non basta razionalizzare l’uso degli antibiotici. È necessario includere il tema dell’inquinamento da microplastiche all’interno delle strategie di contrasto alla resistenza antimicrobica. La riduzione della plastica monouso, l’implementazione di sistemi efficaci di raccolta e riciclo e il monitoraggio costante dei microinquinanti ambientali devono diventare parte integrante delle politiche sanitarie globali. Anche perché, come emerge dallo studio, i batteri conservano la loro resistenza anche dopo la rimozione delle microplastiche, rendendo il fenomeno ancor più insidioso e persistente.

Dall’ambiente all’uomo: il rischio è sistemico
Il dato più allarmante è che le microplastiche sono già entrate nella catena alimentare umana. Sono state trovate nelle acque minerali, nei pesci, nei crostacei e perfino nel sangue e nei tessuti umani. Il rischio che questi microframmenti trasportino batteri resistenti fino all’organismo umano non è più remoto, ma presente. Ed è su questo fronte che si gioca una delle partite decisive per il futuro della medicina moderna. Se la resistenza agli antibiotici dovesse aumentare a causa dell’inquinamento, l’efficacia di molte terapie sarebbe compromessa e si aprirebbe una fase nuova e pericolosa, in cui infezioni oggi curabili potrebbero tornare a essere letali.

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