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Paragon, lo spyware israeliano che intercetta gli smartphone: il caso italiano e i rischi globali

- di: Giulia Caiola
 
Paragon, lo spyware israeliano che intercetta gli smartphone: il caso italiano e i rischi globali

C’è un nome che negli ultimi giorni è diventato centrale nel dibattito sulla sorveglianza digitale e sullo spionaggio internazionale: Paragon Solutions. La società israeliana, specializzata in cyber intelligence e software di intrusione, è finita al centro di uno scandalo internazionale per il presunto utilizzo dei suoi sistemi contro numerosi cittadini italiani attraverso WhatsApp.

Paragon, lo spyware israeliano che intercetta gli smartphone: il caso italiano e i rischi globali

L’ombra di Paragon si allunga su un mondo già scosso dai casi Pegasus e Predator, strumenti simili impiegati per la sorveglianza illegale di giornalisti, attivisti e oppositori politici. Ma come funziona la tecnologia di questa società? E chi l’ha usata per intercettare gli italiani?

Chi è Paragon e cosa fa
Paragon Solutions è una delle nuove stelle nel firmamento della cyber intelligence israeliana. Fondata nel 2019 da ex membri delle unità d’élite dell’intelligence israeliana, tra cui la famigerata Unità 8200, ha sviluppato software di intrusione avanzati capaci di violare gli smartphone senza che l’utente se ne accorga.

Il prodotto di punta dell’azienda è Graphite, un sistema in grado di infiltrarsi nei dispositivi attraverso exploit zero-click, ovvero falle di sicurezza che non richiedono alcuna interazione da parte della vittima. A differenza di altri spyware come Pegasus, che spesso usano SMS o link dannosi, Graphite sfrutta vulnerabilità di applicazioni molto diffuse come WhatsApp, Signal e Telegram, garantendo un accesso diretto alle comunicazioni, alla geolocalizzazione e persino al microfono e alla fotocamera del dispositivo.

Paragon si è sempre difesa affermando di vendere la sua tecnologia solo a governi democratici e alle forze dell’ordine, con l’obiettivo di combattere terrorismo e criminalità organizzata. Ma come insegna il caso Pegasus, spesso questi strumenti finiscono per essere usati in contesti ben più oscuri, contro giornalisti, oppositori politici e attivisti.

Il caso italiano: chi ha spiato chi?
Secondo un’inchiesta giornalistica, il sistema Paragon sarebbe stato utilizzato contro cittadini italiani, sfruttando WhatsApp come porta d’accesso per intercettare conversazioni e dati sensibili. L’obiettivo esatto e l’identità dei bersagli non sono ancora noti, ma il coinvolgimento di un software così potente solleva interrogativi inquietanti.

La domanda principale è: chi ha ordinato queste intercettazioni? Paragon vende i suoi software esclusivamente a governi e agenzie di intelligence. Dunque, se l’intrusione è avvenuta, è lecito ipotizzare il coinvolgimento di un apparato statale. Ma di quale Paese? E con quale scopo?

Il governo italiano è stato informato della vicenda, ma finora non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, limitandosi a generiche rassicurazioni sulla sicurezza delle comunicazioni. Eppure, la possibilità che un software così sofisticato sia stato usato contro cittadini italiani impone una risposta chiara e trasparente.

L’era della sorveglianza invisibile
Il caso Paragon si inserisce in un contesto più ampio, in cui gli strumenti di sorveglianza digitale stanno diventando sempre più invasivi e difficili da individuare. Il modello di business di aziende come NSO Group (Pegasus), Intellexa (Predator) e Paragon è chiaro: vendere tecnologie di intrusione ai governi, con la promessa di combattere terrorismo e criminalità. Ma senza controlli adeguati, questi strumenti diventano armi per la repressione e la violazione della privacy.

Il problema è che, mentre il dibattito sulla regolamentazione di queste tecnologie si trascina a livello internazionale, la loro diffusione continua senza sosta. Nel mercato della sorveglianza globale, la richiesta di strumenti come Graphite è in crescita, e i governi che vogliono monitorare oppositori, giornalisti o semplici cittadini hanno sempre più opzioni a disposizione.

Un rischio per tutti
L’affaire Paragon è solo l’ultimo tassello di un puzzle inquietante: la privacy digitale è ormai un’illusione. Se un software può entrare nel nostro smartphone senza che ce ne accorgiamo, leggere i nostri messaggi, attivare il microfono e la fotocamera, significa che chiunque può essere spiato in qualsiasi momento.

La domanda non è più se siamo sorvegliati, ma da chi e per quale scopo. E, soprattutto, se qualcuno avrà il coraggio di fermare questo mercato prima che sia troppo tardi.

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