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Oro Bankitalia: lo Stato reclama le riserve, scontro con la Bce

- di: Bruno Coletta
 
Oro Bankitalia: lo Stato reclama le riserve, scontro con la Bce
Una mossa «sovranista» nella manovra 2026 riapre la partita sull’oro pubblico. Ma la Banca centrale europea teme per l’euro.

È di nuovo bagarre sull’oro italiano. Con un emendamento al bilancio 2026, il governo italiano — su impulso del partito Fratelli d’Italia (FdI) — ha avanzato la proposta che le riserve auree gestite dalla Banca d’Italia diventino di diritto proprietà dello Stato, “in nome del popolo italiano”. Un colpo di scena che riapre un dibattito che dura da decenni: chi detiene realmente quell’oro? E per quale scopo?

Un emendamento-simbolo che spiazza

L’emendamento, firmato dal senatore Lucio Malan, è stato ammesso alla Commissione Bilancio del Senato e ha resistito al tritacarne dei filtri parlamentari che ne hanno bocciati 105 su 414.

In base al testo, le circa 2.452 tonnellate di oro — attualmente iscritte nel bilancio della Banca d’Italia come attività proprie — diventerebbero patrimonio diretto dello Stato italiano. Non un’operazione immediata di vendita, almeno per ora, ma una dichiarazione che ridefinisce la sovranità sulle riserve nazionali.

Perché l’oro non è un semplice “tesoretto” da usare

Le riserve auree servono come cuscinetto di stabilità per l’economia e la moneta: in tempi di crisi finanziarie o valutarie, rappresentano un’assicurazione contro i rischi, una garanzia per la fiducia dei mercati, una riserva che può essere usata come collaterale o — in casi estremi — venduta per sostenere l’euro.

Trasferire la proprietà all’intero Stato non significa automaticamente vendere, ma apre la possibilità politica di usare l’oro come arma finanziaria: per ridurre debito pubblico, finanziare spese, o sostenere interventi urgenti. Ed è questa opzione a mettere in allarme molti economisti.

La reazione della Bce e i rischi per l’euro

La Banca centrale europea (Bce) — che coordina il sistema delle banche centrali europee e garantisce l’indipendenza monetaria e finanziaria — non è stata consultata sull’emendamento. Lo ha dichiarato ufficialmente al momento della sua approvazione in commissione.

Gli esperti ammoniscono che una modifica del genere potrebbe violare i trattati comunitari che proibiscono interferenze politiche nella gestione delle riserve di una banca centrale. In caso di vendita guidata dallo Stato italiano, l’euro — e con esso l’intera architettura dell’eurozona — potrebbe subire un duro colpo.

Motivazioni politiche e pressioni interne

Per FdI l’oro è un simbolo di sovranità nazionale: una ricchezza da sottrarre a logiche di mercato o a vincoli europei. La proposta punta a riaffermare la sovranità dello Stato sul patrimonio nazionale, in un momento di tensioni finanziarie e di riscrittura della legge di bilancio.

Al tempo stesso, la mossa si inserisce in un contesto nel quale lo Stato cerca coperture per una manovra complessa: la trasformazione dell’oro in risorsa pubblica — anche solo sul piano simbolico — rappresenta un messaggio forte agli elettori e ai mercati.

Le conseguenze sul piano economico e finanziario

Se la strada fosse quella della vendita — anche solo parziale — dell’oro, i ricavi potrebbero dare respiro a un bilancio sotto pressione, magari contribuendo a ridurre il debito pubblico o finanziare misure economiche. Ma gli effetti collaterali non sono irrilevanti: perdita di un ammortizzatore in caso di crisi, minore credibilità sui mercati e potenziale destabilizzazione del sistema euro.

Qualunque decisione, dunque, rischia di trasformare un simbolo di sovranità in una leva politica rischiosa, con un prezzo che l’Italia — e l’euro — potrebbero pagare caro.

Perché la questione non è solo italiana

Non si tratta di una disputa domestica: l’autonomia delle banche centrali e la stabilità dell’euro sono nodi centrali nell’architettura europea. Se l’Italia dovesse modificare le regole del gioco, si aprirebbe un precedente per altri paesi, con conseguenze potenzialmente profonde su fiducia, tassi e mercati.

In un momento in cui l’Europa fatica a trovare un equilibrio tra sovranità e integrazione, tra ripresa economica e vincoli di bilancio, la partita sull’oro di Bankitalia assume un valore politico e simbolico assai più grande di quanto appaia a prima vista.

Tra sovranismo e stabilità, un Tesoro sotto esame

L’emendamento sull’oro della Banca d’Italia segna un momento di svolta. Per chi sostiene la sovranità economica, è la riaffermazione di un diritto dello Stato. Per chi guarda all’euro e ai mercati, è un campanello d’allarme: la stabilità di lungo termine potrebbe rischiare di essere sacrificata sull’altare del consenso. La decisione definitiva — e le sue ricadute — restano però appese a un filo: quello dell’equilibrio tra potere nazionale e regole europee.

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