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Migranti spediti in Albania, parte la prima nave: il patto opaco tra Roma e Tirana

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Migranti spediti in Albania, parte la prima nave: il patto opaco tra Roma e Tirana

Salpano in silenzio, senza telecamere Quaranta persone caricate su una nave militare. Nessuna diretta, nessun comunicato in tempo reale. È partita così, dalla banchina del porto di Brindisi, la Libra della Marina militare italiana. Destinazione: Migranti spediti in Albania, parte la prima nave: il patto opaco tra Roma e Tirana, Albania. Un luogo isolato, remoto, fuori dalla giurisdizione diretta dello Stato italiano. Un centro allestito in fretta e furia per trattenere migranti considerati irregolari. Il viaggio, silenzioso ma pesante come una condanna, inaugura l'accordo firmato tra Giorgia Meloni ed Edi Rama. Un patto che trasferisce il problema, non lo risolve. Che lo sposta, lo nasconde.

Migranti spediti in Albania, parte la prima nave: il patto opaco tra Roma e Tirana

Fuori vista, fuori controllo Chi sono i 40 migranti trasferiti? In che condizioni si trovano? Nessuna risposta ufficiale. Sappiamo solo che nei giorni scorsi erano rinchiusi nel Cpr di Restinco, a Brindisi. Uomini senza nome, cittadini di nessun luogo, per cui è stato disposto il trasferimento in base al decreto del 28 marzo. Un decreto che amplia i poteri dello Stato: non più solo richiedenti asilo soccorsi in mare, ma anche chiunque sia irregolare e abbia un decreto di espulsione. Bastano una firma e un timbro. Poi si parte. E si scompare.

Gjader, il nuovo muro d’Europa
Il centro di Gjader – costruito nell'ex base militare della Guerra Fredda – è diventato l’estensione periferica del sistema italiano di detenzione amministrativa. Ottocento posti, recinzioni, container abitativi, sorveglianza. La gestione è affidata a un protocollo tra Roma e Tirana, ma i dettagli non sono pubblici. Chi controlla? Chi garantisce? Dalla Farnesina solo frasi di rito. La giurisdizione italiana si applica “in parte”. Le garanzie previste dalla Costituzione, in teoria, restano. Ma a migliaia di chilometri, in una lingua che non è la tua, con le frontiere che si richiudono alle spalle, i diritti diventano carta.

L’orgoglio del governo, il silenzio dei detenuti
Per il governo Meloni questa è una vittoria. “Un modello per l’Europa”, ha detto la premier. “Un esempio di cooperazione virtuosa”. Ma la scena è spettrale. Nessuno sbarco, nessuna accoglienza. I migranti non entrano più: vengono deviati, contenuti, gestiti. Uomini come flussi. Il sistema perfetto per far sparire i problemi politici legati all’immigrazione. Senza clamore. Senza immagini. Senza testimoni.

Le ONG denunciano, ma nessuno ascolta
Amnesty International, Medici per i Diritti Umani, Asgi: tutte le principali organizzazioni hanno espresso preoccupazione. Parole forti, accuse precise. Si parla di “esternalizzazione della detenzione”, di “zona grigia giuridica”. Il centro di Gjader non è sul suolo italiano, ma i migranti sono affidati allo Stato italiano. Un paradosso che rischia di moltiplicare le violazioni. Nessuna garanzia di assistenza legale. Nessuna certezza di potersi opporre al rimpatrio. Nessuna possibilità di raccontare cosa accade dietro le recinzioni.

Un affare anche per l’Albania
Per Edi Rama l’intesa con l’Italia è un successo da sbandierare. Decine di milioni in arrivo, lavori pubblici, nuovi fondi europei. In cambio, Gjader diventa il deposito delle vite respinte. L’opposizione albanese parla di “svendita della sovranità”, di “paese trasformato in discarica umanitaria”. Ma il premier tira dritto. L’Albania vuole entrare in Europa. E per farlo, accetta di diventare il guardiano del confine esterno.

Il precedente che preoccupa Non è solo un esperimento italiano. È un segnale. Se funziona, altri Paesi seguiranno. La Francia, l’Austria, l’Ungheria. Lo schema è chiaro: confinare le persone ai margini, privatizzare la sofferenza, normalizzare la detenzione. L’Europa dei muri ora si costruisce anche in outsourcing. E l’Italia fa da apripista, con la complicità di chi dovrebbe garantire giustizia e diritti.

I diritti evaporano lontano dal suolo nazionale
Il governo assicura che tutto è sotto controllo. Che i migranti manterranno l’accesso a un avvocato, a un giudice, a una procedura. Ma la realtà è che, oltre l’Adriatico, l’ombra dello Stato si fa più flebile. I centri sono lontani dai riflettori, le decisioni rapide, le verifiche impossibili. Ogni diritto riconosciuto diventa negoziabile, condizionato, intermittente. Inizia una stagione in cui l’emergenza si gestisce così: allontanando le persone, scollegandole dalla legge, rinchiudendole nel buio.

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